Aborto legale o niente fondi: i Dem USA ricattano la Sierra Leone
Ascolta la versione audio dell'articolo
Un alto funzionario americano denuncia che il governo degli Stati Uniti sta facendo pressioni sulla Sierra Leone perché approvi una legge pro aborto, pena la mancata erogazione di aiuti. L'ente interessato nega, ma non sarebbe il primo ricatto simile. La fretta del presidente Maada Bio.
L'amministrazione Biden, anche in quest’ultimo stralcio di tempo in cui è in carica, sta facendo pressioni sui Paesi africani, in particolare sulla Sierra Leone, per far approvare un disegno di legge pro aborto. Questo è quanto emerge dalle dichiarazioni di lunedì 16 dicembre di un alto funzionario americano al Daily Signal, il portale web di notizie della Heritage Foundation. La Millennium Challenge Corporation (MCC), un ente per i finanziamenti internazionali gestito dal governo statunitense, starebbe minacciando di trattenere centinaia di milioni di dollari di donazioni per l'assistenza nel Paese, se la legge sull'aborto non venisse approvata prima della fine dell’anno. L’amministratrice delegata della MCC, Alice Albright (figlia dell'ex segretario di Stato degli Stati Uniti, Madeleine Albright), ha firmato un accordo con il ministro delle finanze della Sierra Leone, Sheku Bangura, a fine settembre: un accordo-capestro in cui si prevede che il Paese riceva 480 milioni di dollari in assistenza estera, a condizione che rispetti i «rigorosi standard di buona governance, lotta alla corruzione e rispetto dei diritti democratici» della MCC.
In realtà, dietro al linguaggio generico e impeccabile, si nascondono obblighi e ricatti sulla liberalizzazione dell’aborto, anche se la MCC ha negato, in una dichiarazione rilasciata a Fox News Digital martedì 17 dicembre, qualsiasi suo tentativo di influenzare le politiche sull'aborto della Sierra Leone. «La Millennium Challenge Corporation non è a conoscenza di alcuna legislazione sull'aborto in Sierra Leone… Qualsiasi legislazione del genere sarebbe una questione interna per la Sierra Leone e nessun fondo per lo sviluppo del governo degli Stati Uniti sarebbe subordinato alla sua approvazione», ha affermato l'organizzazione, mentre l'ufficio del segretario di Stato Antony Blinken, che presiede il consiglio di amministrazione della MCC, non ha rilasciato alcun commento sulla vicenda. Tuttavia, diversi filmati sulle proteste dei manifestanti pro vita in Sierra Leone, durante il dibattito parlamentare d’urgenza per l’approvazione della liberalizzazione dell’aborto nel Paese, sembrano testimoniare una incomprensibile fretta.
I pro life del Paese sostengono che il presidente della Repubblica, Julius Maada Bio, abbia sostituito il suo procuratore generale la scorsa settimana perché il funzionario si era rifiutato di promuovere la legge sull'aborto in parlamento. Bio ha successivamente nominato Alpha Sesay come nuovo procuratore generale. Ex dipendente dell'USAID e collaboratore dal 2011 di Open Society Foundations, Sesay non ha perso tempo e ha sostenuto la nuova legge sull'aborto sui social media. Secondo il noto deputato cattolico del Congresso statunitense, Chris Smith, «è profondamente inquietante, ma non troppo sorprendente, che stiamo ricevendo notizie secondo cui l'amministrazione Biden sta minacciando di sospendere gli aiuti esteri alla Sierra Leone a meno che i legislatori locali non approvino la legge ingannevolmente chiamata “Safe Motherhood Act”, che legalizzerebbe l'aborto in Sierra Leone, un Paese che attualmente protegge la vita dei nascituri». Il presidente Maada Bio dal 2022 sostiene tutte le proposte di depenalizzazione dell’aborto nel Paese, l’ultima delle quali approvata all’unanimità dall’intero governo, in tutta fretta, lo scorso 13 agosto. La Sierra Leone ha una legge risalente al 1861 che consente l’aborto quando la vita, la salute fisica e mentale della madre sono in pericolo.
Nel 2015, la legge sull’aborto “sicuro” era stata approvata in parlamento, ma l’allora presidente, Ernest Bai Koroma, si era rifiutato di attuarla. Il nuovo disegno di legge – sulla “maternità sicura” e la “salute riproduttiva” – andrà ora al parlamento per l’approvazione. Lo stesso Chris Smith ha più volte accusato l'amministrazione Biden di aver «dirottato e stravolto i fondi» di un programma dell'era Bush che forniva aiuti all'Africa contro l'Aids, utilizzando i finanziamenti per promuovere progetti a favore dell'aborto nel continente africano. Il programma in questione è il “Piano di emergenza del presidente degli Stati Uniti per la lotta all'Aids” (PEPFAR), promosso nel 2003 dal presidente George W. Bush con un investimento di oltre 100 miliardi di dollari nella lotta all'Aids in tutto il mondo, e ha salvato 25 milioni di vite ed evitato milioni di infezioni.
Tuttavia, secondo Chris Smith, oltre all’uso ricattatorio dei fondi di USAID affidati all’abortista e promotrice dell’ideologia Lgbt, Samantha Power, «il presidente Biden ha dirottato il PEPFAR, il programma di aiuti esteri da 6 miliardi di dollari all'anno progettato per mitigare l'HIV/AIDS in molti Paesi presi di mira, per lo più africani, al fine di promuovere l'aborto libero». In particolare, il deputato cattolico repubblicano ha sottolineato come due gruppi, cioè Population Services International e Village Reach, abbiano ricevuto rispettivamente 96,5 milioni di dollari e 10,1 milioni di dollari negli ultimi anni dal PEPFAR, solo per promuovere l'aborto.
Il timore, tutt’altro che infondato, è quello di un’ulteriore accelerazione da parte dell’amministrazione Biden nel ricattare i Paesi africani (e latinoamericani) sulla liberalizzazione dell’aborto, l’educazione Lgbt e contraccettiva, prima del giuramento di Donald Trump. Invece, serve la razionalizzazione e finalizzazione dei programmi di aiuto esteri, secondo i valori cristiani, nel rispetto dell’autonomia dei singoli Stati.
No all’aborto nei fondi anti-Aids, l’Africa avverte Biden & Co.
Una lettera sottoscritta da 130 leader africani e rivolta al Congresso degli USA chiede che il programma di aiuti per il soccorso contro l’Aids (Pepfar) non sia inquinato dalla promozione di pratiche contro la vita e la famiglia, aborto incluso. Un bell’esempio di resistenza.