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VERTICE NATO

A Varsavia si palesa la nuova guerra fredda

Il vertice Nato di Varsavia, nei due giorni scorsi, ha sancito definitivamente il nuovo orientamento dell’Alleanza: l’avversario principale è la Russia. E la missione è soprattutto quella tradizionale, quella per cui si era formata la Nato nel 1949: proteggere il fianco Est.

Esteri 10_07_2016
Stoltenberg (segretario generale Nato) e Barack Obama

Il vertice Nato di Varsavia, nei due giorni scorsi, ha sancito definitivamente il nuovo orientamento dell’Alleanza: l’avversario principale è la Russia. E la missione è soprattutto quella tradizionale, quella per cui si era formata la Nato nel 1949: proteggere il fianco Est con truppe schierate in modo permanente sul territorio più esposto alla Russia. Gli altri teatri di crisi, cioè il Mediterraneo e la minaccia dell’Isis, hanno ricevuto un’attenzione solo secondaria. La militarizzazione del confronto Est-Ovest comporta, dunque, l’inizio di una nuova guerra fredda.

Il luogo scelto dalle autorità polacche come teatro del summit ha già, di per sé, un forte significato simbolico. Lo stadio nazionale di Varsavia è infatti il luogo in cui i sovietici fermarono la loro travolgente avanzata nell’agosto del 1944, senza altro apparente motivo che lasciar massacrare dai nazisti la popolazione polacca insorta. Fu una delle più grandi infamie di Stalin, deliberatamente compiuta per occupare una Polonia distrutta, privata ormai della sua classe dirigente e della sua resistenza armata. Il governo conservatore polacco ha fatto giungere i capi di Stato e di governo e i ministri degli alleati proprio su quel terreno a mo’ di memento, affinché non si ripetano più aggressioni dal vicino orientale. Le sensibilità sono cambiate però e questo vale soprattutto per Barack Obama, che già dal 2009 ha dimostrato di non farsi commuovere dalle memorie europee della Seconda Guerra Mondiale. Allora, infatti, aveva scelto proprio l’anniversario dell’invasione sovietica della Polonia per annunciare l’annullamento del piano della difesa anti-missile nel paese. Venerdì, a margine del primo giorno del vertice, il presidente americano ha avvertito Varsavia che non sono graditi strappi alla Costituzione che possano mettere in discussione le regole democratiche. E si riferiva, in particolar modo, il rinnovo arbitrario della Corte Costituzionale, voluto dal partito conservatore PiS, subito dopo la sua affermazione elettorale.

Occhi puntati anche sull’altro grande “strappo” politico europeo: quello del Regno Unito all’indomani del voto referendario sulla Brexit. Il vertice Nato ha costituito la prima occasione in cui gli Usa e la maggioranza dei Paesi Ue che fanno parte dell’Alleanza, hanno potuto discuterne apertamente seduti attorno allo stesso tavolo. A giudicare dal tenore del dialogo e dalle decisioni che sono seguite, la Brexit non comporta alcuna conseguenza sulla sicurezza comune. La Nato esce intatta dalla rottura interna all’Ue ed è stato ribadito, da tutti i membri, che le due istituzioni sono ben distinte l’una dall’altra. Il terzo problema che tutti si attendevano era quello tedesco. Il ministro degli Esteri Frank Walter Steinmeier, proprio all’indomani delle manovre Nato Anakonda-16, in territorio polacco, aveva espresso tutto il suo disappunto per l’atteggiamento “guerrafondaio” della Nato nei confronti della Russia, invitando al dialogo con Mosca e ad evitare ogni ulteriore escalation.

Giunti attorno al tavolo di Varsavia, tuttavia, questi problemi sono stati superati, molto più facilmente di quanto ci si aspettasse. I polacchi hanno ottenuto la presenza di truppe americane sul proprio suolo, più numerose ancora di quelle richieste inizialmente. Non solo gli Stati Uniti schiereranno nel paese un battaglione, parte del corpo di spedizione per il Baltico, ma anche un’intera brigata corazzata a partire dal 2017: 8.400 uomini con armi e mezzi pesanti. Al di là della scaramuccia sulla democrazia polacca, i governi di Washington e Varsavia hanno dimostrato piena sintonia sul modo di percepire la minaccia russa. “Dobbiamo rifuggire da ogni illusione sulla cooperazione pragmatica con la Russia, almeno finché Mosca continuerà ad invadere i suoi vicini”, ha dichiarato, senza mezzi termini, Witold Waszczykowski, ministro degli Esteri polacco. A dargli man forte è stato Ben Rhodes, vice-consigliere della sicurezza nazionale negli Usa: “Ciò che stiamo dimostrando è che, se la Russia continuerà a mantenere questo suo comportamento aggressivo, noi risponderemo e vi sarà una più massiccia presenza di forze nell’Europa orientale”. Si attendeva una reazione dalla Germania, viste le critiche espresse pochi giorni fa da Steinmeier. Ma dai vertici di Berlino non è arrivato alcun segnale di dissenso. Anzi: la Germania sarà fra le prime nazioni Nato a partecipare, con proprie truppe, al nuovo schieramento nel Baltico. Nel corso del summit, le critiche più frequenti sono semmai giunte dalla Francia. E’ il presidente François Hollande che ha insistito a considerare la Russia “non come una minaccia, ma come un partner”. La sua è risultata una linea minoritaria che non ha prevalso.

