Aborto: i Comboniani abbandonano le donne africane
La rivista dei missionari lamenta che in Africa siano troppo pochi gli Stati in cui c'è il diritto di abortire. Missionari o radicali?
I Comboniani vogliono la legalizzazione dell’aborto in Africa e sono dalla parte di chi mobilita i cittadini africani per indurre i loro governi ad introdurre l’interruzione della gravidanza legale e pagata dallo Stato. L’ultimo numero di Nigrizia, la rivista dei Comboniani, pubblica l’articolo Aborti clandestini in Africa, un’emergenza silenziosa, di Arianna Baldi, che loda e appoggia Eunice Brookman-Amissah, pioniera dei diritti riproduttivi delle donne, premiata con il Right Livelihood Award 2023 per avere aperto la strada «alla liberalizzazione delle leggi sull’aborto e al miglioramento dell’accesso sicuro ad esso».
Nigrizia lamenta che in Africa siano ancora pochi gli Stati che prevedono per le donne il diritto di abortire. Questo induce molte donne a rivolgersi alla clandestinità, con il rischio delle malattie. Non si tratta di ideologia – spiega Nigrizia – ma di sicurezza sanitaria e di impedire che molte donne, costrette ad abortire nella clandestinità, entrino in reti di strozzinaggio. In molte zone l’aborto è ancora un tabu per le culture locali. Secondo Nigrizia non si tratta solo di riforme legislative, ma soprattutto di cultura. Serve una nuova educazione sessuale diffusa.
Sono gli stessi discorsi che si facevano da noi da parte dei Radicali e dei gruppi ideologizzati che premevano per l’aborto sicuro e gratuito. Solo che ora a farlo sono i missionari comboniani. Sono le stesse istanze delle grandi Fondazioni americane che promuovono l’aborto in Africa. Sono gli stessi obiettivi degli organismi internazionali che hanno istituito la Giornata mondiale dell’aborto sicuro. I Comboniani sono stati sempre dalla parte delle culture indigene contro le imposizioni delle culture occidentali, ma non quando quelle culture considerano l’aborto una cosa ingiusta, in questo caso essi prendono le parti dei poteri occidentali.