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ANCORA DENUNCE

A Messa siamo a guardie e ladri: grazie al cedimento dei vescovi

Culto sempre sempre più a rischio: a Sulmona Polizia in chiesa su segnalazione anonima, a Torino il sindaco manda gli agenti e a Frascati il vescovo si scusa con l'Arma: «Starò più attento». A Cassano d'Adda restare in chiesa per una preghiera in più può costare carissimo. Mentre a Milano Delpini può invitare in Duomo i politici e a Chieti il vescovo Forte uscirà con la stessa processione costata 400 euro di multa al parroco di Rocca Imperiale: l'anarchia "questurile" rivela la dannosità della circolare del Viminale e i frutti fallimentari della sottomissione vescovile. 

Ecclesia 07_04_2020
Foto d'archivio

Messa & Polizia, storie di ordinaria follia della nuova serie “Anarchia questurile”. E anche domenica superlavoro per preti e per carabinieri. Tutti insieme in chiesa a giocare a Guardia & ladri, i primi a celebrare le Palme e i secondi a controllare che non ci fossero trasgressori delle disposizioni governative che limitano il culto ma che il vescovo Bassetti chiama – nientemeno - «atto di generosità».

Le cronache hanno riferito di diversi episodi di Messe interrotte o di sacerdoti multati e in alcuni casi vescovi. Un dato balza all’occhio: le irruzioni delle forze dell’ordine in chiesa dimostrano che il chiarimento del Viminale del 27 marzo scorso e la successiva specificazione sul sito degli Interni non solo non hanno fermato le incursioni in chiesa, ma semmai sono serviti ad aumentarle. E’ il segno che – nonostante ciò che dice il presidente dei vescovi – quello di rinunciare alle Messe e di rendere sempre più proibitivo l’ingresso in chiesa sia una decisione che prim’ancora che dal governo è stata voluta dai vescovi i quali sono i veri promotori della prima e autoprodotta “eclissi sacramentale” di Pasqua della storia della Chiesa.

Nell’ordine.

A Sulmona il parroco don Andrea Accivile era stato scrupolosissimo per la domenica delle Palme: «Avevo tre lettori e un ministrante. In tutto eravamo in cinque», spiega alla Nuova BQ il giorno dopo. Invece al termine della Messa sono stati tutti identificati. Colpa, come è ormai prassi, del solto delatore, che ha telefonato in Municipio denunciando il pericoloso assembramento di appena cinque persone. Così «durante la Messa è entrato un agente – spiega – e ha scattato una foto. Al termine della celebrazione gli agenti della municipale si sono presentati sul sagrato e ci hanno chiesto i documenti». Una volte identificato, il parroco ha provato a spiegare che la presenza di quelle 4 persone era indispensabile per la Messa (la tradizionale lettura del Passio porta via almeno due lettori oltre al celebrante) e soprattutto che la nota-chiarimento dell’Ufficio culto del ministero consentiva il loro ingresso in chiesa.

Niente da fare. I cinque sono stati verbalizzati: «Sono rammaricato, è evidente che si tratta di una situazione che non è normale». E come dargli torto? Quello che però non capiterà a Sulmona e che invece è accaduto a Rocca Imperiale è il pagamento della sanzione. Sembra che la multa da 280 euro non verrà pagata: «Stamattina – prosegue il parroco – il vescovo ha telefonato al comando e la cosa si è risolta. E’ stato dimostrato che eravamo in piena regola».

Per un vescovo che interviene personalmente, all’italiana diciamo, ce n’è un altro che si è dovuto cospargere il capo di cenere per il pericoloso assembramento.

A Frascati il pastore della diocesi aveva pensato di condividere la Messa delle Palme con altre sette presbiteri diocesani in modo da rivolgersi ai fedeli con un unico collegamento. Va da sé che in cattedrale, tra concelebranti, ministranti, diaconi, lettori e cantori il numero dei presenti è lievitato a tal punto da insospettire qualcuno. Quando poi verso la fine della celebrazione, qualche incauto fedele si è introdotto per cercare un ramoscello di ulivo benedetto e sono entrati anche tre operatori della protezione civile incaricati di prendere i sacchi con l’ulivo da portare alla casa protetta e all’ospedale, ecco che, implacabile si è presentato subito il braccio violento della legge, che al termine della celebrazione ha chiesto i documenti al vescovo Raffaello Martinelli.

