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MESTIERI ALIMENTARI E PATRONI / 3

Amando di Maastricht, patrono dei produttori di aceto

L'aceto è la bevanda che fu data a Gesù sulla croce: un gesto di misericordia, non di tortura, perché l'acqua mescolata ad aceto (posca) era usata dai soldati romani come bevanda dissetante. Insieme alla posca, nell'antica Roma si usava anche il sapum, antesignano dell'aceto balsamico. E i produttori di aceto hanno come patrono Sant'Amando di Maastricht, eremita, poi missionario e vescovo, evangelizzatore del Belgio e del Nord della Francia.
- LA RICETTA: INSALATA PASQUALE ALL'ACETO BALSAMICO

Cultura 06_04_2021 English Español
Acetaia

Siamo in quella fatidica giornata del 3 aprile 33, una giornata lunga e faticosa per il centurione romano che, insieme ai soldati posti sotto ai suoi ordini, ha dovuto accompagnare i condannati alla crocifissione attraverso la città e poi su verso il Gòlgota.
Hanno sorvegliato le operazioni delle esecuzioni, trattenendo la folla di un popolo sull'orlo della rivolta. Per non parlare più dell'armatura pesante - pettorina, copri-orecchie metallici che partivano dall'elmo e si univano sotto il mento, elmo, e poi l'alabarda lunga 2 metri che faceva parte della dotazione -.

Ha caldo, le voci urlanti gli danno il mal di testa, il sudore gli cola lungo il collo e vorrebbe essere ovunque fuor che lì. Sta ai piedi della croce di uno dei condannati, quello più contestato, quello che ha dato tanti problemi: Gesù di Nazareth. E ora quell'uomo, dall'alto della croce dice: "Ho sete". Il centurione prende una spugna, la inzuppa nel suo acetabulum portatile pieno di posca (acqua mescolata ad aceto), la infilza sulla punta dell'alabarda, e la allunga fino alle labbra del condannato. Il quale beve e poi dice: "Ora tutto è compiuto". E muore.

I quattro Vangeli raccontano questo episodio, in maniera un po' diversa uno dall'altro, ma se consideriamo l'episodio attraverso la storia dell'alimentazione, questo gesto del centurione era uno di misericordia, non di tortura.

Perché in epoca romana l'aceto veniva usato come bevanda dissetante, combinato con l'acqua e offerto anche agli ospiti. Questa preparazione era chiamata, appunto, posca. Essa faceva parte della razione quotidiana di vitto dei legionari e li accompagnava durante le massacranti marce – circa trenta chilometri al giorno, con carichi dai 20 ai 30 chilogrammi – assieme al chilo e più di pane, più acqua, sale, carne e olio. Perché ai lavoratori e ai combattenti, salvo casi straordinari, non era concesso, anche ammesso che se lo potessero permettere, il vino: Posca fortem, vinum ebrium facit (la posca rende forti mentre il vino inebria).

Oltre alla posca, nella Roma antica era utilizzato anche il sapum, che era mosto di uva cotto: diventava un liquido scuro e vischioso, dal sapore dolciastro, che utilizzavano per condire i fichi, l'oca arrosto, i formaggi stagionati, ma anche come medicinale (ne fanno menzione Virgilio e Columella). Il sapum può essere considerato a tutti gli effetti l'antenato dell'aceto balsamico.

L'aceto può essere ottenuto, oltre che dall'uva, anche dal riso e dalle mele, ma il primato per gusto e molteplicità di utilizzazioni (cucina, medicina, cosmetica, igiene) spetta all'aceto ottenuto dal vino.

Perciò, il Santo patrono dei produttori di aceto, Amando di Maastricht (Nantes, 584 circa – Elon, 679 circa) è quanto mai appropriato in questi giorni di Pasqua, in omaggio all'unico atto di carità che il nostro Signore abbia ricevuto dai suoi aguzzini nel suo doloroso periplo verso il Gòlgota e soprattutto sulla croce.
Nato in una famiglia nobile, Amando abbandonò la famiglia all'età di vent'anni per diventare monaco secondo la regola di San Colombano. La famiglia fece di tutto per opporsi a questa scelta, perché aveva altri piani per lui, ma non riuscì a distoglierlo dal suo ideale di vita. A seguito di ciò che egli considerava una ispirazione divina, si recò a Bourges, dove, sotto la direzione di Austregisilo, vescovo di quella città, rimase in solitudine per quindici anni, vivendo in una cella e cibandosi di pane ed acqua.

