Abusi sui minori, in Francia paga Barbarin
Il cardinale arcivescovo di Lione è stato condannato a sei mesi di detenzione con la condizionale per la mancata denuncia delle aggressioni sessuali su minori compiute da padre Bernard Preynat. Malgrado il suo caso nel 2016 fosse stato archiviato per l'insussistenza delle accuse.
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Un'altra tegola si abbatte sulla Chiesa sul fronte dello scandalo abusi: il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, è stato condannato a sei mesi di detenzione con la condizionale per la mancata denuncia delle aggressioni sessuali su minori compiute tra il 1986 e il 1996 da padre Bernard Preynat. La sentenza è stata pronunciata ieri dal tribunale della città francese e arriva nonostante la procura, in sede di requisitoria, non avesse richiesto alcuna condanna.
La causa era stata intentata dall'associazione "La Parole Libérée" che, dopo la prima archiviazione del 2016 per gli stessi fatti contestati, aveva fatto ricorso alla procedura della citazione diretta a giudizio prevista dall'ordinamento francese. Così, il cardinale era finito di nuovo sul banco degli imputati insieme ad altri cinque responsabili dell'arcidiocesi che, invece, ieri sono stati assolti.
La difesa dell'arcivescovo ha annunciato di voler presentare appello alla sentenza emessa ieri. Dal canto suo, Barbarin ha fatto sapere che rimetterà il suo incarico episcopale nelle mani del Santo Padre. L'iter giudiziario che ha coinvolto il cardinale francese è stato lungo e tortuoso. All'epoca degli abusi commessi da padre Preynat, il prelato non era ancora alla guida della diocesi. Divenuto arcivescovo di Lione nel 2002, era stato proprio Barbarin il primo a prendere provvedimenti contro il religioso: nel 2015, dopo essere entrato in contatto per la prima volta con una vittima di un abuso avvenuto 24 anni prima, il porporato si era consultato con la Congregazione per la Dottrina della fede e aveva deciso la sospensione ecclesiale di padre Preynat. Si trattava di fatti, aveva spiegato l'arcivescovo in un'intervista, per i quali non era mai stata presentata alcuna denuncia prima di allora. Le violenze del prete pedofilo, pur avvenute tra gli anni '80 e '90, erano emerse pubblicamente soltanto tra il 2014 ed il 2015 quando Alexandre Dussot-Hezez, una delle vittime, aveva scritto una lettera a Barbarin e presentato, successivamente, una denuncia al tribunale civile contro Preynat.
Nel febbraio del 2016, la causa intentata dall’associazione “La Parole libérée” aveva portato all'apertura di una prima inchiesta preliminare da parte della procura di Lione per “mancata denuncia di crimine” ed “esposizione di terzi a rischio”. Quest'indagine si era conclusa, però, nell'agosto dello stesso anno con un'archiviazione in assenza di atti penalmente perseguibili, ravvisabili nella condotta del cardinale. I giudici avevano creduto alle dichiarazioni di Barbarin che, durante un'audizione di ben 10 ore in procura, si era difeso ribadendo di aver appreso delle violenze soltanto nel 2014 grazie alla lettera di Dussot-Hezez. L'archiviazione dell'inchiesta, però, non aveva messo fine alla forte campagna mediatica "colpevolista". Ad animarla, persino dei sacerdoti promotori di una petizione online per chiedere le dimissioni dell'arcivescovo di Lione.
Il cardinale, grande oppositore della legge Taubira, che legalizzava il "matrimonio" e l'adozione per le coppie omosessuali e più volte protagonista nelle piazze della Manif Pour Tous, è ormai costretto da anni a frequentare le aule dei tribunali francesi e si è abituato ad essere nel mirino degli attacchi mediatici più anticlericali. Quella relativa al caso Preynat non è stata l'unica indagine con cui ha avuto a che fare Barbarin: sempre nel 2016, infatti, il porporato è stato accusato di "mancata denuncia, messa in pericolo della vita altrui e istigazione al suicidio" a seguito di una denuncia presentata da un alto funzionario del Ministero degli Interni. Quest'ultimo aveva raccontato di aver subito abusi in giovane età da padre Jérôme Billioud, un sacerdote di Lione. I fatti, avvenuti nel 1990 e nel 1993, sarebbero avvenuti anche in questo caso prima che Barbarin assumesse la guida della diocesi.
Nella denuncia, però, il funzionario aveva sostenuto di aver svelato le violenze al cardinale nel 2009 senza che questi fosse intervenuto. Il clamore della notizia spinse addirittura l'allora premier francese Manuel Valls a intervenire nel dibattito, chiedendo all'arcivescovo di Lione di assumersi le sue responsabilità, senza attendere l'esito del procedimento. Sentitosi sotto attacco, l'alto prelato aveva rivendicato la sua totale estraneità alla copertura di pedofili, dichiarando: "Sono vescovo da diciassette anni, sono venuto due volte a conoscenza di fatti di questo tipo da persone che sono venute da me a denunciarli. È successo nel 2006 e nel 2014. La polizia stessa in quelle occasioni mi ha detto; 'Non si può dire che non abbia agito immediatamente'. La domenica successiva non celebravano Messa in parrocchia e sono tuttora sospesi dal ministero".
Nel silenzio dei politici intervenuti sull'apertura dell'indagine, nel dicembre dello stesso anno era arrivata l'archiviazione da parte della magistratura perché "non (...) riscontrata alcuna infrazione penale da parte dell’interessato". Nulla a che vedere con la risonanza che è stata data alla notizia della sentenza di condanna pronunciata ieri dal tribunale di Lione e che potrebbe portare presto alle dimissioni di Barbarin.