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25 aprile, la religione che si può celebrare

Quest’anno la Festa della liberazione avrà un tratto particolare: sarà celebrata in un momento di divieto delle celebrazioni religiose. Si riuniranno almeno una quindicina di persone, lo stesso numero che non poteva stare alla Messa di don Lino. La religione cristiana è sostituita da quella civile, il surrogato che serve al potere.

Editoriali 24_04_2020

Quest’anno il 25 aprile avrà una connotazione particolare: sarà celebrato in un momento di divieto delle celebrazioni (religiose). Nelle piazze e nelle sale comunali si riuniranno almeno una quindicina di persone a debita distanza e dotati di mascherina, ma quella stessa quindicina di persone non poteva stare alla Messa di don Lino (clicca qui), pur mantenendo anche qui la distanza e adottando le mascherine. La contrapposizione dei due quadri, il pieno delle celebrazioni in comune e il vuoto delle celebrazioni nelle chiese, balza agli occhi e colpisce: la religione civile sostituisce la religione cristiana.

In molti luoghi d’Italia si stanno preparando celebrazioni solo virtuali della Festa della liberazione, ma in molti altri rimangono le celebrazioni reali. A Cremona, per esempio, sono programmate cerimonie in carne e ossa, naturalmente “tenendo conto di quanto previsto dalla normativa vigente, evitando assembramenti e nel rispetto delle distanze di sicurezza”.  E vuoi che tra sindaco, qualche assessore, il presidente del Consiglio comunale, i rappresentanti delle associazioni partigiane, qualche giornalista e qualche operatore TV non si raggiungano le 15 persone?

Anche trascurando i programmi con la presenza fisica, ugualmente emerge con grande evidenza l’intento ‘liturgico’ di questo 25 aprile, che contrasta in modo evidente con il sottodimensionamento delle celebrazioni religiose: discorsi, percorsi virtuali, testimonianze, gonfaloni e l’intonazione del canto “Bella ciao!”, l’inno nazionale della sinistra ideologica, quello stesso che veniva intonato sui balconi nei giorni di punta del coronavirus come inno di lotta contro il nuovo nemico, paragonato al nazifascismo (nazifascismo che però all’inizio della pandemia costoro attribuivano a chi voleva chiudere le porte alla Cina per proteggerci dal contagio).

Quella del 25 aprile è sempre stata una religione civile e quest’anno sembra esserlo ancora di più: con le Chiese chiuse e i fedeli che seguono la Messa in salotto, lo spazio pubblico (anche se in parte virtuale) è tutto per quella festa: il giorno del Signore sparisce. Non ci sono concorrenti. Negli anni scorsi il sindaco sulla pedana in piazza pontificava di uguaglianza, giustizia e democrazia, ma c’erano anche i fedeli che entravano e uscivano dalla chiesa parrocchiale, dove il prete parlava di carità e salvezza. Quest’anno il 25 aprile è a senso unico: l’unica liturgia religiosa pubblica rimasta.

La religione civile è un surrogato della religione cristiana creato dal potere politico per riempire lo spazio vuoto lasciato dalla lotta che lo stesso potere politico fa alla religione cristiana: come fare una buca e poi riempirla di qualcos’altro che assomigli ma non sia. Il potere sa bene che i cittadini hanno bisogno di credere di essere uniti da qualcosa di più del potere. Ha bisogno che i cittadini “credano” e siano “uomini di fede”, perché nessuno accetterebbe di essere sottomesso al potere solo per essere sottomesso al potere. Il potere è capace di imporsi ma non di giustificarsi.

La storia è lunga: illuministi, positivisti e massoni volevano una “religione dell’umanità”; anarchici, socialisti e comunisti ebbero i loro dogmi, i loro martiri e i loro paradisi; durante la dittatura comunista in Russia nelle casupole dei contadini c’era la venerata immagine di Stalin con il lumino acceso; lo Stato italiano appena costituito volle creare la religione civile materialista ed atea di Ardigò e di Carducci e nel Ventennio si insegnava nelle scuole “mistica fascista”.

C’è il 25 aprile della storia, della guerra civile, delle violenze, comprese quelle che hanno prodotto il “sangue dei vinti”, della pietas cristiana… il 25 aprile ancora sconosciuto e tenuto alla larga dalle cattedre scolastiche, il 25 aprile della vulgata ufficiale che gli storici subito accusati di revisionismo in fondo non nono mai riusciti a far emergere nella coscienza nazionale, oltre i libri e i convegni.   

Filosoficamente credo che spetti ad Augusto Del Noce il merito di aver chiarito l’ideologia del 25 aprile, da lui denominata ideologia della resistenza. Fu una geniale invenzione del Partito Comunista Italiano per accreditare se stesso come democratico, quando ancora era legato a filo doppio con il Cominform. Ideologia che regge tuttora, quando il Partito Comunista è diventato Partito Democratico, cambiandosi la casacca del comunismo con quella della società radicale, post-naturale e irreligiosa. L’ideologia della resistenza è un’ideologia di parte, che la cultura del comunismo italiano è riuscita a far diventare nazionale.

Un’edizione particolare, quindi, quella del 25 aprile di quest’anno. Il vuoto delle chiese cede il proscenio alla religione civile non nuova della resistenza. In questo modo però ne svela anche la pretesa eccessiva: una religione civile che non può essere di tutti è una religione civile zoppa.