A soli 33 anni, dopo un pellegrinaggio a Roma, fu consacrato vescovo in Gallia, dopodiché, su richiesta di Clotario II (584 – 629, re franco della dinastia dei Merovingi), si recò nelle terre settentrionali del regno dei Franchi. Fu il primo evangelizzatore degli abitanti della regione di Gand, che erano ancora in larga parte pagani.
In seguito estese la sua opera a tutte le Fiandre: secondo una leggenda agiografica, pur soffrendo persecuzione e sottoponendosi a grosse privazioni, non ottenne nessuna conversione fino a quando non compì il miracolo di risuscitare un criminale che era stato impiccato. In questa sua attività ebbe come discepolo e poi aiutante, San Bavone.

Amado fece erigere due monasteri: uno a Gand (San Pietro) e l'altro sul Monte Blandin (San Bavone), che costituiscono i più antichi monumenti della cristianità in Belgio.
Al suo ritorno in Gallia, nel 630, andò incontrò all'ostilità del re Dagoberto I, che egli aveva tentato di portare verso una vita virtuosa e fu espulso dal regno. Successivamente Dagoberto lo pregò di rientrare, chiedendogli perdono per il male fatto, e gli fece richiesta di essere il tutore dell'erede al trono. Ma vivere a corte non si addiceva allo ieratico Amando, che decise di rifiutare quell'onore. Il suo successivo apostolato fu tra gli Slavi del Danubio, però non ebbe successo: erano ancora organizzati in società tribali, refrattarie al Cristianesimo.

Intorno all'anno 649 fu nominato Vescovo di Tongres e Maastricht. La regione era infestata da disordini clericali che Amando cercò di risolvere, ma il compito era immane. Perciò, si rivolse a papa Martino I per ricevere istruzioni. La risposta del Pontefice delinea un piano di azione riguardo al clero ribelle e contiene anche informazioni sull'eresia Monotelita che, in quel periodo, stava affliggendo l'Oriente (era un'eresia cristologica sorta a Costantinopoli in quel secolo, che affermava che nella persona di Cristo vi era la sola volontà divina la quale aveva assorbito quella umana, limitando dunque la vera umanità di Cristo).

Ad Amando fu dato il compito di convocare concili in Neustria e Austrasia per far conoscere ai vescovi della Gallia i decreti che erano stati approvati a Roma. A loro volta i vescovi della Gallia lo incaricano di portare gli atti dei loro concili al papa.
Amando si servì di quest'occasione per ottenere l'esonero dal vescovado di Maastricht e riprendere il suo lavoro di missionario, che era la sua vera vocazione.
In questo periodo entrò in relazioni con la famiglia di Pipino di Landen e aiutò Gertrude di Nivelles e santa Itta a fondare il loro famoso monastero a Nivelles (oggi abbazia, foto a lato).

Già trent'anni prima egli si era recato nei Paesi Bassi per predicare, ma aveva ottenuto scarso successo. Ora gli fu fatta richiesta dagli abitanti del luogo di ritornare e, nonostante avesse oramai settant'anni, intraprese l'evangelizzazione, eliminando il paganesimo dal Paese. Infatti, sant'Amando può essere considerato l'apostolo del Belgio e del nord della Francia.
Fino alla fine della sua vita, Amando continuò a fondare numerosi monasteri, a volte a rischio della propria vita (soprattutto il Belgio vanta molte delle sue fondazioni). Morì ultra-novantenne nell'abbazia di Elon.

Nell'iconografia che lo riguarda, Amando è rappresentato con un serpente: La Leggenda aurea vuole che egli abbia incontrato un serpente nel giardino di un convento e che, con l'aiuto della preghiera e di un segno di croce, l'abbia costretto ad entrare in un pertugio e a non uscirvi mai più.

Come molti santi patroni non è l'unico a "rappresentare" i produttori di aceto. C'è anche Vincenzo di Tarragona. E lui stesso non rappresenta solo i produttori di aceto, ma anche i birrai e i negozianti di vino. Ma di questo parleremo un'altra volta.