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Il caso

A Monfalcone una lista di soli stranieri: è rischio apartheid

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In vista delle elezioni amministrative del 13-14 aprile nel comune del Friuli-Venezia Giulia, fa discutere l’annuncio di Bou Konate, senegalese e musulmano, che intende presentarsi con una lista di soli stranieri. Segno di un’integrazione fallita, primo possibile passo verso una sorta di apartheid.

Politica 11_03_2025
Bou Konate (ImagoEconomica)

Monfalcone, 30 mila abitanti, città del Friuli-Venezia Giulia, va al voto il 13-14 aprile per sostituire il sindaco Anna Maria Cisint diventata parlamentare europea nel 2024. Da qualche giorno un cittadino di origine straniera, Bou Konate, senegalese, in passato ex assessore ai lavori pubblici, ha annunciato che intende candidarsi alla carica di sindaco e presentarsi con una lista composta da soli stranieri.

Di Monfalcone si è parlato più volte di recente. Circa un terzo della popolazione è straniera, in gran parte musulmana. Tre quarti delle donne straniere circolano indossando l’hijab o il niqab (due versioni del velo islamico, una che copre il capo, l’altra che nasconde anche il volto, salvo gli occhi). È lì che prima cinque, poi quattro e adesso tre studentesse vanno a scuola indossando il niqab, cosa che fa comprensibilmente discutere, per motivi di sicurezza prima che per altre ragioni, perché il niqab rende impossibile riconoscere chi lo indossa. Per questo ogni mattina prima di entrare in classe una professoressa le porta in un’aula e, alla sua sola presenza, le ragazzine si tolgono per un momento il velo per essere identificate. Preoccupazione suscita poi, sempre per ovvi motivi di sicurezza, la presenza in città di due moschee abusive, non formalmente riconosciute. Proprio questi centri islamici, secondo i servizi di intelligence, spesso ospitano gli imam che predicano l’islam integralista e cercano reclute al jihad, la “guerra santa”.

La notizia della candidatura di Konate e soprattutto della sua intenzione di formare una lista di soli stranieri sta facendo discutere. Tra chi milita a sinistra molti sono contrari perché ritengono che toglierà voti alle liste di sinistra e favorirà quindi la vittoria della destra. Altri pensano invece che sia un bene: “così non accuseranno le liste di centrosinistra di cercare i voti dalla comunità bengalese o comunque dai musulmani”.

L’ex sindaco Anna Maria Cisint, che milita nella Lega, fa da portavoce dei tanti monfalconesi autoctoni che temono la candidatura a sindaco di Konate ritenendola il primo atto di un progetto della comunità musulmana che mira ad assumere il potere: come minimo, se non peggio, per far sì che i fedeli possano seguire, anche quando contrastano con le leggi e la morale italiane, le prescrizioni della shari’a, la sacra legge dell’islam. Su entrambi i fronti c’è chi conosce Bou Konate come una brava persona, preparata, moderata e non vede niente di male, anzi giudica un buon segno di integrazione il fatto che voglia partecipare attivamente alla vita sociale e politica della città. All’opposto altri, sempre sui due fronti, vedono nella decisione di presentare una lista di soli stranieri, forse tutti musulmani, il segno evidente, certo, di una integrazione fallita, respinta o negata che sia. Sono loro ad avere ragione.

Una lista elettorale di soli stranieri, forse, è il primo passo verso la conquista del potere. Di sicuro è il risultato di una mancata integrazione, il primo passo verso una sorta di sistema di apartheid che istituzionalizzerebbe uno “sviluppo separato” su base etnica e religiosa: una tendenza già in atto, evidente nel modo di vestire e di mangiare, di frequentarsi, nella scelta dei quartieri in cui abitare, nel rifiuto o almeno nella minore importanza data da molti stranieri a imparare bene la lingua italiana. Nemmeno più nel Sudafrica dell’apartheid si formano liste elettorali e partiti composti da soli neri, bianchi e coloured. Persino nel partito Alleanza Democratica (DA), fondato e un tempo composto solo da bianchi, militano dei neri e vi ricoprono alte cariche. Che succeda in Italia porta a, o presuppone, un regime di “sviluppo separato” riconosciuto e accettato.

Una lista elettorale che discrimina, escludendola, una parte degli italiani – tutti quelli autoctoni – dovrebbe essere illegale. Se per questo o per altri motivi Bou Konate decidesse o fosse costretto a rinunciare al suo progetto, sarebbe comunque necessario affrontare molto seriamente il problema che l’idea di una lista di soli stranieri ha evidenziato, quello dell’integrazione. Condizione necessaria dell’integrazione è che gli stranieri residenti in Italia entrino nel mercato del lavoro e, lavorando, siano autonomi e indipendenti. Ma evidentemente non basta perché Konate è in Italia da tanti anni con la sua famiglia, ha un buon lavoro ed è disposto a ricoprire cariche pubbliche, ha uno status sociale ed economico invidiabile e che nessuno gli contesta. Bisogna capire quindi che cosa lo induce a pensare, lui e chissà quanti altri, che gli stranieri, i musulmani costituiscono una comunità a parte che solo altri come loro possono rappresentare.

In Italia risiedono più di cinque milioni di stranieri, i musulmani sono quasi due milioni, per lo più immigrati. La maggior parte di loro continuerà a vivere con noi. Molti sono già cittadini italiani e molti altri lo diventeranno. I musulmani radicalizzati sono relativamente pochi, di più sono quelli che per vari motivi si auto-emarginano e auto-escludono. Negli altri, i Konate, e negli italiani autoctoni è essenziale, per il bene di tutti, smettere di instillare il seme della diffidenza, del risentimento, dell’ostilità, del disprezzo reciproco. L’apartheid è un rischio inaccettabile, insostenibile.