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TRA POLONIA E GUATEMALA

A Duda serve più coraggio pro vita, bene Giammattei

Dopo la sacrosanta sentenza della Corte costituzionale, che vieta l’aborto eugenetico, Duda si è fatto intimorire dalle violenze degli abortisti e ha proposto un compromesso che la Chiesa polacca ha definito “una nuova forma di eutanasia”. Deciso, invece, il presidente guatemalteco Giammattei che ha fatto dimettere il ministro colpevole di un accordo (ora cancellato) con l'Ippf.

Attualità 09_11_2020

Due presidenti eletti la scorsa estate, davanti alla sfida di difendere la vita dal concepimento, sono chiamati a dimostrare coraggio e coerenza. Alejandro Giammattei in Guatemala si dimostra un campione risoluto, Andrzej Duda invece è titubante ma la Chiesa e la Costituzione lo incalzano.

Ricordiamo tutti la decisione sacrosanta della Corte costituzionale polacca dello scorso 22 ottobre, con la quale si è bandito ogni tipo di aborto eugenetico nel Paese, e le proteste dei giorni successivi, lautamente promosse e finanziate dai benefattori dell’umanità abortista. Ebbene, il 2 novembre era attesa la pubblicazione delle modifiche legislative che il Governo è tenuto a fare al più presto, in ottemperanza della sentenza, invece a tutt’oggi ancora nulla. Le proteste, i blocchi stradali, gli assalti alle chiese proseguono nonostante le ferree decisioni dell’esecutivo di vietare ogni assembramento, in ragione dei pericolosi dati di crescita dei contagi da Covid.

Proprio a commento delle indecorose e vandalistiche manifestazioni in guerra contro la Chiesa e contro il Governo, l’ex presidente della Corte costituzionale, Andrzej Rzepliński, giudice allora eletto dalla maggioranza di centrosinistra, nei giorni scorsi ha dichiarato tutto il proprio disgusto, affermando che “gli slogan volgari alle manifestazioni non fanno altro che aggravare il conflitto e portare a un’anarchia della vita”.

Tuttavia, il presidente Duda, così coraggioso e fiero dei valori cristiani in campagna elettorale, nei primissimi giorni di novembre ha voluto mandare segnali di pacificazione ai manifestanti, dicendo che avrebbe lui stesso proposto una modifica legislativa che moderasse le decisioni della Corte, cosa in sé impossibile. L’idea di Duda è quella di permettere gli aborti solo in caso di “serie malformazioni” del nascituro e malattie che porterebbero alla morte del bimbo al momento della nascita.

Fermissime le proteste della Chiesa cattolica, che il 4 novembre ha definito l’idea di Duda come una nuova forma di eutanasia: “La proposta presidenziale sarebbe una nuova forma di eutanasia che seleziona gli individui in base alla possibilità di sopravvivenza. In questo caso, l’aborto eugenetico sarà sottomesso alla nuova regola - con la possibile eccezione dei bambini con la sindrome di Down - e tutto rimarrà allo stesso punto. La difesa della vita umana è una delle priorità dell’attività dei politici cattolici. Non c’è da stupirsi che la Chiesa abbia sostenuto, e sostenga, i loro sforzi, ed è grata a quei parlamentari che hanno intrapreso questo difficile compito”, ha detto monsignor Stanislaw Gądecki, presidente della Conferenza episcopale polacca. Lo stesso giorno, papa Francesco ha sostenuto l’iniziativa promossa dalla Chiesa polacca e dai pro life polacchi di un Rosario globale per la vita del concepito, dando così un segnale poco equivocabile ai politici. Politici che evidentemente hanno poco coraggio e ancora oggi non sono riusciti a trovare nessuna possibile via d’uscita che contempli l’applicazione della sentenza costituzionale contro l’aborto eugenetico.

Dinnanzi a queste titubanze, Gądecki è tornato ad esprimersi anche il 6 novembre, ancora una volta difendendo la sentenza del 22 ottobre della Corte costituzionale. L’arcivescovo ha ribadito che la sentenza conferma il dettato della Costituzione polacca ed è coerente con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: “Il diritto alla vita è un diritto umano fondamentale, la prima legge, che condiziona l’applicazione di tutti gli altri diritti e, in particolare, dimostra l’illegalità di tutte le forme di aborto ed eutanasia”. Al presidente Duda e al Governo ora è chiesto il coraggio di attuare la decisione della Corte costituzionale. Ogni minuto perso non solo non convincerà gli oppositori ad essere più magnanimi con l’attuale esecutivo, ma spingerà molti cattolici e laici a dubitare della serietà di un presidente rieletto solo qualche mese fa, lo scorso 12 luglio.

Ben diversa la pasta mostrata in questi giorni dal presidente del Guatemala, Alejandro Giammattei, eletto lo scorso 11 agosto. Dopo che il ministro della Salute del suo Governo aveva autonomamente e riservatamente autorizzato la multinazionale dell’aborto IPPF (International Planned Parenthood Federation) a stipulare convenzioni con i servizi sanitari nazionali, Giammattei, scopertolo, lo ha fatto dimettere. Infatti, il 3 novembre, il ministro Oliverio García Rodas presentava le sue dimissioni e, contemporaneamente, il presidente lo ringraziava per il suo coraggio di essersi fatto da parte a seguito di un errore grave e inaccettabile, l’aver appunto autorizzato le pratiche omicide di IPPF in Guatemala. “Sono un fiero difensore della vita dal concepimento alla morte naturale, non approverò nel mio governo la creazione, la registrazione o l’implementazione di qualsiasi organizzazione che vada contro la vita. Riconosco la vita fin dal suo concepimento e quindi nel mio governo non tollererò alcun movimento che violi quanto stabilito dalla nostra Costituzione politica”. Fine della discussione.

D’altronde, agli elettori che l’avevano votato nel mese di agosto, era ben chiaro l’impegno di Giammattei a favore della vita e della famiglia naturale e perciò il 60% del Paese lo aveva appoggiato. L’aborto in Guatemala è punibile con multe e pene detentive fino a tre anni ed è autorizzato solo se la vita della madre è in pericolo. Dunque, poche parole e decisioni rapide quelle di Giammattei, che nelle 48 ore successive all’allontanamento del ministro della Salute ha stracciato ogni convenzione con l’IPPF. Infatti, nel pomeriggio del 4 novembre, il ministro degli Interni del suo governo rendeva noto che il contratto/autorizzazione del 7 ottobre con l’IPPF era stato rescisso in via definitiva, perché esso non era in nessun modo nell’interesse del Paese.

Davanti al male e alle sfide cruciali, non si può cincischiare, né immaginare di fare accordi con il Diavolo. Giammattei ha dimostrato il suo coraggio e la sua reale devozione e impegno politico a favore della vita umana, dal concepimento alla morte naturale.