Ai vescovi italiani: «Siate apostoli, non funzionari»
La basilica di san Pietro è stato il luogo del primo incontro di Papa Francesco con tutti i vescovi italiani. Li ha esortati a evitare «l'idolatria del presente» che fa inseguire le mode e il carrierismo, per darsi senza riserve a un'evangelizzazione».
Il 23 maggio 2013 Papa Francesco ha incontrato in San Pietro i vescovi italiani riuniti per la «professione di fede» nel corso della loro 65a Assemblea Generale. Li ha esortati, non senza toni severi, a evitare «l'idolatria del presente» che fa inseguire le mode, il carrierismo, gli atteggiamenti da funzionari, lo scoraggiamento, per darsi senza riserve a un'evangelizzazione che nasce dalla preghiera, dall'amore di Dio, dalla devozione alla Madonna.
«È significativo, e ne sono particolarmente contento - ha notato il Papa - che il nostro primo incontro avvenga proprio qui, sul luogo che custodisce non solo la tomba di Pietro, ma la memoria viva della sua testimonianza di fede, del suo servizio alla verità, del suo donarsi fino al martirio per il Vangelo e per la Chiesa».
La funzione episcopale è strettamente legata a quella del Papa, e in San Pietro «l'altare della Confessione diventa così il nostro lago di Tiberiade, sulle cui rive riascoltiamo lo stupendo dialogo tra Gesù e Pietro». Gesù chiede a Pietro se lo ama, e in realtà «la domanda è rivolta a ciascuno di noi: se evitiamo di rispondere in maniera troppo affrettata e superficiale, essa ci spinge a guardarci dentro, a rientrare in noi stessi». Gesù con questa domanda «si fa mendicante d'amore e ci interroga sull'unica questione veramente essenziale, premessa e condizione per pascere le sue pecore, i suoi agnelli, la sua Chiesa».
Si possono dire molte cose sul ruolo dei vescovi, ma alla fine esso «si fonda su questa intimità con il Signore; vivere di Lui è la misura del nostro servizio ecclesiale, che si esprime nella disponibilità all'obbedienza, all'abbassamento e alla donazione totale». Amare il Signore non è un'espressione retorica, «La conseguenza dell'amare il Signore è dare tutto - proprio tutto, fino alla stessa vita - per Lui». Siamo buoni vescovi? Solo l'amore incondizionato per il Signore «è la cartina di tornasole che dice con quale profondità abbiamo abbracciato il dono ricevuto rispondendo alla chiamata di Gesù e quanto ci siamo legati alle persone e alle comunità che ci sono state affidate». Tutto il resto viene dopo, e cercare la risposta nella presunta efficienza delle strutture e dei piani pastorali porta i vescovi fuori strada. «Non siamo espressione di una struttura o di una necessità organizzativa», ma dell'amore di Dio.
«Non che questo sia scontato - ammonisce il Pontefice -: anche l'amore più grande, infatti, quando non è continuamente alimentato, si affievolisce e si spegne». E ai pastori ricorda la parola di san Paolo: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio» (At 20,28).
Tutti i vescovi sono buoni vescovi? Anche questo, suggerisce il Papa, non è scontato. «La mancata vigilanza - lo sappiamo - rende tiepido il Pastore; lo fa distratto, dimentico e persino insofferente; lo seduce con la prospettiva della carriera, la lusinga del denaro e i compromessi con lo spirito del mondo; lo impigrisce, trasformandolo in un funzionario, un chierico di stato preoccupato più di sé, dell'organizzazione e delle strutture, che del vero bene del Popolo di Dio. Si corre il rischio, allora, come l’Apostolo Pietro, di rinnegare il Signore, anche se formalmente ci si presenta e si parla in suo nome; si offusca la santità della Madre Chiesa gerarchica, rendendola meno feconda».
Dopo questo severo accenno alle disobbedienze e ai carrierismi, che non mancano nell'episcopato, Papa Francesco offre ai vescovi una parola di comprensione e di speranza. «Come per Pietro, la domanda insistente e accorata di Gesù può lasciarci addolorati e maggiormente consapevoli della debolezza della nostra libertà, insidiata com'è da mille condizionamenti interni ed esterni, che spesso suscitano smarrimento, frustrazione, persino incredulità». Ma non si deve disperare, anzi si deve sempre considerare che la disperazione viene dal diavolo, sulla cui azione molto reale - da cui i vescovi non sono immuni - il Pontefice non si stanca di richiamare l'attenzione. Tristezza, scoraggiamento, «non sono certamente questi i sentimenti e gli atteggiamenti che il Signore intende suscitare; piuttosto, di essi approfitta il Nemico, il Diavolo, per isolare nell'amarezza, nella lamentela e nello scoraggiamento». Gesù opera in modo esattamente contrario al diavolo: «fa passare dalla disgregazione della vergogna al tessuto della fiducia; ridona coraggio, riaffida responsabilità, consegna alla missione».
San Pietro - il Papa lo cita - esorta i vescovi a guidare i loro fedeli «non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a noi affidate, ma facendoci modelli del gregge» (1Pt 5,2-3). Pietro ieri, il Papa oggi chiedono ai vescovi di «assumere fino in fondo la responsabilità di camminare innanzi al gregge, sciolti da pesi che intralciano la sana celerità apostolica, e senza tentennamenti nella guida, per rendere riconoscibile la nostra voce sia da quanti hanno abbracciato la fede, sia da coloro che ancora "non sono di questo ovile" Gv 10,16)».
I vescovi sono nella Chiesa per realizzare il «sogno di Dio», che il Vangelo sia annunciato a tutti. Ma questo «vuol dire anche disporsi a camminare in mezzo e dietro al gregge: capaci di ascoltare il silenzioso racconto di chi soffre e di sostenere il passo di chi teme di non farcela; attenti a rialzare, a rassicurare e a infondere speranza», mettendo «da parte, quindi, ogni forma di supponenza».
Per riuscire a essere buoni vescovi, per resistere a tante tentazioni ed evitare tanti atteggiamenti sbagliati occorre porsi «sotto il manto di Maria, Nostra Signora». Ed ecco la preghiera del Papa con i vescovi e per i vescovi: «Madre del silenzio, che custodisce il mistero di Dio, liberaci dall'idolatria del presente, a cui si condanna chi dimentica. Purifica gli occhi dei Pastori con il collirio della memoria: torneremo alla freschezza delle origini, per una Chiesa orante e penitente. Madre della bellezza, che fiorisce dalla fedeltà al lavoro quotidiano, destaci dal torpore della pigrizia, della meschinità e del disfattismo. [...].
Madre della tenerezza, che avvolge di pazienza e di misericordia, aiutaci a bruciare tristezze, impazienze e rigidità di chi non conosce appartenenza.
Intercedi presso tuo Figlio perché siano agili le nostre mani, i nostri piedi e i nostri cuori: edificheremo la Chiesa con la verità nella carità».