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CORTE SUPREMA

Anno giudiziario negli Usa, importanti sentenze in arrivo

Inaugurato l'anno giudiziario degli Stati Uniti, la Corte Suprema si prepara a spiccare altre sentenze storiche. Si dovrà decidere sulla discriminazione alla rovescia nelle università e della libertà di non collaborare alle nozze gay. E sul commercio dei maiali. 

Esteri 06_10_2022
Giudici supremi Usa con il presidente Biden e la vicepresidente Harris

Negli Usa, da questa settimana, è iniziato il nuovo anno giudiziario. Vi sono almeno tre sentenze in vista che possono cambiare ancor di più il volto dell’America in senso conservatore.

I nove giudici della Corte Suprema sono al centro dell’attenzione almeno dalla sentenza Dobbs vs. Jackson che ha ribaltato la Roe vs. Wade sull’aborto e che ha restituito le decisioni ai parlamenti degli Stati. Hanno poi fatto scalpore altre due sentenze, una in cui è stata giudicata incostituzionale la legge locale di New York che limitava la libertà di portare armi, l’altra con cui l’Epa, l’agenzia federale per l’ambiente, si è vista negare la prerogativa di regolamentare le quote d’emissioni negli Stati (in quanto non è un organo legislativo, ma amministrativo). Queste sentenze hanno ribadito la separazione dei poteri in base al principio dei pesi e dei contrappesi, ma sono intese dall’opinione pubblica progressista come un “rigurgito” reazionario su aborto, armi e clima. Ora ai nove giudici, a maggioranza conservatrice, si è aggiunta la progressista Ketanji Brown, la prima donna afro-americana ad entrare nel gruppo, nominata dal presidente Joe Biden e confermata dal Senato. Ma la sola giudice Brown non è in grado di ribaltare di nuovo i rapporti di forza. Quindi c’è da attendersi che le prossime sentenze saranno ancora decise dai giudici conservatori.

Da tenere d’occhio due casi originati dalle denunce di Students for Fair Admissions, un’associazione che perora la causa delle ammissioni nei college e nelle università senza discriminazioni razziali. Perché, in entrambi i casi, sia l’università di Harvard che quella della North Carolina, hanno ammesso i candidati sulla base della loro etnia. Con un razzismo alla rovescia tipico della “affirmative action”, Harvard ha discriminato gli asiatici, perché mediamente “troppo bravi” nelle materie matematiche e scientifiche. Mentre l’Università della North Carolina ha privilegiato l’ammissione di neri, ispanici e nativi americani, a spese degli europei e, ancora, degli asiatici. Si tratta di un fenomeno sempre più diffuso, sia negli studi che nel lavoro, nel pubblico e nel privato. Ed è il contrario del sogno di Martin Luther King che sognava un mondo in cui si guardasse al “contenuto delle idee” e non al colore della pelle, nemmeno se la discriminazione va a vantaggio delle etnie storicamente discriminate.

Un’altra causa importante per la società americana nasce dal caso di Lorie Smith, grafica e proprietaria dell’agenzia 303 Creative. Una legge del Colorado, dove risiede, la obbligherebbe a disegnare siti Web anche per nozze gay, se le venisse richiesto. La Smith ha dichiarato di non aver alcun problema a eseguire un lavoro commissionato da clienti gay dichiarati, ma per le nozze gay no, perché è cristiana praticante ed è contro i suoi valori. La corte d’appello del Decimo circuito le ha dato torto. Ora la Corte Costituzionale potrebbe ribaltare la sentenza. In questa causa sono in gioco due principi fondamentali protetti dal Primo Emendamento: libertà religiosa e libertà di espressione. Da parte progressista, invece, la sentenza è attesa perché ritenuta importante nella causa contro la discriminazione delle persone Lgbt. Due generazioni di diritti si confrontano: quelli fondamentali della Costituzione contro i nuovi diritti sessuali.

Importante anche una causa di allevatori contro animalisti: una legge californiana impone che tutti i maiali venduti entro i confini dello Stato siano stati allevati in condizioni rispettose del loro relativo benessere, anche se sono importati da altri Stati. Macellati sì, ma prima di esserlo devono essere allevati in spazi congrui, almeno 8 metri quadrati per animale. Ciò riguarda tutti gli allevamenti del Paese: chiunque produca maiali senza rispettare queste regole, è escluso dal mercato della California che, con i suoi 40 milioni di abitanti, è quello che compra di più. Il sindacato degli allevatori di maiali ha dunque fatto causa allo Stato perché ritiene che sia una violazione delle regole per il commercio interno agli Usa e un sopruso di uno Stato nei confronti degli altri. Al di là dei maiali, una sentenza in questo caso creerebbe un precedente anche per altre cause che riguardano il rapporto fra Stati che proteggono diritti differenti, sia ambientali che umani. Può, ad esempio, costituire un precedente per future sentenze sui viaggi dell’aborto, dagli Stati che lo limitano a quelli che lo permettono in ogni circostanza.