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IL CASO

8.000 migranti a Ceuta, alta tensione Spagna-Marocco

Gli 8.000 africani entrati illegalmente a Ceuta sono un record. Il governo spagnolo parla di “disgusto”. Si pensa a una rappresaglia del Marocco per l’accoglienza data dalla Spagna al leader del Fronte Polisario. E intanto l’Ue elogia Sanchez perché i confini spagnoli “sono i confini dell’Unione Europea”. Per l’Italia non vale lo stesso?

Attualità 20_05_2021

In un solo giorno, il 17 maggio, circa 8.000 africani, in gran parte di nazionalità marocchina, sono entrati illegalmente a Ceuta, l’enclave spagnola in Africa che confina con il Marocco. Hanno raggiunto la costa chi a nuoto e camminando nell’acqua bassa, approfittando della bassa marea, chi a bordo di canotti. Hanno aggirato così le alte barriere di rete metallica e filo spinato erette al confine tra l’enclave e il Marocco proprio per impedire l’emigrazione illegale. I filmati li riprendono mentre corrono sulla spiaggia e mostrano il pollice alzato. Almeno 1.500 sono minori, arrivati da soli o con dei famigliari adulti.

Gli africani che vogliono entrare in Europa illegalmente spesso hanno tentato di farlo a Ceuta e a Melilla, l’altra enclave spagnola in Africa confinante con il Marocco, anch’essa protetta da reti metalliche alte diversi metri. Però mai era successo che ci provassero in così tanti contemporaneamente e finora mai così tanti erano riusciti nell’intento. Barriere e controlli da anni scoraggiano gli emigranti e difatti in molti preferiscono la rotta atlantica che porta all’arcipelago delle isole Canarie, una comunità autonoma della Spagna, per poi farsi traghettare sulla terra ferma. Prima del 17 maggio, dall’inizio del 2021erano arrivati in Spagna 416 emigranti illegali via Ceuta e 283 via Melilla. Alle Canarie nello stesso periodo ne sono sbarcati 4.952.

Senza dubbio gli spagnoli sono stati presi di sorpresa a Ceuta, ma soprattutto è stato determinante il fatto che le guardie di frontiera marocchine non sono intervenute come di consueto a fermare gli emigranti sul loro versante. Il giorno successivo diverse centinaia di africani hanno preso d’assalto anche Melilla, ma solo 86 hanno raggiunto il suo molo sud perché, a differenza che a Ceuta, lì la polizia di frontiera marocchina ha aiutato quella spagnola. Il ministro dell’interno spagnolo Fernando Grande-Marlaska ha subito mandato in aiuto alla polizia di frontiera di Ceuta, che già dispone di 1.100 effettivi, altri 200 agenti e 200 militari. Il flusso di emigranti si è quasi fermato nella notte tra il 17 e il 18 maggio. Delle persone si sono viste andarsene spontaneamente, rinunciando alla traversata. Il mattino del 18 maggio si sono attivate anche le forze dell’ordine marocchine. Nella vicina città di Fnideq hanno usato i gas lacrimogeni per disperdere una folla di emigranti ammassati in prossimità delle reti metalliche.

Il primo ministro Pedro Sanchez ha assicurato che l’ordine sarebbe stato presto ristabilito ed è volato a Ceuta e a Melilla per occuparsi personalmente dell’emergenza. Nel frattempo il governo del Marocco ha però richiamato in patria per consultazioni il proprio ambasciatore a Madrid dopo che il ministro degli esteri spagnolo Arancha Gonzalez Laya, che aveva subito preso contatto con le autorità marocchine, ha espresso al diplomatico il proprio “disgusto” per quel che era successo. La convinzione non espressa è che l’eccezionale afflusso di migliaia di emigranti illegali non sia affatto casuale, tanto più se si considera l’inerzia delle forze di sicurezza marocchine che per molte ore non hanno mosso un dito e in generale l’impegno con cui il governo di Rabat, a partire dal 2016, ha ostacolato l’emigrazione illegale degli africani sub-sahariani diretti in Europa passando per la rotta che porta a Ceuta e Melilla.

L’incidente capita infatti in un momento di alta tensione diplomatica tra Spagna e Marocco a causa della decisione di Madrid di permettere l’ingresso nel paese per cure mediche a Brahim Ghali, il leader del Fronte Polisario, il movimento che rivendica l’indipendenza del Sahara Spagnolo annesso dal Marocco nel 1976. Ad aprile Ghali, che ha 74 anni, ha contratto il Covid-19 ed è stato ricoverato nell’ospedale spagnolo di Logroño. Il governo marocchino ha reagito rabbiosamente e ha ammonito che ospitare Ghali, seppure per motivi meramente umanitari come dichiarato dal governo spagnolo, avrebbe portato a conseguenze spiacevoli. Ecco perché quel che è successo il 17 maggio suona come una rappresaglia, anche se il ministro Gonzalez ha affermato di non essere a conoscenza del fatto che il Marocco intenda usare i propri confini con la Spagna per esercitare pressioni politiche su Madrid.

Al di là di come evolveranno i rapporti diplomatici tra i due paesi, due cose meritano di essere evidenziate: il comportamento della Spagna in questa vicenda e la reazione dell’Unione Europea. Come altre volte, il governo spagnolo si è attivato senza indugio e con determinazione per procedere al rimpatrio degli immigrati, salvo i 1.500 minori che verranno trattenuti in attesa di verificare se possono ricevere adeguata accoglienza al ritorno in patria. Il 18 maggio già circa metà degli adulti erano stati riportati in Marocco.

Quanto all’Unione Europea, il primo ministro Sanchez ha ricevuto espressioni di pieno sostegno e solidarietà. Il commissario europeo per gli affari interni Ylva Johansson ha definito “senza precedenti” e “preoccupante” il numero degli arrivi a Ceuta, tanto più considerando che “molti di loro sono bambini”. Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel in un tweet ha detto: “I confini della Spagna sono i confini dell’Unione Europea”. Ben detto, se valesse anche per l’Italia.