Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
vilipendio

Amica Chips, uno spot sulla libertà di offendere i cattolici

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Dileggiare l'Eucaristia per vendere patatine: una parodia della fede cattolica che mai riserverebbero ad altre religioni. Verso le quali prevalgono invece tolleranza... e vigliaccheria.

Editoriali 09_04_2024

Dileggiare l’Eucaristia per farsi pubblicità: nello spot intitolato Il divino quotidiano, dell’agenzia Lorenzo Marini Group, andato in onda su Mediaset, viene inscenata una comunione in cui al posto delle sacre particole spuntano fuori delle patatine – prodotto di punta dell’azienda Amica Chips di Castiglione delle Stiviere – che stavolta hanno un retrogusto amaro, quello della libertà di offendere i cattolici.

Per chi volesse risparmiarsi la visione, riassumiamo il video. Una candida schiera di novizie attraversa il chiostro diretta verso la chiesa. Nel frattempo in sacrestia una religiosa estrae dall’armadio una pisside, scoprendo con sconcerto che è vuota. Quella piena si trova invece nel tabernacolo (e dove, altrimenti?) ed è un sacerdote in talare e stola dorata a prelevarla per comunicare le novizie. Ed ecco che il fervore della prima comunicanda è interrotto da un inatteso scrocchiare e da un sorriso: non è un’ostia consacrata ma una delle innumerevoli patatine che riempiono la pisside, come scopre il sacerdote, a sua volta sorpreso. Un nuovo scrocchiare li richiama verso un angolo dove l’altra religiosa, più in carne (non sarà mica body shaming?), si “vendica” sgranocchiando un intero pacco di patatine.

L’idea non è nemmeno tanto originale, rievocando la blasfema sceneggiata torinese del 2016, quando Beppe Grillo diede da mangiare ai dirigenti del Movimento Cinque Stelle il suo omonimo insetto, distribuendolo a mo’ di ostia, con le parole: «Questo è il mio corpo». Se quella di Grillo era una sacrilega carnevalata, la parodia di Amica Chips è tanto meglio – anzi peggio! – riuscita, curando al dettaglio fotografia, luce, vesti e arredi liturgici per ricalcare il più da vicino possibile e quindi rovesciare il culto cattolico nel momento di massima adorazione e sacralità. Qui non si tratta di libertà di espressione né di garbata ironia su qualche aspetto secondario. Quello spot colpisce i cattolici in ciò che hanno di più caro: il Corpo di Cristo, cui san Francesco ammoniva di prestare «per quanto potrete, tutto il rispetto e tutta l’adorazione». Chi non ci crede non è per questo autorizzato al dileggio o al vilipendio e a comprenderlo basterebbe il buon senso, senza scomodare il codice penale (che tuttora punisce «chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa», art. 403). 

Ma il buon senso è qui travolto da una malintesa libertà a senso unico. L’avvocato ed ex senatore Simone Pillon commenta la vicenda annunciando «insieme ai colleghi giuristi dell'associazione san Tommaso Moro un bell'esposto per offesa al sentimento religioso, magari con richiesta di risarcimento». E pone «una domanda ai coraggiosi titolari dell'azienda mantovana: a quando uno spot con Maometto protagonista? Paura eh?» – Paura e diciamo pure vigliaccheria, ben sapendo che i cattolici si possono offendere a piacimento, tanto non reagiscono, spesso per pavidità più che per mitezza. E purtroppo hanno ragione: i cattolici tacciono, per il solito complesso di inferiorità nei confronti della cultura dominante, al punto che – per fare un esempio recente – la bestemmia (non proprio un dettaglio) presente in Comandante di Edoardo De Angelis per la Cei è ridotta a «raccordi di dialogo o espressioni problematici, non sempre condivisibili» e senza che questo impedisca di considerare il film «valido» e «consigliabile». Ma anche in presenza di proteste (e sono in molti a protestare contro lo spot in questione), la malintesa libertà di offendere spesso si coniuga con un diffuso senso di impunità degli offensori, sentendosi quasi in diritto di parodiare la fede cattolica in modi che mai riserverebbero ad altre religioni. 

Impunità che sorprende, ma non troppo, in una società che trasuda il massimo rispetto per tutto e per tutti (e volendo anche per tutt*, qualunque cosa vi suggerisca l'asterisco), tranne il cristianesimo e in particolare la Chiesa cattolica. Ci si sbraccia per venire incontro ai musulmani persino sospendendo le lezioni scolastiche per agevolare gli allievi nel periodo del Ramadan. Ci si guarda bene dal criticare qualsiasi credenza in nome del relativismo imperante e di una tolleranza predicata a parole ma pronta a mutarsi nel più aggressivo: «Écrasez l’infâme!», «Schiacciate (o forse "sgranocchiate?") l’infame», cioè il cattolicesimo, preso di mira dai “maestrini di tolleranza” di ieri e di oggi, sempre pronti a rivendicare, sì, rispetto e libertà di pensiero, ma naturalmente sempre e solo per chi la pensa come loro.

 

AGGIORNAMENTO 09 aprile 2024, h. 19:30: «Il Comitato di Controllo dell'Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap) "ha ingiunto alle parti coinvolte di desistere dalla diffusione di tale campagna ritenendola in contrasto con l'art. 10 - Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona - del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, secondo cui: 'La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose'"» (Ansa).