Al seggio senza votare, l'opzione Meloni a rischio boomerang
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L'invito della premier a non ritirare la scheda può essere una strategia per evitare di esporsi sui contenuti della consultazione. Ma potrebbe influire sulla partecipazione al voto ed evidenziare le crepe nella maggioranza.

Si avvicina l’appuntamento con le urne per il referendum abrogativo previsto per domenica 8 e lunedì 9 giugno. Cinque quesiti, promossi da sindacati e movimenti civici, riguardano temi fondamentali come il lavoro e la cittadinanza. Tuttavia, l'invito del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a recarsi ai seggi senza ritirare le schede solleva interrogativi sia sul piano pratico che politico.
La scelta di Meloni si inserisce in un contesto di scarsa partecipazione ai referendum abrogativi. Dal 1997, solo quattro referendum hanno superato il quorum del 50% degli aventi diritto al voto. L'ultimo caso risale al 2011, con il quesito sull'acqua pubblica che raggiunse il 54,8% di affluenza. Nel 2022, il referendum sulla giustizia registrò una partecipazione del 20,9%, il dato più basso nella storia repubblicana.
In questo scenario, l'invito di Meloni a non ritirare le schede potrebbe essere interpretato come un tentativo di boicottare il referendum senza violare apertamente le norme democratiche. Tuttavia, questa posizione solleva molti dubbi, più che sulla legittimità dell'astensione, sull'efficacia di tale strategia.
L'articolo 75 della Costituzione italiana stabilisce che un referendum abrogativo è valido solo se partecipa al voto la maggioranza degli aventi diritto. Pertanto, ogni elettore che si presenta ai seggi contribuisce, in linea teorica, a determinare se il quorum verrà raggiunto. Secondo alcuni, anche se Meloni non ritira la scheda, la sua presenza potrebbe influire sulla partecipazione complessiva, rendendo la sua posizione ambigua dal punto di vista costituzionale. Le cose, in verità, non stanno così e sono molto chiare. Una circolare del Ministero dell’Interno chiarisce: «Per quanto attiene la rilevazione del numero degli elettori, appare utile rammentare che coloro che rifiutano la scheda non dovranno essere conteggiati tra i votanti della sezione elettorale». Questo significa che, pur recandosi al seggio, la premier non sarà conteggiata tra i votanti e quindi il suo non voto non sarà inserito nel conteggio utile al raggiungimento del quorum (50% più uno) necessario affinché i referendum siano considerati validi. L’elettore Giorgia Meloni verrà registrato come “non votante” e sulla sua tessera elettorale non dovrà essere apposto il bollo della sezione. Un’opzione prevista dalla legge ma totalmente diversa da chi decide di votare “no” o di consegnare le schede bianche: in questi casi, infatti, gli elettori vengono conteggiati tra i votanti contribuendo all’eventuale raggiungimento del quorum.
Le opposizioni hanno attaccato la premier definendo la sua posizione “furba e ambigua”. Il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex parlamentare del Pd, prova a circostanziare la critica alla Meloni: «L'opzione scelta dalla premier è ovviamente legittima ma a quel punto tanto varrebbe che non andasse a votare. Equivale all'astensione totale e non selettiva. Dal momento che il voto di chi ha responsabilità istituzionali si pone di fatto come un esempio sinceramente non capisco quale proposta logica sia per i cittadini».
Inoltre va detto che l'invito a non ritirare le schede potrebbe avere un effetto emulativo tra gli elettori di Fratelli d'Italia, portando a una maggiore affluenza ai seggi senza un effettivo esercizio del diritto di voto. Questo scenario potrebbe creare ingorghi nei seggi e complicare ulteriormente il processo elettorale.
Dal punto di vista politico, la posizione di Meloni potrebbe essere vista come una strategia per evitare di esporsi direttamente sui contenuti dei quesiti referendari, mantenendo una certa neutralità. Tuttavia, questa scelta potrebbe essere interpretata come una mancanza di rispetto verso l'istituto del referendum e verso i cittadini che hanno promosso le consultazioni.
In passato, anche esponenti di spicco della politica italiana, come l'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, hanno difeso il diritto all'astensione e hanno sottolineato l'importanza di rispettare le diverse opinioni degli elettori. Tuttavia, l'invito a non ritirare le schede si distingue per la sua ambiguità e per il potenziale impatto sulla validità del referendum.
In conclusione, la decisione di Giorgia Meloni di invitare gli elettori a recarsi ai seggi senza ritirare le schede potrebbe rivelarsi un boomerang. Sebbene possa sembrare una posizione neutrale, essa potrebbe influire sulla partecipazione al voto e sulla legittimità del referendum, evidenziando anche le crepe nella maggioranza, visto che Lega e Forza Italia si dichiarano apertamente per l’astensione mentre Noi Moderati invita i suoi elettori a votare 5 no, sia ai quesiti sul lavoro che a quello sulla cittadinanza. La premier non ha bisogno di questi contorsionismi per mantenere la leadership della coalizione e neppure per prolungare la sua “luna di miele” con gli italiani, che da lei si aspettano soluzioni concrete ai problemi reali del Paese e il rispetto degli impegni presi in campagna elettorale.
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