Amore di latta: fidanzarsi con un robot
Una donna francese si fabbrica in casa un robot con cui poi ci si innamora. E ci si "fidanza". E' la nuova frontiera dei diritti civili? Pare proprio di sì, tanto è vero che il Parlamento europeo ha votato a favore di una bozza di risoluzione per istituire anche i diritti degli androidi. E allora siamo pronti anche alla discussione sulla robotfobia?
Amore di latta. Non è un’espressione dispregiativa per indicare un affetto di serie B, un amorazzo falso e vacuo, bensì la nuova frontiera del love is love. Il Daily Mail ci racconta la storia di Lilly, giovane donna francese che si è fabbricata in casa con una stampante 3D un robot di nome InMoovator e dopo un anno di convivenza hanno deciso (?) di compiere il gran passo e di fidanzarsi (sic). Lilly ha dichiarato che quando in Francia il matrimonio egualitario sarà davvero tale e non solo destinato ad esseri umani, etero o omo che siano, ma esteso anche alle macchine, loro si sposeranno. Pregasi tirare rondelle di ferro e non riso il giorno delle nozze. Su Twitter l’infelice cinguetta: “Sono fiera di essere una robosexual, non facciamo del male a nessuno e siamo felici”. Notare il plurale.
Lilly, fiera della sua felicità di plastica, ha spiegato che ha iniziato a provare attrazione sessuale per i robot a 19 anni perché non sopportava il contatto fisico con le persone. La donna ha avuto pietà di noi e al Daily Mail non ha voluto chiarire se ha rapporti sessuali (?) con il compagno di latta. Ovviamente si dispiace che non tutti comprendano la sua scelta. Lupo Glori sul sito Corrispondenza romana, commentando la notizia, ha giustamente fatto presente che in futuro i codici penali sanzioneranno anche il reato di robofobia.
Nel dicembre scorso il dottor David Levy, autore di Amore e sesso con i robot, intervenendo al Secondo Congresso Internazionale su “Love and Sex with Robots” tenutosi presso l’Università Goldsmiths di Londra, ha previsto che entro il 2050 arriveremo alle nozze robotiche. Ovviamente - aggiungiamo noi - nulla vieterà di “sposarsi” un robot del proprio stesso sesso e così avremo i “matrimoni” cybergay. Levy ha aggiunto che «Nei prossimi 10 anni, è perfettamente realizzabile un software per creare un robot compagno che abbia tutto ciò che la gente potrebbe desiderare in un coniuge: paziente, gentile, amorevole, fedele, rispettoso e senza lamenti”. Però “potrebbe anche esserci qualcuno che ama le frizioni di un rapporto e potrebbe decidere di sposare un robot aggressivo, alcune persone potrebbero trovare la cosa eccitante».
Ammettiamolo: il dott. Levy ha dipinto il paradiso matrimoniale sulla terra agognato da ogni uomo e da ogni donna. Avere un maritino o una mogliettina prona ai nostri comandi, sempre compiacente e inappuntabile, mai stanca, arrabbiata o lamentosa, pronta ad aiutarci e a lodarci, fedele a noi sino alla morte. L’unico neo starebbe nel fatto che il cyber-coniuge farebbe tutto questo non liberamente – una macchina mai sarà autrice di atti liberi – ma perché così è stato programmato. Non farebbe tutto ciò perché lo vuole lui, ma perché lo vogliamo noi. L’”amore” robotico è alla fine, come ogni amore malato, malsano amore per noi stessi.
Comunque sia il cavallo di battaglia dei filoandroidi sta nell’argomentare che in futuro i robot saranno più intelligenti di noi e quindi perché non sposarli? In effetti se gli umani continuano a partorire simili idiozie sarà facile anche ad uno spremiagrumi batterci in intelligenza.
Qualcuno punterà il proprio ditino contro le lobby gay: sono loro che hanno stravolto il significato dell’amore coniugale, loro che ci hanno convinto che si può amare chiunque e dunque anche qualunque cosa. Ma il ditino occorrerebbe puntarlo prima di tutto verso noi etero. Siamo noi che, ben prima dei movimenti gay, abbiamo concepito l’amore come puro sentimento. E allora perché Tizio non potrebbe “innamorarsi” della propria Porsche Cayenne? E tra parentesi: se mamma si “innamora” del figlio perché vietare loro di esprimere tale “amore” con il rapporto sessuale? Siamo noi che abbiamo gridato che l’amore non deve avere barriere: l’umano per alcuni è troppo umano, confine che deve essere valicato per abbracciare il post umano dal cuore di latta. Siamo noi che abbiamo deciso che il giudice del vero e del giusto siamo noi stessi, la nostra insindacabile autopercezione della verità. E dunque se Tizio, in coscienza, reputa bello e buono un sentimento fatto di circuiti e fibra in carbonio chi siamo noi per giudicarlo? Se non fa del male a nessuno, ci ricorda l’algida Lilly…
Voi direte: panzane di qualche spirito burlone che vuole fare l’originale a tutti i costi ed avere visibilità. Evidentemente gli estrosi sono ben accolti anche nel Parlamento europeo dato che la Commissione affari giuridici del suddetto parlamento ha di recente votato a favore di una bozza di risoluzione che vuole assegnare lo status giuridico di persone ai robots. La risoluzione sarà votata in plenaria il prossimo 13 febbraio. Nella bozza si invita la Commissione a “creare uno status giuridico specifico per i robot, in modo che almeno i più sofisticati dei robots autonomi possano essere qualificati con lo status di persone elettroniche con diritti e obblighi specifici, tra cui quello di rispondere dei danni che essi possono causare e applicando la personalità elettronica ai casi in cui i robots prendono decisioni intelligenti autonome o interagiscono in altro modo con terzi indipendentemente”. La logica che soggiace al ragionamento non è nuova, ma è stata importata dall’ideologia abortista ed eutanasica: se il nascituro non è ancora persona e il moribondo non lo è più perché entrambi non hanno alcune funzioni elevate – comunicare, aver coscienza di sé e del mondo, porsi fini intellegibili, etc. - quegli enti, seppur inanimati (cioè senz’anima), che invece dimostrano di possedere tali funzioni meritano lo status di persona. E’ il principio funzionalista secondo cui noi valiamo non per ciò che siamo, ma per ciò che facciamo.
La parlamentare europea lussemburghese Mady Delvaux-Stehres, autrice della relazione, poi si rende conto che la persona elettronica non può che essere centro di diritti e doveri. Ecco allora che la parlamentare menziona, perché siano osservate, le tre leggi della robotica di Asimov che in buona sostanza mirano a far sì che i robot siano a nostro servizio e non siano fonti di pericolo per l’uomo. E così la fantapolitica cessa di essere un insulto e diviene realtà. Ma metti che il sindacato dei robot promuova uno sciopero cibernetico mondiale inneggiando alla tutela piena di queste persone elettroniche, noi poveri omuncoli che faremo? Perché se oggi non bisogna discriminare secondo il colore della pelle, domani non bisognerà discriminare anche chi la pelle non ce l’avrà o ne avrà una sintetica. Se un tempo trattavamo come bestie alcuni uomini di colore schiavizzandoli, oggi, magari senza renderci conto del misfatto, trattiamo come bestie le cose e domani forse saranno i robots a dominarci. E’ l’inversione della gerarchia cosmica divina tanto cara a Satana: una volta si adorava Dio (Medioevo), poi l’uomo (umanesimo), oggi le bestie e le piante (ambientalismo) e domani il tostapane (idiozismo).