Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santi Innocenti a cura di Ermes Dovico
DIBATTITO

Amato risponde alle obiezioni ma non convince

Botta e risposta tra Gianfranco Amato e Riccardo Cascioli sulla nascita de "Il Popolo della Famiglia", il movimento politico lanciato da Amato e Adinolfi che si pone come interprete delle aspettative di quanti hanno partecipati ai Family Day. Amato risponde a dieci obiezioni ma elude le questioni da noi sollevate.

Editoriali 07_03_2016
Gianfranco Amato

Come è noto nei giorni scorsi Gianfranco Amato e Mario Adinolfi hanno annunciato la nascita di liste elettorali per le amministrative sotto il simbolo de "Il Popolo della Famiglia", cosa che ha sollevato molte perplessità anche da parte nostra (clicca qui). Amato ha perciò chiesto ospitalità per rispondere alle obiezioni che sono state fatte alla sua iniziativa. Pubblichiamo volentieri la sua lettera, che aiuterà senz'altro il dibattito, seguita da una risposta del direttore Riccardo Cascioli.

 

La nascita del Popolo della Famiglia ha sollevato una ridda di obiezioni, alle quali vorrei rispondere, usando lo schema della forma dialogica adottato nel vecchio Catechismo di San Pio X.

Obiezione n.1: Avete costituito un partito tematico.
Innanzitutto occorre precisare che non si tratta di un “partito”, secondo l’accezione novecentesca del termine. In realtà abbiamo dato vita ad un movimento politico che parte dal popolo, e proprio per questo intende immediatamente misurarsi nelle prossime elezioni amministrative comunali, ovvero nella realtà istituzionale più vicina al cittadino.
In secondo luogo devo precisare che non si tratta di un movimento “tematico”. La famiglia, infatti, non è “un” tema, ma “il” tema. Amo ricordare che il grande San Giovanni Paolo II, il 31 gennaio 1998, parlando ai membri della Giunta e del Consiglio della Regione Lazio, spiegò esattamente questo concetto, precisando che la famiglia rappresenta il “prisma” attraverso cui considerare tutti i problemi sociali, e attraverso cui passano tutte le questioni politiche. In questo senso la famiglia è il cuore di tutta politica.

Obiezione n.2: Avete ripercorso l’avventura fallimentare di Giuliano Ferrara e di Magdi Allam.
Il Popolo della Famiglia non è un partito personalistico che tenta di collocarsi immediatamente a livello nazionale attraverso le elezioni politiche del parlamento. Il nostro, lo ripeto per la seconda volta, è un movimento che intende partire dal basso, aggregando a livello locale uomini e donne che possano generosamente spendersi nella prossima campagna delle amministrative di giugno. Ripercorriamo, in qualche modo, l’esperienza del movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Con una differenza però. Che il suo è un popolo virtuale, il nostro è assolutamente reale. E’ costituito dalle migliaia e migliaia di persone che in questi due anni abbiamo incontrato percorrendo in lungo e largo l’Italia. E’ fatto di volti concreti, di persone incontrate con le quali abbiamo parlato, abbiamo mangiato insieme. Io, personalmente, ho persino dormito a casa loro.

Obiezione n.3: Avete diviso il Comitato Nazionale Difendiamo i Nostri Figli.
Il Comitato Nazionale Difendiamo i Nostri figli ha una funzione che deve essere distinta dal movimento politico Il Popolo della Famiglia. Sono due entità autonome ma complementari. Anzi, direi di più. Sarebbe un grave errore se il Comitato si trasformasse in soggetto politico. Il Comitato deve continuare nella sua essenziale funzione che lo ha caratterizzato finora, con l’indiscussa e autorevole leadership di Massimo Gandolfini, nei cui confronti rinnoviamo la nostra totale stima. Tutto questo al netto delle inevitabili e fisiologiche invidie di basso cabotaggio da parte di chi vuole a tutti i costi seminare zizzania. Ma in questo, come in tutto, il tempo è padre della verità.

Obiezione n.4: Avete strumentalmente utilizzato il Family Day per collocarvi in politica
Di tutte le obiezioni questa è la più risibile. Se l’Italia non avesse assistito all’infame tradimento del 25 febbraio, ovvero se Alfano & Co. avessero bloccato il maxiemendamento sulle unioni civili e avessero mandato a casa Renzi (ricordo che avevano la possibilità concreta di fare entrambe le cose), il Comitato avrebbe vinto, dimostrando l’importanza della sua funzione, noi saremmo stati gli uomini più felici di questo mondo e il Popolo della Famiglia non sarebbe mai nato. Quel tradimento, invece, ha posto in maniera drammatica e urgente il problema di un vuoto assoluto di rappresentanza politica del popolo del Circo Massimo.
Vorrei tranquillizzare i detrattori spiegando loro che se avessimo voluto trovare una sicura e tranquilla collocazione in politica avremmo potuto semplicemente accettare le generose offerte che sono giunte a me e a Mario Adinolfi, da sponde opposte, circa una “poltroncina” sicura. Certo, se Adinolfi fosse finito nel PD a rappresentare la corrente dei Cattodem, e io fossi finito nella Lega, o in qualsiasi altro partito del centrodestra, a rappresentare il popolo del Family Day, questo sì sarebbe stato un epilogo squallido e patetico. Invece no. Abbiamo deciso di giocarci l’osso del collo, il tutto per tutto, la nostra faccia e non solo, gettando il cuore oltre l’ostacolo, e mettendoci in un’avventura che non ha precedenti e che può rappresentare la nostra fine personale o una svolta nella storia del nostro Paese. 

