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IL SEMINARIO

AC, svolta omosessualista: i frutti della scelta religiosa

Azione Cattolica apre ai “cammini con giovani omosessuali" sposando l'agenda omoeretica che si sta imponendo coi gesuiti Piva e Martin e Fumagalli. Ma non c'è da stupirsi: il seminario è stato benedetto da Gaynews e qualcosa vorrà pur dire. Ad esempio che questo è uno dei frutti della scelta religiosa che ha creato una frattura tra vita e fede.

Ecclesia 17_11_2019

Si dice che i vertici di Azione Cattolica abbiano masticato amaro per un articolo dell’edizione on line del Giornale che sparava il titolo sulla “svolta dei giovani cattolici: i rapporti omosessuali non sono tabù”. L’articolo faceva riferimento al seminario “A cuore scalzo, sui temi della sessualità, che si concluderà oggi a Roma al quale hanno partecipato 200 giovani.

A scatenare le “ire” dei responsabili del movimento l’accostamento tra uno degli incontri previsti chiamato “In cammino con i giovani omosessuali” e tenuto dal gesuita Padre Pino Piva e un virgolettato estrapolato dalla presentazione dell’evento e inserito nell’articolo come se si trattasse di un giudizio sulle unioni omosessuali. Questo: “Nella consapevolezza che questi temi non debbano essere vissuti come tabù ma piuttosto spazi di dialogo, confronto e accompagnamento, per i giovani e tra i giovani”. Che vuol dire tutto e non vuol dire niente, ma accostato anche a tematiche omoerotiche non è del tutto peregrino l’accostamento. Al seminario era presente come relatore anche don Aristide Fumagalli, anch'egli molto favorevole a una lettura omosessualista come spiegato molto bene da Stefano Fontana qui.

Purtroppo per Ac però, la stessa lettura, lo stesso messaggio di sdoganamento, è quello che contemporaneamente aveva dato il sito Gaynews.it: “I giovani di Azione Cattolica a confronto su affettività, sessualità e omosessualità senza tabù”. Nell’articolo poi, padre Piva veniva presentato come “il James Martin italiano”, anch’egli gesuita, ricevuto recentemente dal Papa, e che sta portando avanti una vera e propria campagna di indottrinamento pastorale per sdoganare le pratiche omoerotiche e difendere una via cattolica dell’omosessualità. Ovviamente, l’accostamento di Padre Piva a James Martin non è casuale, anzi, diciamo che ha una sua ragione d’essere visto l’impegno pubblico che il religioso porta avanti per la cosiddetta Pastorale Lgbt

Avvenire ha cercato di imbellettare l'iniziativa con una carrellata di istantanee, parlando soprattutto della sessualità nei giovani. Iniziando da un titolo agghiacciante: “Perché o casti o superficiali?” che, usando un po' di logica, lascia intendere che la via maestra debba essere una strada che non contempli né castità e né superficialità, entrambe evidentemente dei disvalori. Sul secondo siamo d'accordo, ma sul primo? 

Poi si prosegue con domande di facile presa: “Per avere un rapporto matrimoniale è necessario dover aspettare e perché?”. Purtroppo l'articolo non fornisce la risposta, eppure non è difficile. Chissà perchè? Però qualche cosa manca, e lo si comprende dopo aver letto la colata di piombo del giornale dei vescovi in cui emergono perle che neanche la sessuologa Merope Generosa avrebbe partorito, tipo: “La sfida è tutta qui, spiegare che cuore e corpo devono viaggiare sempre connessi”. Cosa manca? Ad esempio il matrimonio, ad esempio la genitorialità. Robetta da nulla visto che si parla di sessualità. Però ci si occupa di ridare di nuovo il palcoscenico a padre Pino Piva che, parlando appunto dei giovani omosessuali invita a «integrare sempre più la dimensione sessuale nella propria personalità, crescendo nella qualità delle relazioni e camminando verso il dono di sé». Della serie: fatelo, ma donatevi (gulp!). 

Guarda caso queste "pastorali" non contemplano mai l’esperienza di Courage che è l’unico apostolato di preghiera in linea con il Magistero e la dottrina rivolto alle persone con attrazione verso persone dello stesso sesso. Per forza: Courage, infatti, nasce dalle direttive della lettera dell’allora prefetto della Fede Joseph Ratzinger del 1986 nella quale si parlava di “castità” e di “amicizia disinteressata”, non certo di vivere l’omosessualità come una semplice variante della sessualità, cosa che non è, ma che purtroppo si sta cercando di imporre, introducendosi nel tessuto cattolico.

E che stavolta si è cercato di fare con Azione Cattolica, la quale, inserendo il tema dell’omosessualità nel panel degli incontri e affidandolo a Piva del quale sono note le visioni aperturiste in contrasto con la tradizione della Chiesa, ha chiaramente portato a termine il suo compito lanciato anni orsono con la svolta religiosa, anche recentemente difesa: oggi il mondo vuole imporre un’ideologia omossessualista e da molto tempo, anche nella Chiesa, si sta forzando la porta per farla entrare: la lettera di Ratzinger, scritta 33 anni fa!, preconizzava proprio questo, ma ad Ac questo non interessa.

Interessa però dare spazio a chi vorrebbe cancellare dal Catechismo la definizione di “disordine” applicata alla tendenza omosessuale e di “peccato gravemente contrario alla castità” applicato alla pratica omosessuale. Scommettiamo che di questo non si è parlato, perché nel diktat obbligato del “discernimento” del nuovo corso, queste definizioni devono scomparire. O essere combattute.

In fondo però non c'è da stupirsi. L’opzione religiosa scelta da AC anni orsono nel rinunciare alla militanza, alla presenza nella realtà per “dedicarsi” alla “formazione spirituale”, come se la formazione religiosa potesse essere separata dalla formazione integrale della persona, ha dato i suoi frutti: una separazione tra vita e fede che oggi si vede nell’accettare le ideologie del mondo, come appunto è l’omosessualismo. Il quale agisce da dittatura, attraverso il politicamente corretto e l’imposizione di linguaggi e stilemi comportamentali e comunicativi. Piegare la testa di fronte a questa dittatura nascosta, per Ac che subì la soppressione ad opera del Fascismo, è forse l’aspetto più grave su cui qualcuno dovrebbe riflettere.