A Cannes va in scena l'impotenza
L'articolo di Marco Giusti su Dagospia rivela un fil rouge nelle trame dei film di successo che hanno partecipato a Cannes: il grigiore dell'impotenza eterosessuale a fronte della sprezzante vitalità lesbo e gay.
(Tratto da Dagospia)
Cannes. Certo che parlare d'impotenza ai critici che dopo dieci giorni di festival si sono giocati la prostata e' un po' crudele, ma e' davvero una ben strana coincidenza che in tanti dei film presentati quest'anno ci siano personaggi impotenti ("Grigris", "Only God Forgives"), palle bruciacchiate (il messicano "Heli"), o tagliate ("Tore Tanze"), anche metaforicamente ("Venus in Furs").
O che gli unici personaggi vitali siano quelli di giovani ragazze, ancora meglio se lesbiche e che i loro amici siano sempre gay. Come se i tra i due mondi, quello maschile e quello femminile, non ci fosse più rapporto.
Perfino nel modestissimo "Zulu", thriller politico ambientato in Sudafrica diretto dal francese Jerome Salle (il regista di "Largo Winch") che chiude stasera Cannes fuori concorso, il capitano di polizia Forest Whitaker si limita a toccare il sedere a pagamento a una ragazza perche' in gioventu' un cane lo ha menomato.
Esattamente come nel demenziale trashione messicano "Eviration - bramosia dei sensi". Cosi' non riesce neanche a avvicinarsi a una bella spogliarellista che gli si propone in totale nudita'. E la cosa lo tormenta al punto che la notte non dorme. Per fortuna ci pensa Orlando Bloom, poliziotto ubriacone e divorziato, a rimettere le cose a posto con le ragazze, ma credo che non si sia visto un poliziesco con protagonista impotente.
Questo non gli impedisce di risolvere un complesso caso che da omicidio di una ragazzina in un orto botanico si allarga a qualcosa di molto più grosso e che vede immischiati nella vicenda varie bande di gangster nere e bianche che si massacrano allegramente. Non mancano teste, lingue e mani mozzate, vecchiette e perpetue trucidate, bambini macellati.
Tratto da un romanzo di Caryl Ferey che Salle ha sceneggiato assieme a Julien Rappeneau, e' una grossa macchina produttiva per il cinema francese, magari funzionera' anche in sala, ma non e' un film da portare a Cannes, e ancor meno da far chiudere un festival.
Intanto sono stati resi noti i vincitori della Quinzaine de Realisateurs. Stravince la commedia francese "Guillaume et les enfants, a table", scritta, diretta e interpretata in un doppio ruolo di figlio e madre da Guillaume Gallienne, che la aveva gia' portata a teatro con successo. Piccolo caso nazionale, e trionfo del genere commedie in un mondo, quello di Cannes, dove non e' molto amata.
Vince il Label Europa Cinemas il film inglese "The Selfish Giant", primo film di fiction della documentarista Clio Barnard, gia' scelto dal Sundance per la distribuzione americana.
Aspettando le prime indiscrezioni sui premi dei concorsi maggiori, molte polemiche sulle pressioni che avrebbe avuto James Gray da parte del produttore e distributore Harvey Weinstein sul montaggio del suo "The Immigrant" e su una certa omologazione dei film in concorso voluta sia dal direttore che dai produttori.
Per il concorso arrivano le prime previsioni. Palma d'oro a "La vie d'Adele" di Kechiche, Grand Prix a "Le passe'" di Farhadi, Premio della Giuria a "Like Father, Like Son" di Kore-Eda, che e' molto piaciuto alla Giuria. Per la Migliore Attrice Femminile le due ragazze di "La vie d'Adele", Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux. Migliore interpete maschile Michael Douglas per "Behind the Candelabras". Probabile pero' che il film di Kechiche non possa vincere sia Palma d'Oro che Miglior Interprete.