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LA STRATEGIA

Addio governo, i 5 match point in mano a Salvini

Salvini ha in mano una golden share irripetibile per chiudere l'esperienza di governo, andare al voto e salire a Palazzo Chigi. Per almeno cinque ragioni: caos migranti, Forza Italia non più determinante, toghe "appiedate" dallo scandalo Csm, inconsistenza del Pd e una calma finanziaria che renderebbe impossibile giustificare un governo tecnico. 

Politica 09_07_2019

Il pendolo della possibile crisi di governo oscilla costantemente tra il si e il no, in base agli umori e alle esternazioni dei leader politici dei due partiti di governo. Impossibile fare previsioni attendibili. Si naviga a vista, perché i tatticismi e i calcoli elettorali fanno premio, sia nelle strategie leghiste che in quelle dei Cinque Stelle, su qualsivoglia valutazione di ragionevolezza e utilità generale.

Tuttavia è indubbio che Matteo Salvini abbia oggi in mano la golden share e per tanti versi si comporti già come premier designato. Pur essendo ufficialmente Ministro dell’Interno, in quanto vicepremier pretende di gestire tutti i dossier più scottanti che passano da Palazzo Chigi, forte del consenso che gli elettori gli hanno tributato alle elezioni europee di un mese e mezzo fa.

La domanda più ricorrente tra gli addetti ai lavori, ma anche tra la gente comune, è quando il Capitano deciderà di rovesciare il tavolo e di andare all’incasso anche in Italia provocando quelle elezioni anticipate che certamente vincerebbe a mani basse.

Un sondaggio di qualche giorno fa dell’istituto di Antonio Noto accredita il centrodestra unito di oltre il 50% dei consensi, con la Lega al 38%, Fratelli d’Italia all’8% e Forza Italia al 6,5%. Dunque si starebbe compiendo il sorpasso del partito di Giorgia Meloni nei confronti di quello di Silvio Berlusconi, ormai sulla via della liquefazione.

Il Pd si consolida al 22,6% ed è saldamente e stabilmente secondo partito, mentre i Cinque Stelle continuano a perdere e scivolano al 17,2%. Queste sarebbero le intenzioni di voto degli italiani.

La tentazione di Matteo Salvini potrebbe dunque essere quella di cercare l’incidente in Parlamento o nel dialogo eternamente conflittuale con i Cinque Stelle, per provocare la fine anticipata della legislatura.

Ci sono almeno cinque ragioni di politica interna che dovrebbero indurre Matteo Salvini a scegliere questa strada. Gli converrebbe e potrebbe governare senza intoppi nella prossima legislatura guidando il Paese da Palazzo Chigi e non più dal Viminale. Ma la finestra temporale per arrivare allo scioglimento repentino delle Camere e alle elezioni politiche l’ultima settimana di settembre si chiude il 20 luglio. Se il leader del Carroccio non rompe entro quella data con i pentastellati, ben difficilmente potrà ottenere il voto anticipato nel 2019. La presentazione della manovra finanziaria in autunno risulterebbe problematica senza un Parlamento e senza un governo e quindi, anche in caso di crisi a settembre-ottobre, si voterebbe comunque a inizio 2020. Ma è ora che Salvini ha il vento in poppa e deve capitalizzare i consensi. Questo pensano con insistenza i suoi seguaci, soprattutto al nord.

La prima delle cinque ragioni per le quali al Ministro dell’Interno conviene far saltare il banco e andare al voto al più presto è il caos migranti, che gioca a suo favore. Per tutta l’estate, c’è da scommetterlo, si susseguiranno tentativi di sbarchi di migranti sulle nostre coste e la linea dura dell’esecutivo, anche grazie al decreto sicurezza bis, sta dando i suoi frutti e sta rafforzando la leadership salviniana. Una campagna elettorale incentrata sulla difesa dei confini potrebbe rivelarsi assai redditizia per la Lega.

La seconda ragione è che Silvio Berlusconi non è più determinante. Per conquistare il premio di maggioranza alla Camera a Matteo Salvini basterebbero i voti del partito di Giorgia Meloni, ai quali peraltro si aggiungerebbero quasi certamente quelli di gran parte di Forza Italia, considerato il gran lavoro che il governatore della Liguria, Giovanni Toti sta facendo per sostenere il disegno salviniano. Se quindi Salvini non ha voglia di tornare a unire i suoi destini a quelli dell’ultraottantenne Cavaliere, può tranquillamente non farlo. Non è necessario neppure numericamente.

La terza ragione è che uno dei possibili nemici di Salvini, cioè la magistratura, non se la passa bene, dopo lo scandalo Csm e le divisioni tra le diverse correnti delle toghe. Una eventuale offensiva anti-Lega di qualche procura potrebbe produrre il classico effetto-boomerang e portare altra acqua al mulino del Carroccio.

La quarta ragione è l’inconsistenza delle opposizioni e l’impossibilità che nascano altre maggioranze in questa legislatura. I gruppi parlamentari del Pd sono dominati dai renziani, profondamente contrari ad un governo con i Cinque Stelle. Peraltro lo stesso Nicola Zingaretti non vede l’ora di tornare al voto per riempire di suoi uomini fidati le pattuglie piddine di Camera e Senato.

Quinta e ultima motivazione forte che potrebbe indurre Salvini a forzare la mano con i Cinque Stelle è la ritrovata calma sui mercati finanziari (spread abbondantemente sotto i 200 punti), che si somma alla mancata procedura di infrazione europea nei riguardi dell’Italia. Quand’anche il Quirinale volesse evitare lo scioglimento delle Camere a luglio e volesse puntare a un governo tecnico, ben difficilmente potrebbe addurre motivazioni di necessità e urgenza come quelle del 2011, quando Mario Monti fu chiamato da Giorgio Napolitano per “salvare l’Italia dal fallimento”. Se Mattarella, per non accontentare Salvini, decidesse di esplorare altre strade per dar vita a un nuovo governo in questa legislatura, finirebbe per fare il gioco del leader del Carroccio, che a quel punto potrebbe gridare alla congiura contro la volontà popolare.

Appare peraltro remota la possibilità che il governo Conte vada avanti con i voti di Fratelli d’Italia in sostituzione di quelli dei Cinque Stelle ortodossi. Non converrebbe né alla Lega né ai Cinque Stelle consolidare la leadership dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi, che è stato comunque scelto dal movimento di Grillo.

Ecco perché ben difficilmente a Matteo Salvini ricapiterà una congiuntura così favorevole. Sfruttarla ora potrebbe voler dire assicurarsi un futuro da premier di centrodestra per cinque anni, con la possibilità di realizzare per intero il suo programma elettorale, senza compromessi con i Cinque Stelle, neppure sull’autonomia, tema cruciale per il futuro assetto del nostro Paese.