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ISLAMISMO

Africa e Medio Oriente in rivolta contro l'Islam politico

Il mondo arabo, dall'Africa al Medio Oriente è attraversato da una nuova ondata di rivolte e tumulti interni: in Algeria, Sudan, Iraq e Libano le forze fondamentaliste che incarnano oggi l'islam politico sono apertamente osteggiate dai popoli in rivolta. E un sondaggio mostra che la fine dell'inverno islamista si realizza solo con a democrazia. 

Esteri 13_12_2019 English Español
Protests in Algeria

Il mondo arabo è attraversato da una nuova ondata di rivolte e tumulti interni. La scintilla è scoppiata ancora una volta in Nord Africa, con il popolo algerino che da febbraio continua la sua lotta contro il gattopardismo del vecchio regime oligarchico-militare, che non intende mollare la presa neppure dopo la dipartita di Bouteflika. In Sudan, giovani e società civile sono riusciti nell'impresa di detronizzare il generale islamista Al Bashir dopo 30 anni di dittatura, non senza pagare un tributo di sangue, e ora sono decisi a portare a compimento la transizione verso un governo pienamente civile e democratico.

In Iraq, il tributo di sangue si fa di giorno in giorno sempre più pesante, a causa della repressione delle proteste antigovernative operata dalle forze di sicurezza e dalle milizie paramilitari legate al regime khomeinista iraniano. Mentre in Libano l'estrema corruzione della classe dirigente è riuscita a compattare la popolazione nella "rivoluzione" attualmente in corso ben al di là delle tradizionali linee di appartenenza confessionale.

Una nuova Primavera Araba? Nient'affatto. Le cause di natura sociale e politica sono simili a quelle che hanno scatenato i moti del 2011 in Tunisia, Egitto, Siria, Libia: disoccupazione, povertà, corruzione, totale perdita di legittimità da parte dei governanti e dei politici, rivendicazione di diritti e libertà, di elezioni regolari e democrazia. D'altro canto, a fare la differenza rispetto a 8 anni fa è il rifiuto dei dimostranti a lasciare che il cosiddetto islam politico s'impadronisca dei processi rivoluzionari, manipolandolo per avanzare l'agenda islamista. Dagli eventi, in sostanza, non emergerà nessun Morsi, nessun Al Sarraj o Ghannouchi. Al contrario, le forze fondamentaliste che incarnano oggi l'islam politico sono apertamente osteggiate dai popoli in rivolta. 

In Algeria non c'è spazio per i Fratelli Musulmani sostenuti dal Qatar e dalla Turchia di Erdogan nelle strade della capitale affollate dai gilet arancioni e dagli studenti universitari. A Khartoum, Al Bashir era legato a doppio filo proprio alla Fratellanza e in Iraq la nuova generazione, in maniera a dir poco eroica, sta sfidando a viso aperto l'imperialismo del regime khomeinista, che vuole fare di Baghdad una provincia iraniana attraverso le milizie paramilitari che fanno capo al famigerato generale pasdaran, Qassem Suleimani. Al contempo, le contestazioni in Libano hanno preso di mira direttamente Hezbollah, sfiduciata dagli stessi sciiti per essere parte integrale del sistema di corruzione che ha condotto il paese sull'orlo del collasso economico. 

Basta con l'islam politico, insomma. Basta con la strumentalizzazione della religione a fini politici, causa di discriminazioni, violenze e settarianismo, oltre che di malgoverno. A confermarlo è un sondaggio condotto da YouGov per il quotidiano Arab News e per l'Arab Strategy Forum: il 43% dei giovani intervistati, residenti in vari paesi del Medio Oriente e Nord Africa, si è dichiarato apertamente nemico dell'islam politico, mentre il 15% è in disaccordo con gli islamisti, a cui invece guarda ancora con fiducia solo l'8% (gli indecisi sono il 14%).

I sentimenti prevalenti del mondo arabo sono chiari e sono gli stessi che, non casualmente, stanno animando le ennesime proteste sul versante iraniano del Golfo, represse nel sangue da parte del regime khomeinista, come d'abitudine. Cosa accadrebbe se oggi ai giovani del Medio Oriente (oltre il 65% della popolazione è al di sotto dei 30 anni) venisse consentito di votare in elezioni davvero libere e democratiche? La fine dell'inverno islamista e dei regimi dittatoriali e corrotti che hanno rubato il futuro delle nuove generazioni e non intendono restituirlo. Il compimento della rivoluzione e l'arrivo di una vera primavera passa per le urne.