Obiezione n.5: Avete tentato quest’avventura per poi riciclarvi in qualcuno dei vari partiti esistenti.
Forse non è ben chiara la sfida che abbiamo lanciato. Se entro 68 giorni noi non saremo in grado di presentare liste in almeno tutte le grandi città d’Italia dove si vota alle amministrative, allora avremo fallito. E in questo caso spariremo nel nulla, facendoci dimenticare dal mondo. Nessuno sentirà più parlare di noi. Ma se riusciremo in questa impresa titanica, dimostrando di avere un popolo dietro di noi, allora cambieremo la storia di questo Paese. Poiché non siamo dei pazzi temerari, ma persone ragionevoli che sanno quello che fanno, noi vinceremo quella sfida.

Obiezione n.6: Non avete un programma.
Anche questo non è vero. Abbiamo un programma nutrito ed esaustivo di ben 319 pagine! Si chiama Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Lì c’è tutto. Leggere per credere. Comprendiamo che ormai è considerato dai politici sedicenti “cattolici” uno strumento arrugginito, ma noi vogliamo invece tirarlo fuori dal cassetto e porlo all’attenzione della politica italiana.

Obiezione n.7: Su temi particolari, come l’immigrazione, vi dividerete.
Il nostro programma, anche su questo, è molto chiaro. Ad esempio, al punto n.298 del IV Capitolo, lett.f), prevede che «La regolamentazione dei flussi migratori secondo criteri di equità e di equilibrio è una delle condizioni indispensabili per ottenere che gli inserimenti avvengano con le garanzie richieste dalla dignità della persona umana». Il Compendio, ripeto, parla di tutto: famiglia, lavoro, economia, sicurezza, ambiente, immigrazione, ecc. ecc. Ed è molto più concreto e meno fumoso di tanti programmi elettorali che sono in circolazione.

Obiezione n.8: Avete creato un movimento confessionale.
Anche questo non è vero. Sono molti gli atei, agnostici, evangelici, musulmani di mia personale conoscenza che hanno già dichiarato di aderire al progetto. Tra l’altro mi ha colpito la metafora usata da un medico agnostico incontrato in una delle mie conferenze in giro per l’Italia. Mi ha riferito, infatti, della sua preoccupazione per questo tentativo ideologico del Potere di alterare la famiglia intesa come “cellula fondamentale” della società, e di creare una sorta di OGM dai potenziali effetti cancerogeni. Trasformare una cellula sana in cellula tumorale – mi ha spiegato – rischia di mandare in metastasi l’intero tessuto sociale. Questo detto da uno che non crede in Dio. In verità, a simili conclusioni ci si può arrivare benissimo attraverso un suo corretto della ragione umana, anche senza l’illuminazione della fede. 

Obiezione n.9: Avete utilizzato il nome di Dio e della Vergine Maria in maniera strumentale per accattivarvi i fedeli.
Se avessimo fatto questo saremmo davvero degli idioti masochisti. Infatti, solo per aver osato invocare nel nostro appello «l’aiuto di Dio e lo sguardo benevolo della Vergine», siamo stati letteralmente massacrati su giornali e riviste di regime, come l’Espresso, e si è subito parlato di «medioevo», «di crociate», di «bigotto oscurantismo», e via offendendo.
Su Gay.it, per esempio, società a responsabilità limitata definita da Wikipedia come «una delle più rilevanti realtà imprenditoriali del mercato gay italiano», il mio amico Mario Adinolfi è stato poco elegantemente definito una «balena spiaggiata». Evidentemente per i doppiopesisti del mondo LGBT «offendere un “omofobo” non è reato». Beh, il popolo si è davvero rotto le scatole di subire inerme questa violenza verbale, questo garantismo a senso unico, questa deriva laicista totalitaria del politically correct. Il punto è che nella politica italiana il nome di Dio è diventato impronunciabile. E non se ne sentono molti di parlamentari cristiani che ne parlano. Perché parlarne significa esporsi al supplizio della pubblica gogna.
Comunque sia, noi andiamo avanti senza paura, consolandoci nella parole del nostro Maestro: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno, mentendo, ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5,10-11), ricordandoci che se il mondo ci odia, prima di odiare noi ha odiato Lui.

