Al voto in Lazio e Lombardia, primo test per il Governo
La sinistra sembra più interessata a cavalcare battaglie populiste come quella su Donzelli o su Sanremo piuttosto che ad affrontare la sua profonda crisi d’identità. Il Centrodestra è compatto, ma dopo il voto regionale in Lombardia e Lazio di domani si ridisegneranno nuovi equilibri che potrebbero essere destabilizzanti. E il terzo polo è pronto a esplodere.
A meno di cinque mesi dalla vittoria alle Politiche, il centrodestra prova a misurare la sua forza nelle due principali regioni italiane. Domenica e lunedì si vota, infatti, per il rinnovo dei consigli regionali di Lombardia e Lazio. Si tratta di un test significativo per le forze di maggioranza, ma ancor più per quelle d’opposizione, che sono alquanto divise tra loro e rischiano di indebolirsi ulteriormente.
La campagna elettorale delle ultime settimane è stata davvero soporifera, con pochi confronti, scarsi contenuti e una visibilità mediatica molto limitata. Da una parte l’esito scontato (la vittoria del centrodestra in entrambe le regioni è fuori discussione), dall’altra le emergenze socio-economiche e i cupi scenari internazionali stanno distogliendo l’attenzione generale dall’appuntamento con il voto.
Eppure, in realtà, la posta in palio non è secondaria. La Lombardia è la regione più popolosa d’Italia e il Lazio è la regione della capitale.
In Lombardia saranno chiamati a votare 8.349.264 elettori, nel Lazio 4.815.838. In totale, si tratta di oltre un quarto del numero di elettori italiani (26,4 per cento). Alle ultime elezioni nazionali (Camera dei deputati, 25 settembre 2022), l’astensione in Lombardia è stata del 30 per cento e nel Lazio del 36 per cento, in crescita rispetto alle ultime elezioni regionali (2018), quando non si recarono alle urne il 27 per cento degli elettori lombardi e il 33 per cento di quelli laziali.
Questa volta si teme un’astensione maggiore, nonostante si voti anche di lunedì. In Lombardia la partita è tra il governatore uscente, il leghista Attilio Fontana, sostenuto dall’intero centrodestra, e Pierfrancesco Majorino, sostenuto da Partito democratico, il suo partito di appartenenza, Movimento 5 stelle, Verdi e Sinistra italiana. Gli altri due candidati, che sono Mara Ghidorzi per Unione popolare (il partito dell’ex sindaco di Napoli De Magistris) e Letizia Moratti, sostenuta dal Terzo polo, non hanno alcuna possibilità di farcela e infatti, nelle ultime ore, in base al principio del voto utile, i sondaggi li danno in ulteriore calo.
Nel Lazio il centrodestra con Francesco Rocca, stando a tutti i pronostici, dovrebbe strappare la guida della Regione al centrosinistra, che per il dopo-Zingaretti si è affidato ad Alessio D’Amato, sostenuto dall’intero centrosinistra e dal Terzo polo. Gli altri tre candidati, che però non hanno alcuna chance, se non di rosicchiare voti a D’Amato, sono: Sonia Pecorilli per il Partito comunista italiano; Rosa Rinaldi per Unione popolare; Donatella Bianchi per il Polo progressista e Movimento 5 stelle.
Mentre il centrodestra si presenta compatto, il centrosinistra mostra una composizione diversa tra le due regioni: in Lombardia, dove i 5 Stelle contano numericamente poco, ci si è alleato; nel Lazio, dove avrebbero potuto risultare determinanti, non è riuscito a stringere un accordo con loro, che hanno deciso di correre per conto proprio. Il Terzo polo in Lombardia fa una corsa solitaria e velleitaria con Letizia Moratti, che fino a due mesi fa era assessore al welfare della giunta Fontana (di centrodestra), mentre nel Lazio fa fronte comune con Pd e altre forze di sinistra. Un comportamento schizofrenico che nuocerà certamente in termini di voti, contribuendo a disorientare l’opinione pubblica.
La sinistra sembra più interessata a cavalcare battaglie populiste come quella su Donzelli o su Sanremo piuttosto che ad affrontare la sua profonda crisi d’identità, che vivrà una tappa cruciale domenica 26 in occasione delle primarie per la scelta del nuovo segretario del Pd al posto di Enrico Letta.
Nel Terzo polo, al di là delle dichiarazioni di facciata, volano i coltelli. Matteo Renzi, insolitamente defilato, sta facendo poca campagna elettorale e ha lasciato lo scettro a Calenda. I due sono separati in casa e, dopo la probabile sconfitta alle regionali di domenica e lunedì, non è detto che non arrivi la paventata resa dei conti. Una parte del Terzo polo vorrebbe, infatti, riorientare la bussola verso sinistra, approfittando delle spaccature nel Pd; un’altra, invece, guarda con interesse ai travagli dentro il centrodestra per cercare di inserirsi nell’area di governo.
Il centrodestra, se le previsioni saranno confermate, conquisterà un’altra regione, il Lazio e dunque supererà nel migliore dei modi questo primo test elettorale come coalizione di governo. Rimangono innegabilmente le rivalità interne tra Fratelli d’Italia, in forte crescita, e Lega e Forza Italia, che cercano di fare fronte comune contro lo strapotere dei meloniani. Nel Lazio il nuovo governatore in pectore Rocca sarà molto influenzato dai colonnelli di Giorgia Meloni.
In Lombardia il governatore Fontana, sicuro della rielezione, avrà certamente meno potere perché a sostenerlo sarà una coalizione dominata da Fratelli d’Italia e con truppe leghiste meno folte che in passato. Alla lunga questa egemonia dei post-fascisti potrebbe pesare sugli equilibri della coalizione, anche se l’approvazione del disegno di legge Calderoli sull’autonomia potrebbe aver restituito un po' di entusiasmo agli elettori del Carroccio e contribuire a contenere il calo di voti che il partito di Matteo Salvini ha subìto alle politiche. In ogni caso, il governo uscirà rafforzato dalle urne e a dover lavare i panni sporchi in casa propria si troveranno costretti il centrosinistra e il Terzo polo. Con buona pace di chi, nella sinistra e negli ambienti che da sempre la spalleggiano, prova a usare altre armi per tentare di sovvertire l’esito del voto.