Africa, il continente dei record mondiali di guerre e profughi
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L'Africa è il continente in cui si combattono più guerre al mondo. Di conseguenza è anche quello che produce il maggior numero di profughi, il 97% dei quali resta in Africa, in paesi che spesso non possono ospitarli perché in guerra a loro volta.

L’Africa continua a detenere la maggior parte dei record mondiali negativi: tra gli altri, la più bassa aspettativa di vita alla nascita (64,3%, rispetto alla media mondiale del 73,5%; in Italia è di 83 anni), il più alto tasso di mortalità materna (454 decessi ogni 100mila nati vivi rispetto alla media globale di 197, ovvero il 70% dei decessi materni globali), il maggior numero di colpi di Stato militari riusciti (106, su 242 a livello globale dal 1950), quasi tutti i casi e i decessi per malaria nel mondo (94% dei casi, 95% dei decessi), i più alti tassi di esclusione scolastica (un quinto dei bambini di età compresa tra 6 e 11 anni e un terzo dei bambini di età compresa tra 12 e 14 anni non vanno a scuola) e il più basso tasso di alfabetizzazione degli adulti (68,2% rispetto al tasso globale dell'86,3%).
L'Africa è anche il continente in cui si combattono più guerre. Nel mondo i conflitti armati sono raddoppiati negli ultimi cinque anni. Dei 50 più gravi, per vittime, conseguenze umanitarie e danni materiali, ben 21 si combattono in Africa. Per 12 il principale fattore scatenante è il controllo del sistema governativo, per i rimanenti è il jihad, la guerra santa islamica. Alcuni meritano al continente e ai loro abitanti altri primati tutt’altro che invidiabili. In Somalia si combatte una delle guerre più lunghe, iniziata nel 1987 contro il dittatore Siad Barre e proseguita come conflitto tra clan per il controllo dell’apparato governativo dopo il 1991, anno della fuga all’estero del dittatore. Considerando che circa il 46% dei somali hanno meno di 15 anni e che l’età media della popolazione supera di poco i 15 anni, la maggior parte dei somali non sanno che cosa voglia dire vivere in pace. In Sudan invece la guerra iniziata nell’aprile del 2023 è la causa della crisi umanitaria più grave del pianeta e degli ultimi decenni: almeno 150mila morti e 26 milioni di persone, sul totale di circa 50 milioni, bisognose di assistenza per sopravvivere, almeno due milioni dei quali a rischio carestia.
I conflitti armati sono anche i principali responsabili di un altro record negativo detenuto dal continente: il numero di profughi, sfollati e rifugiati. Secondo i risultati di una ricerca appena pubblicata dall’Africa Center for Strategic Studies, i profughi africani sono almeno 45,7 milioni. Rappresentano il 3% della popolazione africana e ben il 43% del totale mondiale. Per il 96% sono vittime di guerra. I paesi attualmente con più profughi sono il Sudan con 14,4 milioni (10 milioni dei quali sfollati), la Repubblica Democratica del Congo con oltre 6,5 milioni (5,1 milioni sfollati), la Somalia con 4,4 milioni (3,2 milioni sfollati), la Nigeria con 4,1 milioni (3,5 milioni sfollati).
Secondo i dati riportati dall’Africa Center for Strategic Studies, il 69% dei profughi africani sono sfollati, stanno cioè cercando la salvezza in aree del loro paese non colpite dalla guerra. Spesso sono quelli che affrontano le maggiori difficoltà: perché può rivelarsi troppo difficile o pericoloso per gli operatori umanitari raggiungerli e aiutarli oppure perché i contendenti non consentono di assistere le persone che vivono in aree controllate dagli avversari o perché gli aiuti vengono sequestrati dal governo e dai ribelli o ancora perché i convogli che li trasportano sono attaccati e saccheggiati strada facendo. Il caso più drammatico è quello del Sudan. Siccome il conflitto nel corso degli anni ha interessato sempre nuove aree, molti dei dieci milioni di sfollati – il più elevato numero del mondo – sono stati costretti a spostarsi più volte, in condizioni sempre più critiche.
Quanto ai rifugiati, quelli cioè che hanno cercato la salvezza oltre ai confini dei loro paesi, in Africa il numero è aumentato notevolmente negli ultimi due anni, in gran parte a causa dell'aumento dei flussi di rifugiati provenienti da Sudan, Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo e Mali. Oltre al Sudan da cui risultano fuggiti circa quattro milioni di persone, è il deterioramento delle condizioni di sicurezza nel Sahel ad aver determinato l’aumento dei profughi e soprattutto dei rifugiati, molti dei quali si sono riversati in Mauritania e in altri paesi costieri dell’Africa occidentale. La minaccia nel Sahel è rappresentata dalla presenza di gruppi armati jihadisti, affiliati ad al Qaeda e all’Isis, che hanno intensificato l’attività ed esteso il loro raggio d’azione soprattutto nei tre paesi – Mali, Burkina Faso e Niger – governati dalle giunte militari che hanno preso il potere con colpi di stato (nel 2020 il Mali, nel 2022 il Burkina Faso e nel 2023 il Niger) e hanno deciso di rifiutare l’aiuto militare dei paesi europei e dell’Onu. Nel solo Burkina Faso si calcola che i profughi siano più di quattro milioni di persone, un quinto della popolazione, 3,6 milioni sfollati.
Un fenomeno evidenziato dall’Africa Center for Strategic Studies per le sue implicazioni negative è il numero crescente di rifugiati che si trovano nella critica situazione di essere stati costretti a fuggire in paesi confinanti anch’essi in guerra, quindi impreparati a ospitarli. Otto degli 11 stati che ospitano il maggior numero di rifugiati sono a loro volta alle prese con conflitti armati.
Per finire, l’indagine del centro studi sottolinea come, contrariamente a quanto spesso si sostiene, la quasi totalità dei profughi africani, il 97%, non ha lasciato il continente e non intende o non è in condizione di farlo.