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DIRITTI E LIBERTÀ

Abbiamo fatto pace con il Nobel

Premiate tre donne autentiche. Finalmente una decisione equa, ragionata, persino controcorrente
nel senso migliore del termine.

Attualità 07_10_2011
Ellen Johnson Sirleaf

 

Il Premio Nobel per la Pace 2011 è stato assegnato a tre donne: Ellen Johnson Sirleaf [nella foto], presidente della Liberia, Leymah Roberta Gbowee, sua connazionale, e Tawakkul Karman, yemenita.

Il comitato per il Nobel ha inteso così dare un riconoscimento al crescente ruolo svolto dalle donne in favore della pace, con mezzi non violenti. Lo ha fatto con criterio, scegliendo tre persone che da anni sono impegnate per una pace necessariamente coniugata con libertà e giustizia, buon governo e tutela dei diritti umani e che hanno già conseguito dei risultati concreti, importanti. La decisione del comitato appare tanto più opportuna, inoltre, in quanto enormi sfide ancora attendono le tre donne premiate e i loro paesi.

Ellen Johnson Sirleaf, economista, madre di quattro figli è la prima donna nella storia africana eletta capo di stato. Il suo successo elettorale è dipeso in misura rilevante dal fatto di essere riuscita a conquistare la fiducia della popolazione liberiana superando il fattore etnico. Ad assicurarle la vittoria hanno contribuito decine di migliaia di donne che, con una campagna porta a porta, presentandosi all’uscio di ogni capanna anche in villaggi remoti e altrimenti inaccessibili a causa delle pessime condizioni della rete stradale e ferroviaria e della mancanza di mezzi di comunicazione, ne hanno illustrato meriti e programma convincendo la maggioranza degli elettori a votarla.

Dal 2005 Ellen Johnson Sirleaf tenta di risanare il suo Paese ridotto letteralmente in macerie da due guerre civili, l’ultima delle quali si è conclusa nel 2003. Ha meritato il soprannome di “lady di ferro” per la decisione con cui sta svolgendo il proprio mandato. All’indomani del giuramento da presidente aveva spiegato di voler realizzare un esecutivo inclusivo accogliendo esponenti dei partiti sconfitti purché dotati di tre requisiti fondamentali: competenza, onestà, rispetto dei diritti umani. Alcune settimane dopo si era fatta portare al ministero delle finanze dove aveva annunciato il licenziamento di tutto il personale con facoltà degli ex dipendenti di riproporsi per l’assunzione anche il giorno successivo stesso, purché con un curriculum adeguato per competenze e titoli e immacolato, vale a dire senza segnalazione di episodi anche minimi di corruzione e clientelismo. Non era che l’inizio di una serie di indagini sullo stato e la conduzione di tutte le agenzie governative e le compagnie pubbliche.

Tra pochi giorni la Liberia andrà al voto e Ellen Johnson Sirleaf saprà se ha meritato la fiducia dei propri connazionali oltre che un premio internazionale tra i più ambiti.

Leymah Roberta Gbowee, madre di sei figli, ha contribuito alla fine della guerra civile, e in seguito alla elezione di Ellen Johnson Sirleaf, con il suo Women of Liberia Mass Action for Peace, un movimento nato raccogliendo in preghiera, per la pace, donne cristiane e islamiche in un mercato del pesce della capitale liberiana, Monrovia. Vestite di bianco durante le loro manifestazioni, le donne del movimento, rapidamente cresciuto fino a contare migliaia di componenti, sono divenute poi una influente forza politica capace di ottenere che si avviassero i primi colloqui di pace dopo anni di conflitto civile. In un loro appello all’allora presidente liberiano Charles Taylor si legge: noi donne «siamo sempre state in silenzio in passato, ma adesso, dopo essere state uccise, violentate, disumanizzate e infettate da malattie, assistendo alla distruzione dei nostri figli e delle nostre famiglie, la guerra ci ha insegnato che il futuro dipende dal dire "no" alla violenza e ‘si’ alla pace. Non ci fermeremo finché la pace non trionferà».

La terza donna premiata è Tawakkul Karman, tre figli, presidente del movimento Women Journalists Without Chains da lei fondato nel 2005 per promuovere i diritti umani, in particolare la libertà di opinione e di espressione. Ha organizzato manifestazioni di protesta ogni martedì, a partire dal 2007 ed è è uno dei protagonisti della rivolta tuttora in atto, e duramente repressa, contro il pluridecennale regime del presidente dello Yemen, Ali Abdullah Saleh. È stata lei a organizzare, sull’esempio delle proteste in Tunisia ed Egitto, il "giorno della collera" del 3 febbraio scorso e a lei si deve in gran parte la mobilitazione degli studenti della capitale Sanah. Mentre combatte contro gli abusi e la corruzione del proprio governo, Tawakkul Karman mostra la stessa determinazione a difendere il proprio paese dalla minaccia della violenza integralista: «l’azione politica non violenta dei giovani è la sola arma contro il terrorismo. Noi rifiutiamo i movimenti estremisti, i gruppi come al Qaeda perché non hanno altro obiettivo che il sangue. Se la nostra rivoluzione avrà successo, tutto il mondo allora sarà più sicuro»