Obiezione n.10: Avete accelerato i tempi anziché attendere modalità condivise e diverse, come ad esempio quella proposta da qualcuno di rifondare i Congressi dell’Opera, o la possibilità di una battaglia comune contro il referendum costituzione del prossimo ottobre. 
Ci pare che quella dei Congressi sia un’idea buona per il 1874, non certo attuale. Oggi la realtà impone tempi di decisione e metodi diversi rispetto a quelli del XIX secolo. E l’opportunità offerta dalle imminenti elezioni amministrative rappresenta un’occasione imperdibile da questo punto di vista. Neppure l’idea della battaglia referendaria di ottobre sembra convincente. Procrastinare tutto nel tempo avrebbe inevitabilmente fatto correre al popolo il rischio di cadere nella depressione rassegnata. In uno dei miei ultimi incontri, precisamente quello tenuto a Pescara al Teatro Circus, cui hanno partecipato più di 800 persone, un tizio mi ha confessato di aver bruciato il certificato elettorale dopo il tradimento alfaniano del 25 febbraio, giurandomi che non avrebbe mai più votato in vita sua. Gli ho detto di tenerci in contatto, e gli ho dato i miei recapiti personali. Il giorno dopo la notizia della costituzione del Popolo della Famiglia, alle sette e mezza del mattino, mi ha telefonato, e senza neppure presentarsi e salutare, mi ha detto: «Dio vi benedica! Ora finalmente so a chi dare il mio voto». Difficile pensare che si sarebbe convinto di tornare a votare grazie alla campagna referendaria costituzionale del prossimo ottobre.

 

Risponde Riccardo Cascioli:

Caro Amato,

anzitutto ti ringrazio per aver voluto condividere con La Nuova BQ, che tante volte in questi anni ha ospitato i tuoi interventi, i motivi del tuo impegno politico a fronte delle perplessità che da più parti sono state sollevate. Noto però che hai eluso le tre critiche che io ho mosso alla vostra iniziativa e che, a mio avviso, sono premessa a tutte le altre (ci sarà tempo per tornare sui punti da te toccati). E dopo aver letto le tue argomentazioni posso dire che – se possibile – di quelle critiche sono ancora più convinto.

Il metodo. La divisione che si è creata nel Comitato Difendiamo i Nostri Figli – ma anche nel popolo del Family Day – non è data dal fatto che uno si candida alle elezioni e uno continua a fare il Comitato. Certo che in linea di principio le due cose non si escludono, ma ad una condizione: che tutto avvenga in un rapporto chiaro, dentro una scelta comune. Dalla ricostruzione che noi abbiamo fatto, invece, e che è confermata dagli altri membri del Comitato, avete fatto tutto di nascosto, avete messo tutti davanti al fatto compiuto. “Bisogna fare in fretta, le elezioni alle porte, il rischio di depressione del popolo, ecc”. Può darsi, ma ti assicuro che anche senza un partito della famiglia non rischierei la depressione, non mi aspetto la felicità dai risultati elettorali. Può darsi, ma il fine non giustifica i mezzi. Visto che citi il Compendio di Dottrina sociale della Chiesa come vostro programma politico, dovresti averlo ben chiaro: un male resta tale (e quindi non è accettabile) anche se il fine è buono e condivisibile. E getta un’ombra anche sul futuro. In questi giorni ci sono già persone del Comitato all’opera per rimettere insieme i cocci, per fare in modo che si possa recuperare un percorso comune pur nella diversità delle scelte. Ma il dato di fondo resta: la divisione è nella realtà delle cose, perché avete lavorato alle spalle degli altri.

La scelta politica. Per il popolo dei Family Day c’è un problema di rappresentatività politica, e non solo politica. Siamo perfettamente d’accordo e lo abbiamo scritto più volte. Ma perché ridurre la presenza politica alla presentazione di liste alle elezioni? Checché tu ne dica il Comitato “Difendiamo i nostri Figli”, anzi il popolo del Family Day, è già un soggetto politico: siamo andati in piazza san Giovanni e poi al Circo Massimo per bloccare leggi e provvedimenti contro la famiglia e la libertà di educazione. Questa è già politica. Del resto è stato lo stesso presidente del Consiglio Renzi a riconoscere il ruolo politico del Comitato quando ha risposto all’intenzione manifestata da Gandolfini di mobilitarsi per il referendum costituzionale nel fronte del “no”. Fare un partito è una delle opzioni possibili, non l’unico modo per fare politica e influenzare le decisioni del Parlamento. Senza considerare che se non ci saranno sorprese questa legislatura ha altri due anni di fronte in cui verranno affrontati altri temi fondamentali: adozioni per i gay e i single, eutanasia, divorzio lampo e chissà cos’altro. Come pensate di fermare queste leggi: dal consiglio comunale di Roma?

Il popolo della famiglia. È un po’ difficile sfuggire alla sensazione che il nome scelto per il vostro partito sia una furbata per appropriarsi politicamente del Family Day. "Il popolo della famiglia" ha definito finora proprio la realtà di quelle piazze, usare quel nome vuol dire porsi come loro interprete politico autentico e unico. Il che, mi dispiace dirlo, non è corretto (per usare un eufemismo). Ed è anche dannoso: perché per i media e per gli avversari politici un vostro eventuale insuccesso politico verrebbe ascritto a tutto il movimento che ha partecipato ai Family Day.