L'EDITORIALE
Ancora sul Rubygate e l'emergenza educativa
L'Ansa pubblica stralci di intercettazioni di una delle ragazze di Arcore che telefona alla madre. Un'altra prova che parte della nostra società ha smarrito ogni valore tranne quello dell'euro.
Editoriali
07_03_2011
Lo squallore del Rubygate sembra non avere mai fine. C’è da sperare, almeno, che elettori, lettori e telespettatori comincino a rendersi conto di quanto drammatica sia, anche nel nostro Paese, quell’emergenza educativa richiamata da Benedetto XVI e dai nostri vescovi.
L’agenzia Ansa ha pubblicato alcuni stralci di intercettazioni che riguardano una delle ragazze frequentatrici di Arcore. La giovane E.T. (non è un marziano, purtroppo, ma anche se il suo nome e cognome sono noti e pubblicati noi de La Bussola preferiamo astenerci), dopo «una settimana» trascorsa con il Cavaliere, assieme ad altre ragazze, ha portato «a casa» seimila euro e ne ha parlato al telefono con la madre.
È il 9 gennaio scorso, la giovane spiega alla mamma di essere «appena tornata a casa» e di essere «preoccupata per la salute di lui». La madre sembra invece più preoccupata del ricavato: «Senti eeee quanto v’ha dato?».
La figlia risponde: «Cinque più quegli altri mille quindi, quindi sei». La madre è contenta: «Dici niente? Capito? eee poi che vi ha detto quando lui vi ripotrà vedere». Risposta: «Ce lo dirà lui». E.T. racconta di essere stata «una settimana (...) alcune sono arrivate martedì io mercoledì (...) mamma mia una cosa allucinante». E ora è stanca: «Non ti puoi immaginare in che condizioni sono guarda (...) sono in condizioni pietose, pietose proprio (...) ora mi ci vorrà un mese per…, ora quei, quei soldi che ho preso mi (...) serviranno per rimettermi a posto dopo questa settimana».
La mamma fa due conti: «Sono dodici milioni», di vecchie lire. E la ragazza: «Si ma no, non dire niente eè». La signora, quindi, la saluta: «Ti lascio perchè ti devi, devi andare a riposare». Non vorremmo fare i moralisti, né gli indignati: ce n’è già parecchi in giro. Ma la realtà che emerge dalle carte processuali è desolante e ci parla di una parte di società italiana (non di un solo individuo) che sembra aver smarrito ogni valore, tranne quello dell’euro. Rendersene conto è necessario, anche per non commettere l’errore di pensare che basti disarcionare il Cavaliere per moralizzare il Paese.