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ELEZIONI

Allarme cattolici "negoziabili"

Data la crisi di valori, è tempo di mettere al bando la posizione di quei cattolici che si dicono tali ma poi propinano idee contrarie al Magistero. Chi si candida dovrebbe dire no all’aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, sperimentazione sugli embrioni e contraccezione. Nonché a divorzio, convivenza e “nozze” gay.

Ecclesia 02_02_2013
Urna elettorale

Credo che a pochi sia sfuggito il fatto che un giorno sì e l’altro pure il Papa parli dei famosi principi non negoziabili. Anche l’ultima prolusione di Bagnasco andava in questa direzione. Ciò accade non per pochezza di idee della Chiesa universale e di quella italiana, ma perché il Vicario di Cristo e alcuni pastori illuminati riconoscono che questi valori sono la scialuppa di salvataggio per noi tutti dopo che la nave della modernità si è scontrata con l'iceberg dell'ateismo pratico, del relativismo, del soggettivismo e del nichilismo. Insomma scegliete voi l’-ismo che più vi convince.

Va da sé che in casa cattolica tutti gli inquilini dovrebbero essere d’accordo con l’amministratore, cioè il Papa, sui principi non negoziabili. Tutti perciò dovrebbero dichiararsi a favore della tutela della vita e di conseguenza dire no all’aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, sperimentazione sugli embrioni e contraccezione; a favore della famiglia per dire no a divorzio, convivenza e “nozze” gay; a favore dell’educazione e della libertà religiosa per dire no alla discriminazione delle scuole cattoliche e via di questo passo.

Data la situazione di crisi di valori diffusissima – vedi ultima rilevazione Eurispes su queste tematiche - è tempo davvero di mettere al bando a chiare lettere la posizione di quei cattolici che si dicono tali ma poi propinano, con innegabile furbizia, idee contrarie al Magistero.
I sedicenti cattolici sono il fiume carsico che scava di nascosto gallerie al di sotto delle fondamenta della Chiesa per minarne la solidità.
Non è temerario affermare che forse il primo problema di oggi della Chiesa è l’eresia travestita da ortodossia. Un vero e proprio transgender dottrinale.

Essere cattolici significa accettare ciò che la Chiesa propone in materia di morale e fede e tentare di metterle in pratica. Fissiamo la nostra attenzione al primo requisito: la fedeltà intellettuale al Magistero. Come è facile intuire l'ortodossia è requisito, non unico, ma di certo necessario, all'ortoprassi.
In parole povere se pensi bene magari farai il bene (non serve avere solo le idee chiare per fare il bene ma occorre anche volerlo fare). Se pensi male è certo che ti comporterai di conseguenza. Il Magistero sui temi di morale e fede non esprime vaghe opinioni tra loro a volte un po’ contraddittorie, un insieme confuso di posizioni non sempre uniformi dove noi tutti cerchiamo di rinvenire a fatica un minimo comun denominatore capace di ricavare da questa congerie di idee alcuni principi guida.

All’opposto il Magistero su moltissimi argomenti d’etica e di fede, come illustra il laico prof. Giovanni Fornero nei suoi libri e in un’intervista a noi rilasciata (“Bioetica, ciò che i laici non capiscono” https://lanuovabq.it/it/articoli-bioetica-ci-che-i-laici-non-capiscono-5575.htm), determina con nitore il confine tra il giusto e l’ingiusto, tra il bene e il male, tra il vero e il falso.

I principi non negoziabili, che piaccia o meno, non sono elastici altrimenti sarebbero negoziabili. I principi non negoziabili sono come il confine che passa nel deserto tra la Mauritania e il Mali: una retta, lineare e precisa. Trattiamo, parliamo, discutiamo, confrontiamoci su ciò che è opinabile, cioè le strategie, i mezzi pastorali per far passare la verità. Ma il cattolico, per favore, non obietti più sulla sana dottrina: c'è già stato Cristo che ce l'ha trasmessa pura e precisa nei suoi fondamenti pagando l’altissimo prezzo della Croce e c’è la Chiesa che come una Madre in duemila anni di storia l'ha resa masticabile a noi che abbiamo i denti da latte.

Su quelle verità poi che non sono ancora nitide lasciamo sempre al Magistero il compito di illuminarci mentre con fatica e umiltà cerchiamo di comprendere. Certo, può accadere – ed è comprensibile e a volte legittimo - di dubitare nel proprio cuore, di non essere convinti in buona fede e in coscienza che ciò che insegna la Chiesa sia corretto, ma ciò non legittima a diffondere il proprio personalissimo dubbio – se non addirittura l’errore – nel cuore e nella testa di altri. Sì al confronto privato con chi ne sa più di noi per capire, no alla propaganda.

E in questo senso chi ha maggiori responsabilità pubbliche, chi ha più prestigio e quindi più influenza, a maggior ragione dovrebbe rifugiarsi in un sacro e salutare silenzio. Tirannia? No. Fiducia nella Chiesa che ne sa più di noi. Così come il bambino che tiene per mano la mamma mentre attraversa la strada, fiducioso che lo porterà sul marciapiede opposto. Non servilismo, ma scelta libera di fidarsi: unica strada per far nostre in modo convinto le indicazioni della Chiesa.

Ricordiamoci inoltre – ed è argomento scomodissimo - che chi è cattolico ha un dovere di obbedienza verso il Magistero, con un grado di adesione proporzionale al grado di certezza con cui la Chiesa si esprime sui principi dottrinali.
Il Codice di Diritto Canonico così si esprime “sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria” (can. 750, corsivo nostro).

A margine ma non troppo: non si obbedisce solo quando si è d’accordo. Altrimenti che obbedienza sarebbe? Si obbedisce sempre e comunque. Quando non si tratta di Magistero infallibile ex cathedra non scatta però il libera tutti.
In questi casi non più assenso di fede, ma pur sempre ossequio dell’intelletto e della volontà deve essere prestato alla dottrina espressa dal Magistero – Pontefice e Collegio dei Vescovi in comunione con lui - in materia di fede e morale, anche se non proclamata con atto definitivo (can. 752).

Questo perché l’infallibilità del Papa permea tutti i suoi documenti. Quando invece parlano vescovi singoli, vescovi riuniti in Conferenze Episcopali o Concili particolari – tutti soggetti esclusi dal carisma dell’infallibilità - è sufficiente l’ossequio dell’animo, cioè l’ascolto, ma non l’inevitabile e prona accettazione di tutto ciò che dicono (can. 753). Insomma coerenza almeno intellettuale (quella di vita è ancora più importante ma si fonda su quest’ultima): chi si proclama cattolico dica cose cattoliche. Altrimenti è come professarsi ambientalista ed essere favorevole alla desertificazione, alla discariche a cielo aperto, all’inquinamento dei fiumi e alla deforestazione completa dell’Amazzonia. Che ambientalista sarebbe uno così?