Al Nusra rapisce un frate in Siria per allearsi con l'Isis
Valle dell'Oronte, Siria nord-occidentale: il francescano Hanna Jallouf, 62enne, viene rapito assieme a una ventina di giovani, fra cui alcune ragazze. Le suore francescane che erano con lui, fra cui suor Patrizia Guarino, si sono salvate. Chi ha compiuto il sequestro? Le brigate Al Nusrah. Che hanno superato le rivalità con l'Isis per iniziare la guerra contro i "crociati". A partire dai più indifesi.
Hanno scelto l'obiettivo più facile, quello che avevano già minacciato altre volte: la Valle dell'Oronte, con i suoi duemila cristiani che osano addirittura definirsi i figli di san Paolo, perché l'apostolo deve per forza essere passato di qui andando da Gerusalemme ad Antiochia.
Domenica sera sono arrivati a Knayeh, in quest'angolo del nord-ovest della Siria a due passi dal confine con la Turchia. E oltre a seminare il terrore hanno portato via il parroco - il francescano padre Hanna Jallouf, 62 anni, frate della Custodia di Terra Santa originario proprio di questa comunità - e una ventina di giovani, tra cui anche alcune ragazze. Le suore francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria - tra cui anche l'ottantenne suor Patrizia Guarino, originaria dell'Irpinia - sono riuscite a mettersi in salvo nelle case di alcuni amici. Ma del parroco e degli altri ostaggi a ormai due giorni di distanza non si hanno notizie.
Sequestrati da chi? A Knayeh di dubbi ne hanno ben pochi. E infatti il comunicato diffuso dalla Custodia di Terra Santa da Gerusalemme parla espressamente di «brigate legate a Jabat al Nusra», il movimento islamista che da anni ormai semina il terrore in Siria. Jabat al Nusra, il «Fronte della vittoria», cioè la formazione qaedista che fino a ieri è stata il principale punto di riferimento degli islamisti nella guerra contro Assad. Fino a quando gli iracheni di al Baghdadi - con il sostegno dei combattenti stranieri - non hanno cominciato a giocare una partita autonoma, dando vita all'Isis e al Califfato. Ma in Siria tutto questo succede a Raqqa e a Deir ez Zor, non certo nella Valle dell'Oronte. Dove - invece - c'è tuttora Jabat al Nusra, che è una presenza non meno minacciosa. È infatti a questa formazione che si attribuiscono sequestri come quello dei due vescovi di Aleppo, nelle mani dei jihadisti dall'aprile dello scorso anno. Ed erano state sempre le milizie di Jabat al Nusra qualche mese fa a prendere di mira la popolazione cristiana di Knayeh, imponendo a padre Jallouf di non suonare più le campane della chiesa, come avevamo raccontato in un articolo pubblicato su questo sito nello scorso mese di dicembre.
Il dubbio su questo nuovo sequestro - dunque - è piuttosto un altro: in che rapporti sta oggi Jabat al Nusra con il Califfato? Dall'inizio dei raid della «coalizione internazionale» i capi di questa formazione jihadista hanno detto, infatti, senza mezzi termini di aver buttato alle ortiche le divergenze del passato e di aver scelto di fare fronte comune con l'Isis, per combattere «i crociati». Quanto accaduto a Knayeh ha dunque tutta l'aria di essere un modo lugubre per sancire questa alleanza, prendendosela come al solito con i più deboli e i più esposti: le comunità cristiane locali.
Tutto questo non fa altro che confermare l'ipocrisia di chi con i raid aerei finge di dare risposte all'avanzata dello Stato islamico ma poi si tiene alla larga dal pantano siriano, facendo distinzioni che sul campo non esistono più. L'ipocrisia di chi si lascia mettere sotto scacco da quella Turchia che ha chiuso più di un occhio sui traffici di armi e uomini di formazioni come Jabat al Nusra. E oggi schiera il suo esercito alle frontiere più come arma di pressione contro ogni forma di negoziato con Damasco che per combattere sul serio l'Isis.
Ed è proprio in questo quadro drammatico che Papa Francesco ieri ha preso una nuova decisione molto forte, annunciando che il prossimo concistoro dei cardinali - già convocato per il 20 ottobre - non sarà la prevista riunione formale per la promulgazione di alcune cause dei santi, ma un vero e proprio vertice sul Medio Oriente, da tenere all'indomani della chiusura del Sinodo. Un ulteriore modo per ribadire che le sofferenze dei cristiani di questa area del mondo sono una ferita che sanguina per tutta la Chiesa. E per scongiurare tutti noi di non chiudere gli occhi nell'indifferenza davanti a quelle comunità che da Homs ad Aleppo, fino a Mosul e oggi a Knayeh continuano a conoscere sempre nuove stazioni di una Via Crucis ormai infinita.