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LA GRANDE GUERRA

1914-1918: così finirono quattro imperi

Dalla Triplice Alleanza alla Triplice Intesa, l'Italia si accoda alla Francia in una avventura bellica finalizzata a creare un nuovo ordine. Ma lo spirito di rivalsa che determina i trattati di pace pone le premesse di un nuovo conflitto mondiale. 

Cultura 22_04_2014
Soldati italiani in trincea

A pochi anni dalla sua unificazione politica l’Italia firma, nel 1882, un patto di alleanza con Austria e Germania: la Triplice Alleanza. All’epoca l’Europa è sotto il dominio del conte di Bismark e l’Italia (e gli uomini politici italiani a cominciare da Crispi) si adegua. Non c’è terra irredenta che tenga. Non ci sono disprezzo e odio contro l’Austria, diffusi per decenni, che contino. Tempo venti anni e le cose tornano a cambiare. Lentamente ma inesorabilmente Re e singole personalità del mondo politico slittano verso la Triplice Intesa con Francia, Inghilterra e Russia. E si torna a parlare di irredentismo.

Quando il 28 luglio 1914 scoppia la guerra, a spalleggiare il Re e la sua volontà di partecipare allo scontro dalla parte dell’Intesa ci sono i nazionalisti, la destra liberale, Albertini col Corriere della Sera, Mussolini più alcuni socialisti. Cattolici, parlamento e Giovanni Giolitti sono contrari anche perché, senza tener conto della totale impreparazione militare, è palese per dirla con Giolitti che la neutralità ci avrebbe portato molto frutto.

Ma l’Italia si accoda alla Francia. A quella Francia che dall’inizio del secolo fa dell’odio anticattolico l’asse portante della sua politica interna ed estera. Il 26 aprile 1915, a parlamento sciolto oltre che contrario, quando l’Italia è ancora ufficialmente membro della Triplice Alleanza, per volontà del Re e del capo del governo Antonio Salandra l’Italia firma il Patto di Londra. Inquietanti, in una situazione che peraltro è da colpo di stato, gli articoli 14 e 15: Francia, Gran Bretagna e Russia “si impegnano a sostenere l’Italia nella questione della non ammissione dei rappresentanti della Santa Sede a qualsiasi iniziativa diplomatica, concernente una conferenza di pace o una regolamentazione delle questioni riferentesi alla presente guerra”, così l’art. 14, mentre il 15 prescrive: “Il trattato presente deve essere tenuto segreto”. 

L’esito della guerra, si sa, è catastrofico per l’Italia. In ogni caso gli stati belligeranti, a parte la Russia che diventata comunista si ritira precipitosamente dal conflitto, non sono più in grado di sostenere le enormi spese militari. Non fosse stato per l’America e i suoi massicci finanziamenti, la stessa Gran Bretagna già nel 1917 non avrebbe più avuto modo di continuare a combattere. Ma la Francia si oppone a qualsiasi trattativa di pace perché ha un obiettivo: la distruzione dell’Austria e di quell’impero che, anche se non più sacro, è purtuttavia da secoli un baluardo per la popolazione cattolica. Solo dopo la disintegrazione dell’impero si sarebbe potuta formare quella Società delle Nazioni che avrebbe regolato pacificamente le eventuali discordie fra gli stati membri (a decidere così è il Congresso delle Massonerie delle Nazioni Alleate e Neutrali tenuto a Parigi nel giugno del 1917, circa due anni prima dell’effettiva firma dei trattati di pace).

Bilancio bellico? Fine di quattro imperi secolari: russo, ottomano, austro-ungarico, tedesco. Fine dell’indiscussa supremazia inglese, gli Stati Uniti d’America che fanno il loro ingresso imperiale sulla scena mondiale. Al momento delle trattative di pace la delegazione italiana, sdegnata dalla mancata considerazione che ritiene le sia riservata, fa il gran gesto di sbattere la porta e tornarsene in Italia. Il rientro a Parigi avviene a cose fatte e si comincerà a parlare di vittoria mutilata. Alla fine della guerra esce di scena l’Italia liberale. Quell’Italia che, in nome della libertà, ha ottenuto la libertà di fare gli affari propri e, in nome della tolleranza, ha tentato di imporre a tutti il proprio odio anticattolico.

L’insipienza, lo spirito di rivalsa e l’ideologia la fanno da padrone nei trattati di pace con la conseguenza che nel giro di venti anni scoppia una nuova guerra: ancora una volta mondiale.