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EDITORIALE

Anno della Fede, appunti per il futuro

L'Anno della Fede, che termina oggi, ha rimesso il mistero di Cristo al centro di ogni impegno pastorale. Preghiera e sacramenti dovranno guidare ogni cattolico se si vuole essere "lampada viva".

Editoriali 24_11_2013
Anno della Fede

Oggi termina ufficialmente l’Anno della Fede, cosa che ci spinge se non a fare proprio un bilancio, almeno a raccogliere alcune idee. Intanto dobbiamo ricordare il perché di questa iniziativa: l’Anno della Fede è stato indetto da papa Benedetto XVI, perché le Chiese particolari ponessero a criterio e a fondamento del loro impegno pastorale la centralità del mistero di Cristo, unico mediatore e Redentore dell’uomo, di ogni uomo e di tutto l’uomo.

In una società occidentale, dove domina il relativismo e l’effimero, è stato provvidenziale il richiamo a rileggere la fede e tutto ciò che da essa deve derivare al cristiano. L’Anno della fede ha rappresentato un’opportunità per approfondire le verità del Simbolo ed esaminare il vissuto del cristiano e della Comunità circa i parametri della fede.

Si possono già vedere dei frutti? Di sicuro molte Chiese particolari e movimenti ecclesiali si sono interrogati su quale grado di conoscenza dei postulati della fede - di cui il Catechismo della Chiesa Cattolica, edito nell’ottobre del 1992, è prezioso tesoro - vi sia tra i cattolici, dopo il frastuono di tante posizioni teologiche e morali fattesi strada in tutti i continenti in questi trent’anni.

Si è potuto, grazie al prezioso magistero di Benedetto XVI e di Papa Francesco, cogliere la dimensione profetica dell’insegnamento della Chiesa, circa la verità rivelata su Dio e sull’Uomo e si è intravisto quel metodo di attenzione misericordiosa che fa scorgere quel “cuore grande di Dio Padre” che in Cristo vuole offrire salvezza a chi, smarrito o pentito, torna alla casa del Padre.

Uno dei frutti dell’Anno della Fede è certamente lo stile offerto alla Chiesa tutta da papa Francesco, che ha riportato all’attenzione del mondo la sua attenzione per le periferie, sia geografiche che esistenziali, e  quel messaggio di sobrietà e speranza che ha stupito credenti e non credenti.

La rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI è stata un “lampo a ciel sereno” come anche una sorpresa sono stati il nome e lo stile del nuovo vescovo di Roma: papa Francesco.
Certo la rinuncia e l’elezione del nuovo Papa per l’aspetto organizzativo possono essere stati, a livello di vertice, un rallentamento per gli eventi già programmati, però l’Anno della Fede ne ha guadagnato, come significatività e attenzione anche a livello ecumenico ed inter-religioso, grazie anche all’umanità di papa Bergoglio.

Importante è stata anche l’indizione del nuovo Sinodo dei Vescovi sulla famiglia e sul matrimonio e soprattutto il metodo che Papa Francesco ha voluto dare: ascoltare il popolo di Dio attraverso i singoli fedeli e gli organismi di comunione delle Chiese particolari, il tutto inviando un questionario a tutti i vescovi del mondo.

Un passaggio importante di questo anno è stata la pubblicazione dell’enciclica Lumen Fidei, che raccoglie le riflessioni del “Pontefice uscente” e del “Pontefice entrante” quale tributo di fedeltà al “depositum fidei” e alla missione della Chiesa nella storia, che è quella di aiutare l’uomo alla ricerca di Dio (n. 35), riconoscendo l’esperienza dell’antico Israele (nn. 8-14) e focalizzando in Cristo la nuova logica della fede (n. 20). 
L’enciclica presenta poi il valore del dialogo tra fede e ragione  (n.35) e indica nella Chiesa la madre della nostra fede (nn. 37-39).
Sebbene abbia fatto poco rumore sui media, la Lumen Fidei è stata presa in considerazione in diverse diocesi come base per gli incontri formativi, sia per laici che per sacerdoti. Alcune riviste sia di teologia che di ascetica , ne hanno riportato il messaggio e sottolineato gli aspetti di maggior interesse per i destinatari.

Che cosa resterà a conclusione dell’Anno della Fede? Non è semplice individuarlo. Sta di fatto però che l’aver voluto che l’intera Chiesa cattolica riflettesse sulla fede quale luce e criterio delle scelte sia dei ministri ordinati, sia dei consacrati, sia dei fedeli laici e delle famiglie cristiane, è già una scelta di campo che dovrebbe far pensare il cristiano chiamato a valutare fatti, situazioni e prospettive sociali e culturali nelle quali egli si trova ad essere e a valutare.

In molte comunità ecclesiali, quale frutto dell’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI, cogliendone la mens con la quale egli richiamava i vent’anni dall’edizione del Catechismo della Chiesa Cattolica si è auspicato che in ogni famiglia, oltre alla Bibbia e a un segno religioso (crocifisso o icona) posto in luogo significativo, non manchi il Catechismo della Chiesa Cattolica o il suo Compendio. Inoltre si è chiesto alle famiglie di reintrodurre o continuare la preghiera in modo sistematico tra le mura domestiche.

Queste le iniziative semplici ma, a mio parere, estremamente efficaci. La fede, che è dono gratuito di Dio, deve essere come una lampada, nutrita dall’olio della preghiera e dei sacramenti. Di ciò ogni cristiano non può farne a meno se vuole essere “lampada viva” in una realtà socioculturale che dalla fede  può ricevere quella serenità che offre dignità nella complessa vita nella post-modernità.