Tank polacco nelle manovre Anakonda

Alla fine, quel che conta, è la decisione di mandare nel Baltico quattro battaglioni multinazionali, pronti a intervenire immediatamente in caso di guerra ibrida o di aggressione russa: i britannici saranno in Estonia, i canadesi in Lettonia, i tedeschi in Lituania e gli americani, appunto, in Polonia. Si tratta di battaglioni rinforzati da un loro apparato logistico autonomo, una loro forza di ricognizione e una difesa aerea. Anche l'Italia, come dichiara il premier Matteo Renzi, contribuirà alla difesa del fianco Est con un contingente di 150 uomini. Da sole, queste forze multinazionali non sarebbero sufficienti a respingere un’eventuale offensiva corazzata, ma al massimo a rallentarla fino all'arrivo, previsto in 72 ore, della Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), un corpo di spedizione multinazionale formato da 5000 uomini, tutte truppe d'élite. A sua volta la VJTF serve solo a rallentare un'offensiva nemica fino all'arrivo della Nato Response Force, forte di 40mila uomini. Siamo ancora ben lontani dagli standard e dai numeri della vecchia guerra fredda. Più che altro si tratterebbe di un deterrente: essendo già sul posto, i nuovi battaglioni segnalano ai russi l’intenzione della Nato di rimanere compatta e pronta all’intervento al fianco dei suoi alleati baltici. 

Scarsa l’attenzione sugli altri teatri di crisi, come si accennava prima. Sarà costituito un centro di addestramento in Tunisia, per cooperare con le forze speciali locali. Viene rinnovato l’impegno in Afghanistan, la guerra più lunga. Accantonata da un pezzo l'idea del ritiro (che doveva compiersi nel 2014), i contingenti Nato restano a sostenere il governo di Kabul. Rimane anche il corpo di spedizione italiano, rinforzato dopo il disimpegno degli spagnoli. Su questo fronte, "L’Italia è un punto di riferimento forte, significativo - dichiara Matteo Renzi a margine del vertice - Lo è in Afghanistan, dove ci viene chiesto di confermare il nostro impegno. Noi siamo d’accordo e disponibili". E per quanto riguarda l’Isis? La Nato invierà sui cieli Iraq e Siria i suoi aerei-radar Awacs, per coordinare le missioni aeree (e monitorare i russi). Alle forze combattenti penserà la Coalizione costituita ad hoc.

Il vertice di Varsavia era stato definito, già prima che iniziasse, come quello più importante dal 1989. Un parallelo molto suggestivo: nel 1989 finì la vecchia guerra fredda, nel 2016 inizia quella nuova. E’ corretto dirlo? Ufficialmente tutti lo negano. Anche il premier italiano ha tenuto a precisare che "l’idea di utilizzare espressioni come 'guerra fredda' è fuori dalla realtà" e che "abbiamo bisogno di rispetto e dialogo per rendere sicuro il nostro pianeta". "La guerra fredda e' storia e deve rimanere tale - dichiara anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, aggiungendo che - La Russia non può e non deve essere isolata, perché ha un ruolo importante dentro e fuori l'Europa". A dire il vero, però, il nuovo confronto Est-Ovest, dopo le avvisaglie del 2008 (guerra in Georgia), è iniziato già nel 2014, con l’annessione russa della Crimea. Da allora in avanti è stato tutto un susseguirsi di sanzioni e contro-sanzioni, provocazioni militari e duri confronti politici, in Europa così come in Siria, fino a giungere al massimo della tensione (finora registrata) con l’abbattimento di un cacciabombardiere russo da parte di un F-16 turco nel novembre del 2015. Già dal 2014 il presidente russo Vladimir Putin riteneva la Nato il principale avversario della Russia, concetto che ha ribadito nella sua nuova dottrina strategica nel 2015. Con il summit di ieri, la Nato ha accettato la sfida anche ufficialmente: il nuovo schieramento nel Baltico è lì a dimostrare che il pericolo viene da Est, non da altre direzioni.