La notizia si è sparsa in un men che non si dica e i giornali l'hanno pubblicata: vescovo multato per aver celebrato Messa. Il giorno dopo Martinelli è uscito con un comunicato stampa. «Mi dispiace che sia avvenuto questo, e che sia dovuto intervenire personale della Polizia Municipale, dei Carabinieri…che ringrazio e apprezzo per il loro non facile servizio e encomiabile disponibilità, e con i quali, come con gli altri organismi civili e militari preposti a servizio della cittadinanza, è sempre stato mio impegno collaborare e rispettare».

Subito dopo – al telefono con la Nuova BQ – ha continuato a gettare acqua sul fuoco: «Ma quale fastidio? Sono stati rispettosissimi, hanno anche aspettato la fine della Messa, non hanno fatto irruzione – ha detto –. E per quanto riguarda la multa… bè vediamo che succede, vediamo se arriva, vediamo se è stata una violazione o no insomma, io non rimprovero nulla alle forze dell’ordine che ringrazio per il loro compito».

Parole distensive, diciamo. In Cina le userebbero per i programmi di rieducazione.

Chi invece non ha commentato il blitz e attende ora di sapere se gli arriverà una contravvenzione è il parroco di Beinasco (Torino). Don Gigi Coello si era raccomandato: «Non più di sette persone a Messa ad aiutarmi». Senonché – dannate delazioni – qualcuno dalla strada ha sentito canti e voci: «Una Messa! E per giunta cantata!». Così ha telefonato al sindaco Antonella Gualchi la quale – scripsit la Stampa - è andata su tutte le furie. Da lì all’invio della Polizia Municipale il passo è stato breve.

Gli agenti, appostati sul sagrato hanno atteso che uscissero tutte e sette le persone: identificati e multati. L’ammenda resterà o sarà tolta? Chissà, dipenderà dai buoni uffici del vescovo o dalla bravura del parroco se saprà dimostrare che era nella ragione.

Peccato che di ragione in queste dolorose vicende ci sia poco. La nota del Viminale non è servita praticamente a nulla, semmai ha peggiorato la situazione, verrebbe da chiedersi se le forze dell’ordine l’abbiano recepita. Ma è evidente che se un prete domani non saprà se celebrando Messa sarà multato, cosa che a occhio e croce accade appena appena in Cina, la responsabilità somma è proprio dei vescovi.

I quali, non solo hanno letteralmente ceduto su tutta la linea permettendo allo Stato di mettere le mani negli affari di culto e sottomettendosi alle disposizioni, ma il più delle volte sono stati loro stessi fautori di una obbedienza cieca, pronta e assoluta che sta creando imbarazzi e mesti mea culpa indegni di vescovi e sacerdoti.

Peggio è andata ai quei malcapitati fedeli che a Cassano d'Adda sono entrati in chiesa per una preghiera, ma sono stati sopraffatti dall'inizio della Messa. Avrebbero dovuto scappare a gambe levate. Invece - egoisti - non hanno resistito al canto dell'Osanna della domenica delle Palme e sono stati rapiti dalla liturgia. All'uscita, mal gliene incolse: ad attenderli sul sagrato c'era una gazzella dei Carabinieri: verbale e domenica rovinata. 

Per ogni storia di violazione, come in ogni regime che si rispetti, c’è però sempre anche quello che ha – diciamo - un lasciapassare e la fa franca. Due esempi, giusto per dare un’idea: a Milano l’Arcivescovo Delpini domenica ha aperto le porte del Duomo al sindaco Beppe Sala, prefetto e il Governatore Attilio Fontana. «Sono stato invitato in rappresentanza della città alla messa privata del vescovo», gongolava Sala come un quindicenne che entra nel camerino dei suo cantante preferito. Ma da quando alle Messe si partecipa su invito personale? Forse da quando la Messa non è più un affare per il popolo che si dice di voler rappresentare.

Guardando le foto delle celebrazione almeno almeno sette persone (quattro concelebranti e i tre invitati). Più il servizio all'altare. Almeno dieci persone. Quindi, che differenza c’è con la messa di Frascati o quella di Sulmona? Forse il “blasone” dei partecipanti? E perché il sindaco di Giulianova - a differenza di Sala - invece è stato sanzionato? 

E che dire dell’arcivescovo di Chieti-Vasto monsignor Bruno Forte, teologo di fama e soprattutto segretario dell’ultimo Sinodo della Famiglia. Nel corso di un’intervista a VaticanInsider ha dichiarato che Venerdì Santo uscirà da solo in processione con la statua del Cristo morto e la porterà in giro per la città. Lo sa che per lo stesso “reato” il parroco di Rocca Imperiale si è preso 400 euro di multa? O forse, anche in questo caso, saranno decisivi certi buoni uffici da spendere al momento opportuno? Non è che – direbbe Totò – qua si fanno figli e figliastri?