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FROCIAGGINE

A qualcuno nella CEI piace il seminarista gay

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Intervenendo sulla ormai famosa uscita del Papa su preti e omosessualità, il vicepresidente dei vescovi italiani, mons. Savino, attribuisce a Bergoglio l'ok ai gay in seminario. Ma fonti della Bussola lo smentiscono. Evidentemente alla CEI c'è chi spinge per cambiare le norme della Chiesa.
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Editoriali 30_05_2024 English
Monsignor Francesco Savino

Mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all'Jonio e vicepresidente per l'Italia meridionale della Conferenza Episcopale Italiana, non poteva essere più chiaro: ricostruendo il contesto dell'ormai famosa risposta di papa Francesco relativa alla troppa “frociaggine” presente tra il clero, mons. Savino ci spiega che il Papa, secondo lui, «da grande educatore, stava parlando della formazione dei candidati al sacerdozio. Ed era preoccupato della felicità del futuro prete, che sia omosessuale o eterosessuale» (corsivi nostri). Così nell'intervista di ieri al Corriere della Sera.

Il vescovo di Cassano all'Jonio ribadisce il concetto in risposta alla domanda di Gian Guido Vecchi, la cui memoria gli suggeriva che in realtà, per la Chiesa, un candidato al sacerdozio con “semplice” tendenza omosessuale non può affatto proseguire il periodo di formazione per gli Ordini sacri. «Ma no. Non c'è un “no” a priori – ha incalzato Savino -. La sua [del Papa] vera preoccupazione è la serenità di tutti. Il Papa voleva dire che i candidati, sia omo che etero, devono essere capaci di vivere bene le loro promesse rispetto all'obbedienza, alla povertà e alla castità».

Con buona pace di monsignore, dobbiamo dar ragione alla memoria di Vecchi: il documento di riferimento continua infatti ad essere l'Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica del 2005, i cui passaggi principali sull'argomento sono stati ripresi ai nn. 199-200 della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, approvata da papa Francesco nel 2016. Secondo tali criteri, la Chiesa «non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay». Inoltre, qualora ci si trovasse di fronte ad un candidato le cui tendenze omosessuali «fossero solo l'espressione di un problema transitorio, come, ad esempio, quello di un'adolescenza non ancora compiuta, esse devono comunque essere chiaramente superate almeno tre anni prima dell'Ordinazione diaconale».

Dunque, anche nel caso di tendenza transitoria, essa deve comunque essere risolta per un tempo congruo prima dell'ammissione al diaconato. Pertanto, per la Chiesa non si tratta affatto di avere «candidati omo o etero» sereni, di modo che vi possano essere futuri preti omosessuali o eterosessuali felici. L'errore di mons. Savino risulta pertanto molto grave su un punto di estrema importanza per la formazione dei futuri presbiteri. Ma ancora più serio appare il suo travisamento delle parole del Papa, il quale, invece, secondo nostre fonti, presenti all'incontro, ha inteso chiudere definitivamente la questione, facendo presente l'impossibilità dell'ammissione agli ordini sacri di un candidato anche solo con tendenza omosessuale.
Spiegando tra l'altro che anche coloro che riescono a contenersi, trovandosi nelle difficoltà e nel peso del ministero, facilmente potrebbero essere portati a cedere a questa tendenza. Mons. Savino andrebbe perciò rimosso seduta stante dal suo incarico di vicepresidente della CEI.

Il problema però è più ampio della fuorviante interpretazione delle parole di papa Francesco. Gian Guido Vecchi ha infatti reso noto che «ad Assisi, in novembre, voi vescovi italiani avete approvato un testo nel quale si distingueva, in sostanza, tra “inclinazione” e “atti”, nel senso che non si chiudeva all’ingresso di un omosessuale in quanto tale ma solo di una persona che non riuscisse a mantenere l’impegno alla castità». Il riferimento è alla Ratio nationalis formationis sacerdotalis per i seminari in Italia, approvata il 16 novembre 2023 dai vescovi italiani, riuniti in occasione della 78ma Assemblea Generale. Il giornalista domanda se l'esternazione del Papa non fosse per caso rivolta proprio contro questa distinzione, che chiaramente andrebbe nella direzione di poter portare all'ordinazione candidati omosessuali. Ma mons. Savino rassicura che mai e poi mai Francesco avrebbe fatto «un discorso omofobo», guardandosi bene dallo smentire quanto affermato da Vecchi.

E invece, sempre secondo nostri fonti, pare proprio che il Papa abbia voluto tagliare nettamente anche su questa distinzione. Secondo l'interessante ricostruzione dei fatti proposta da MiL, la Ratio della CEI risulterebbe “parcheggiata” al Dicastero presieduto dal cardinale You Heung-sik, in attesa di approvazione. Approvazione che però sarebbe resa problematica proprio dal fatto che, secondo i vescovi italiani, candidati con tendenza omosessuale non radicata, ma comunque non risolta, potrebbero comunque essere ordinati, contrariamente a quanto disposto sia nell'Istruzione del 2005, che nella Ratio del 2016.

A noi risulta però che l'Assemblea della CEI del novembre scorso avrebbe votato un emendamento, proposto da un vescovo, che conteneva norme per il discernimento relativo ai candidati con tendenza omosessuale, tema importantissimo, ma curiosamente assente dal testo base. L'emendamento sarebbe stato abbastanza equilibrato e più in linea con i documenti della Chiesa citati, invitando a monitorare quelle situazioni in cui tale tendenza non risulterebbe particolarmente rilevante. Esattamente l'opposto dell'interpretazione offerta da mons. Savino, che ha lasciato intendere che sia omo che etero possono giungere agli Ordini sacri; l'importante è che siano casti.

Dalla vicende emerge piuttosto chiaramente che in seno ai vescovi italiani non siano pochi quelli che lavorano per creare una breccia nella normativa e per cercare di portare avanti candidati omosessuali “moderati”, dal momento che nel testo base della Ratio si è cercato di sorvolare la questione, ed ora che l'emendamento è stato votato, prima ancora dell'approvazione del Dicastero del Clero, di darne un'interpretazione permissiva. Approfittando tra l'altro, in modo piuttosto meschino, dell'uscita volgare del Papa, per far dire a Francesco l'esatto opposto di quello che egli ha inteso dire, tra l'altro in modo piuttosto netto. E meno male che mons. Savino ha iniziato l'intervista dicendo di non riuscire a capire «il fraintendimento, le letture unilaterali e fuorvianti».

 



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