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IPOCRISIA

Aggressioni a Selvi e Salvini, ma la sinistra non si indigna

Il leader della Lega viene aggredito da una trentenne del Congo, che gli strappa camicia e rosario, ma i partiti al governo reagiscono con indifferenza, a parte qualche eccezione. E il regista Muccino se la prende addirittura con chi esprime solidarietà. Stesso copione dopo l’aggressione di Grillo al giornalista Selvi. A parti invertite, si sarebbe scatenato un putiferio

Politica 11_09_2020

È una trentenne originaria del Congo, immigrata regolare, la donna che l’altra sera, durante un comizio, ha aggredito a Pontassieve il leader della Lega, Matteo Salvini, gli ha strappato il rosario che aveva al collo e un lembo della camicia e gli ha urlato in faccia “Io ti maledico” (vedi qui). L’episodio, alquanto sopra le righe, non è stato sufficientemente stigmatizzato dalle altre forze politiche. Anche il premier Giuseppe Conte lo ha ignorato.

Usare le mani e le minacce contro un esponente della politica che parla agli elettori riporta la cronaca elettorale ad epoche buie che credevamo superate per sempre, ma il silenzio dei media è subito calato su una scena che potrebbe avvantaggiare non poco il centrodestra nella corsa alla conquista della Regione Toscana, contesa da sempre alla sinistra. Acuta l’osservazione di Enrico Mentana dopo l’aggressione. Il direttore del Tg di La7 ha spiegato che l’aggressione subita da Matteo Salvini «rischia di essere, a parti invertite, un episodio chiave come la scena del citofono a Bologna».

Tuttavia, ciò che risalta maggiormente è l’indifferenza con la quale i partiti di governo hanno reagito ad un episodio inqualificabile. Fosse stato un estremista di destra ad aggredire un politico della sinistra, si sarebbe scatenato il putiferio. Un coro unanime di intellettuali avrebbe biasimato senza appello l’autore del gesto e richiamato i solenni valori dell’antifascismo e della democrazia.

Più o meno quanto successo qualche ora prima come reazione di una parte della sinistra radical chic all’uccisione di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo di colore ucciso nella notte tra il 5 e il 6 settembre in una piazza di Colleferro. Da incorniciare come monumento alla retorica becera della sinistra ideologica il commento dell’influencer Chiara Ferragni: «Il problema lo risolvi cambiando e cancellando la cultura fascista e sempre resistente in questo paese, non cancellando il mezzo tramite cui i fasci hanno fatto violenza. Il problema non lo risolvi nascondendolo sotto al tappeto, lo si risolve con la cultura e l’istruzione». Peccato per lei che in quel delitto non ci sia davvero alcun movente di natura politica né di odio razziale. Gli aggressori non erano di destra, erano semplicemente degli esaltati che forse per droga o altri vizi sono arrivati a compiere un gesto così efferato. Peraltro si tratta di persone che trascorrono gran parte del loro tempo sui social, quei social che hanno fatto la fortuna della Ferragni e di Fedez.

Utilizzare l’uccisione del giovane Willy per rispolverare l’odio ideologico contro la destra allontana il Paese da quella pacificazione più volte auspicata dal presidente della Repubblica e che dovrebbe essere la bussola orientatrice delle valutazioni di episodi del genere.

Anche il regista Gabriele Muccino ha perso una ghiotta occasione per tacere e si è addentrato in un commento alquanto sconveniente di fronte alla dichiarazione di solidarietà di Nicola Zingaretti nei confronti di Matteo Salvini. Muccino non ha gradito la reazione del segretario dem e lo ha attaccato violentemente sui social, sostenendo, peraltro con un italiano claudicante, che il leader della Lega non merita alcuna solidarietà: «Solidarietà?!!! A chi incita odio e violenza verso i più deboli?! No, grazie. Nessuna solidarietà. Non esageriamo adesso. Non siamo tutti buoni e uguali. Ci sono delle differenze di comportamento che hanno delle conseguenze. Anche comprensibili».

Non contento, Muccino ha polemizzato anche con il giornalista del Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi, che, pur avendo sempre dimostrato un’antipatia invincibile verso Salvini, gli ha dichiarato piena solidarietà. Replicando a Scanzi, il regista ha rincarato la dose: «Se quella è un’aggressione (lui peraltro omette l’apostrofo, nda), la condotta di continua aggressione di Salvini come la definiamo?! Nessuna solidarietà da parte mia. Ogni comportamento ha una conseguenza. Quello che ho visto è per me uno sfogo doloroso ed esasperato di una donna la cui storia non conosciamo».

Non meno inquietante il silenzio che ha accompagnato l’aggressione di Beppe Grillo, alcuni giorni fa, ai danni di Francesco Selvi, giornalista della trasmissione “Diritto e Rovescio”, condotta su Rete 4 da Paolo Del Debbio. In uno stabilimento balneare di Marina di Bibbona, il giornalista, dopo essersi qualificato, ha fatto alcune domande di politica al fondatore del Movimento Cinque Stelle con il cellulare acceso. Grillo prima ha cercato di portargli via il cellulare, poi gli ha spruzzato addosso del liquido igienizzante e lo ha fatto cadere indietro da una scala. Selvi è finito al pronto soccorso, dove gli sono stati consigliati cinque giorni di prognosi per un trauma distorsivo al ginocchio.

Anche in questo caso nessuna indignazione a sinistra. Forse perché nella legislatura attuale i voti dei parlamentari pentastellati sono indispensabili per la sopravvivenza del governo e dunque è meglio non litigare con i grillini?