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CATTOLICI

Aborto, cosa ci insegna la Spagna. Parola di vescovo

«L'opzione del male minore può essere accolta da un cristiano solo in forma circostanziale e transitoria, senza cadere nella tentazione di farne la sua parola d'ordine». Così scrive monsignor Josè Ignacio Munilla, vescovo di San Sebastian, dopo il ritiro del progetto di legge che limitava il diritto all'aborto.

Ecclesia 01_10_2014
Il vescovo Josè Ignacio Munilla

«L'opzione del male minore può essere accolta da un cristiano solo in forma circostanziale e transitoria, senza cadere nella tentazione di farne la sua parola d'ordine». Così scrive monsignor Josè Ignacio Munilla, vescovo di San Sebastian, per ricordare a tutti i politici, quelli spagnoli in particolare, «che per la via del male minore si arriva alla fine al maggior male». L'articolo, intitolato “Voce dei senza voce”, si riferisce alla questione del ritiro del progetto di legge che avrebbe dovuto mettere paletti alla pratica dell'aborto procurato. Ne sarebbe nata una legge comunque ingiusta, ma che avrebbe segnato una sconfitta per gli abortisti. Non se ne farà nulla però, perché il premier spagnolo Rajoy ha dichiarato che «non c'è sufficiente consenso» per portarlo avanti, e così la Spagna rimane ferma alla legge Zapatero. Non ci voleva particolare fiuto politico per sapere che di consenso ce ne sarebbe stato poco, bisognava mettere in campo il coraggio. 

«Sappiamo», scrive monsignor Munilla, «che vi sono partiti politici più sensibili a certi valori etici, mentre altri hanno valori di riferimento diversi. Ma quando è in gioco il diritto di vivere, non siamo di fronte ad una questione tra le altre. Siamo di fronte a quel diritto su cui si basano tutti gli altri». Una riflessione pacifica, per chiunque tenga in seria considerazione la dignità di ogni persona umana, ma ormai non più compresa. In Occidente viviamo dentro quel grande partito radicale di massa profetizzato dal filosofo Augusto Del Noce. Le differenze ideologiche reali tra i partiti politici sono irrilevanti, «dal momento che tutti», scrive il vescovo spagnolo, «hanno assunto i valori del capitalismo, del relativismo e dell'ideologia di genere. Il pensiero politicamente corretto dei nostri giorni si caratterizza per essere teoricamente marxista, praticamente liberale e psicologicamente freudiano». Eccolo qua il grande partito radicale di massa, definito nelle sue linee essenziali.

Monsignor Munilla allora si pone le solite domande. È coerente che i cattolici si integrino in partiti che nei loro programmi accolgono proposte diametralmente opposte ai valori evangelici? Possono i cattolici votare per partiti politici che sono in questa situazione, sulla base del principio del “male minore”? Ovvio che no, ma è inutile negarlo, i credenti oggi hanno un bel problema di fronte all'arco parlamentare. Vale per la Spagna, vale per l'Italia e vale, purtroppo, sotto molte latitudini. Alcuni esempi di casa nostra. Il “cattolico” Renzi procede, più o meno celermente, ad approvare leggi che sono in aperto contrasto con la dottrina della Chiesa (ad esempio, unioni civili e divorzio breve). Mentre i partiti di centro-destra, dopo aver pescato per anni nell'elettorato “cattolico”, coltivano dentro di sé gruppi, per nulla minoritari, che sono promotori delle stesse battaglie. Insomma, per chi volesse incarnare i principi della dottrina sociale della Chiesa, politici ed elettori, il terreno è quasi impraticabile.

Ma sarebbe troppo facile scaricare tutto addosso ai politici “cattolici”, perché in fondo anche il laicato “impegnato” e l'associazionismo latitano. Un esempio per tutti viene dalla “Carta del coraggio”, la road map redatta dai ragazzi che hanno partecipato al recente raduno nazionale dell'Agesci, il principale movimento scout cattolico italiano. In questo documento vi sono passaggi attinenti ai “nuovi diritti” che cedono apertamente al politicamente corretto e, perfino, chiedono alla Chiesa di aggiornarsi. Ma vi sono anche altri movimenti ecclesiali che sul tema dei “nuovi diritti” sembrano ondeggiare pericolosamente. Chi presterà la sua voce a chi non ha voce?, si chiede monsignor Munilla. La domanda non è retorica, ma reale. I vescovi hanno il compito di illuminare le coscienze, i (pochi) politici cattolici di fare tutto il possibile per negare il male e affermare il bene. E dentro il laicato “impegnato”, dove si formano le nuove generazioni, non si educhi ad aprire falle. Altrimenti questo assordante silenzio continuerà a far rumore.