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LA PANDEMIA NEL CONTINENTE NERO

Africa, aspettando l'apocalisse che non arriva mai

Dall’inizio della crisi l’Oms ha continuato a sostenere che il Covid-19 avrebbe avuto conseguenze spaventose in Africa, immensamente più gravi che nel resto del mondo. Invece quelle previsioni apocalittiche non si sono avverate.

Esteri 03_07_2021

Il Covid-19 si sta diffondendo in Africa a un ritmo da record, la variante Delta, molto contagiosa, è stata individuata in 16 stati africani, i decessi sono aumentati del 15 per cento in 38 stati. “La rapidità e la portata della terza ondata africana non hanno precedenti, la diffusione dilagante di varianti del Covid-19 più contagiose porta la minaccia per l’Africa a un livello completamente nuovo”. A dirlo è Matshidiso Moeti, il direttore dell’Ufficio regionale per l’Africa dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità.

Sono affermazioni che evocano scenari apocalittici. Ma suscitano qualche perplessità in chi sta seguendo l’andamento della pandemia nel continente. Dall’inizio della crisi infatti l’Oms ha continuato a sostenere che il Covid-19 avrebbe avuto conseguenze spaventose in Africa, immensamente più gravi che nel resto del mondo. Nell’aprile del 2020 l’agenzia Onu aveva lanciato con urgenza un appello al mondo dicendo che, senza interventi esterni, sarebbero stati contagiati da 122 milioni di africani, nella prospettiva più favorevole, a 1,2 miliardi (quasi tutti, in questo caso, dal momento che gli abitanti del continente sono 1,37 miliardi). Entro l’anno l’Oms prevedeva che sarebbero morti da 300.000 a 3,3 milioni di africani, sempre a seconda della rapidità e dell’efficacia degli aiuti esterni mobilitati per contenere la pandemia.

Invece quelle previsioni apocalittiche non si sono avverate. Alla data del 1 luglio i casi registrati erano 183,4 milioni nel mondo e 5.597.594 milioni in Africa (4 milioni in Africa sub-sahariana); i morti erano 3,9 milioni in totale e 144.152 in Africa (96.044 milioni in Africa sub-sahariana). Anche adesso, dopo che da sei settimane consecutive, secondo quanto afferma l’Oms, i contagi continuano a salire, crescendo di un quarto ogni sette giorni, l’Africa continua a essere il continente meno colpito dalla pandemia. Il 1° luglio in totale i nuovi casi sono stati 432.066, solo 42.340 dei quali in Africa; i decessi complessivi sono stati 8.314, 788 dei quali in Africa. Anche il giorno precedente, il 30 giugno, si sono registrati in totale 397.222 nuovi casi, 37.357 dei quali in Africa, e 8.776 morti, 759 dei quali in Africa.

In realtà, se si confrontano le situazioni dei vari continenti, si scopre che quello in condizioni peggiori, di gran lunga più dell’Africa, è il Sudamerica sul quale, inspiegabilmente, l’Oms invece non ha mai richiamato l’attenzione per lanciare appelli e sollecitare interventi. Eppure nei 15 stati del subcontinente, su una popolazione di 434 milioni pari a meno di un terzo di quella africana, i casi alla data del 1° luglio erano avevano superato i 33 milioni e i morti erano 520.189. Quel giorno sono stati individuati 126.062 nuovi casi e si sono registrati 3.458 decessi; il giorno precedente i nuovi casi erano stati 108.376 e i morti 3.941. C’è da aggiungere che oltre tutto in Sudamerica il Covid-19 si è assommato, con effetti devastanti, a una delle peggiori crisi umanitarie del pianeta: quella dei 5,4 milioni di profughi in fuga dal Venezuela, già per la maggior parte in condizioni gravi e spesso disperate e in gran parte residenti in uno stato sudamericano. 

Tornando all’Africa, l’enfasi dell’Oms sulla crisi provocata dalla pandemia, il susseguirsi di appelli pressanti, accompagnati da continui rimproveri di egoismo e noncuranza ai paesi ricchi, sono serviti a giustificare richieste esorbitanti di aiuti finanziari. La Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa nel marzo del 2020, in previsione di una crisi umanitaria senza precedenti, d’accordo con i ministri delle finanze africani aveva sottoscritto una richiesta di aiuti economici immediati “per fornire una risposta al Covid-19 in grado di mitigare l’impatto negativo sulla società e sulle economie africane”: subito almeno 100 miliardi per rispondere alla crisi sanitaria e sociale e altri 100 miliardi per contenere le emergenze economiche. 

Però l’Oms doveva sapere che tutte le risorse e la buona volontà del mondo non sarebbero bastate a impedire una tragedia, se davvero il coronavirus avesse prodotto gli effetti temuti. Non c’era modo di riuscire in tempo a rimediare all’enorme inadeguatezza dei servizi sanitari nazionali, già ovunque carenti in tempi normali e del tutto incapaci di affrontare un’epidemia di proporzioni continentali, suscettibile, secondo le previsioni, di colpire centinaia di milioni di persone, forse la quasi totalità della popolazione. In tutto il continente mancano medici, paramedici, strutture e presidi sanitari. La Liberia, ad esempio, ha quattro medici ogni 100.000 abitanti, la Repubblica Centrafricana ne ha sette, lo Zimbabwe ne ha 19. Con 91, uno degli stati con più medici è il Sudafrica, all’inizio della pandemia l’unico insieme al Senegal dotato di un centro analisi in grado di esaminare i tamponi. Mancanza di infrastrutture, instabilità, insicurezza, conflitti armati, oltre ai sistemi sanitari carenti, sono ulteriori problemi insieme a ben altre, ancora più preoccupanti, emergenze sanitarie.  

È per gli stessi motivi che la campagna di vaccinazioni va a rilento al punto che alcuni paesi sono costretti a distruggere dei vaccini scaduti prima di poter essere usati o andati a male per cattiva conservazione. Ma l’Oms, lamentando il fatto che solo circa 15 milioni di africani, 1,2 per cento della popolazione, finora è stata immunizzata del tutto con due dosi di vaccino, denuncia una grave carenza di dosi, accusando i paesi ricchi di aver fatto incetta di vaccini e di non essersi mobilitati per fornire all’Africa dosi sufficienti.