A Parigi non per l'ambiente ma contro il benessere
Si apre a Parigi la sagra degli imbecilli, degli sprovveduti, dei marpioni e delle teste scariche qualunquiste: la Cop21. Basata su presupposti falsi, falsificati o male intesi. Che con l’ambiente non c’entrano, se non l’uso che ne vien fatto come grimaldello per scassinare (e scassare) il sistema economico vigente.
Si apre a Parigi la sagra degli imbecilli, degli sprovveduti, dei marpioni e delle teste scariche qualunquiste: la Cop21. Basata su presupposti falsi, falsificati o male intesi, Cop21 ha come obiettivo quello di vincolare gli Stati a impegni che riducano la quantità di emissioni, soprattutto di Co2, a zero per il 2100; intende operare comprimendo per ora, ed eliminando in futuro, l’uso di combustibili fossili, dai quali derivano gran parte delle emissioni che si intende eliminare e dell’energia che consumiamo; il tutto aiutando lo sviluppo dei Paesi poveri e riducendo consumi e spese dei Paesi ricchi.
Si tratta, è chiaro, di obiettivi che con l’ambiente non c’entrano. Vengono perseguiti obiettivi economici anche legittimi, ma che di connessione con l’ambiente non hanno nulla se non l’uso che ne vien fatto come grimaldello per scassinare (e scassare) il sistema economico vigente. Parliamoci chiaro, l’assetto mondiale dell’economia non è un fulgido esempio di ordinamento volto al bene comune: ma resta comunque indiscusso che è proprio questo tipo di struttura che ha determinato un aumento spettacolare della popolazione; il forte innalzamento della sua età media, il considerevole calo della povertà e della fame: il tutto in presenza di quell’aumento dei consumi che imbecilli e mascalzoni additano come il male assoluto, sotto lo slogan beota della “decrescita felice”.
Si tratta quindi di un sistema non da smantellare, ma da mettere a punto e da perfezionare: la libera circolazione delle merci è ben lungi dall’essere realizzata; l’accesso a talune risorse naturali non avviene solo su basi economiche, ma utilizzandole per condizionare il quadro politico; esistono ancora molti limiti al commercio che devono essere eliminati, e di conseguenza non è garantito quel regime di concorrenza che consentirebbe un ulteriore innalzamento delle condizioni medie di vita; la democrazia presente nel mondo è molto, molto insufficiente. E ci saranno, sicuramente ci saranno, ancora molti punti sui quali intervenire: ma muoversi sull’ambiente, in questa situazione, non ha senso comune.
A meno che…, a meno che non si vogliano usare i problemi ambientali come un grimaldello per modificare regole e prassi dell’economia internazionale. Sarebbe un disegno inaccettabile, ma intelligente; scorretto, ma intelligente; truffaldino, ma intelligente. Una porzione non insignificante degli attivisti politici e ideologici del mondo d’oggi sono nati e cresciuti in un contesto nel quale si consideravano esecranda bestemmia i concetti di libertà economica e di impresa privata; e soprattutto l’idea che qualcosa o qualcuno – anche uno Stato – potesse muoversi senza rispondere agli ordini di un responsabile centrale, che tutto vedeva e per tutto provvedeva “nell’interesse del popolo”.
Per questi talponi, che non sono mai riusciti ad aprire gli occhi alla luce della libertà, gli eventi succedutisi dagli Anni ’80 in poi sono stati motivo di grande disappunto e di acerbo dolore: vedere crollare su se stesso, solo per impulso di un prete polacco, di un attore di Hollywood e di una casalinga inglese, tutta la costruzione messa in piedi da operai, “intellettuali” (che si può opportunamente tradurre in “quadri di partito privi di autonomia intellettuale”) e utili idioti in settanta faticosissimi anni di lacrime, sudore e sangue è stata la disillusione della loro vita.
Ma costoro sono come la vecchia guardia, che muore ma non si arrende; non si sono fatti uccidere, ma hanno gettato il cuore sulla causa ambientalista, avendo individuato nell’ambiente il tema globale in nome del quale si sarebbe potuto prima richiedere, poi pretendere, infine realizzare, quel governo globale al quale tutti gli Stati devono obbedire, che era stato l‘obiettivo finale fallito dai politici e dagli ideologi sovietici. L’aspirazione di questi rottami della storia sarebbe quella di gettare a Parigi le fondamenta per realizzare il loro disegno. Io credo che non ci riusciranno, come non ci sono riusciti nelle altre Cop fin qui tenute: troppe sono le divergenze, sopratutto materiali, che contrappongono i blocchi di interesse. E se Dio vorrà, per l’eterogenesi dei fini, tutto andrà bene: lo scontro tra interessi particolari condurrà verso il bene comune.