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il caso

Zelensky a Sanremo: propaganda e spettacolarizzazione

Le polemiche per la presenza al Festival del presidente ucraino, tra propaganda e spettacolarizzazione del conflitto. Sembra di rivivere lo stesso percorso di Greta Thunberg, icona dell’ambientalismo globale, ora nella fase discendente della parabola della sua celebrità, ma protagonista di apparizioni di ogni tipo e in ogni luogo, spesso prive di logica e utilizzate per finalità propagandistiche e ideologiche.
- VIDEO: ZELENSKY A SANREMO, UNA SCELTA GRAVE, di Riccardo Cascioli

Editoriali 31_01_2023

La partecipazione di Zelensky a Sanremo sta infiammando il dibattito politico e suscita reazioni variegate anche sul fronte degli intellettuali. Sono in tanti a caldeggiarla, come occasione per rilanciare da un palcoscenico d’eccezione la battaglia per la tutela del popolo ucraino, ma sono molti anche i critici nei confronti di una decisione che rischia di contribuire alla spettacolarizzazione del conflitto russo-ucraino e di inasprire gli animi sul piano internazionale.

La domanda più ricorrente in queste ore è la seguente: perché dare ospitalità, all’interno della più importante rassegna canora italiana, al capo politico di un Paese in guerra, anche se nostro alleato? Il Festival di Sanremo è stato ciclicamente strumentalizzato per finalità di natura politica e questo è innegabile. Si sono registrati ciclicamente dei tentativi di lanciare messaggi a favore o contro qualcuno e di strumentalizzare presenze un po chiacchierate.

In questo caso, però, il rischio che l’intervento del presidente ucraino possa rivelarsi la causa scatenante di un ulteriore inasprimento delle tensioni internazionali c’è tutto. Da molti verrebbe visto come un’uscita propagandistica. Non si comprendono le finalità di un discorso come il suo ad una platea televisiva che è lì per apprezzare le canzoni italiane e per distogliere l’attenzione proprio dai drammi internazionali. Musica e politica internazionale dovrebbero rimanere separate. Il fatto che Zelensky sia già stato ospite di eventi come il Festival di Cannes o i Golden Globe non rappresenta di per sé una ragione sufficiente ad avallare anche la sua partecipazione sanremese. Ma al di là di queste evidenti ragioni di opportunità c’è il pericolo concreto di banalizzazione della tragedia della guerra, rilanciata all’interno di uno spettacolo televisivo, tra una canzone e uno sketch comico.

Sembra di rivivere lo stesso percorso di Greta Thunberg, icona dell’ambientalismo globale, ora nella fase discendente della parabola della sua celebrità, ma protagonista di apparizioni di ogni tipo e in ogni luogo, spesso prive di logica e utilizzate per finalità propagandistiche e ideologiche.

La civiltà multimediale consuma velocemente i suoi protagonisti e dunque è possibile che la stessa sorte possa presto toccare al leader ucraino, anche a causa della sua bulimica presenza sui media internazionali. I punti di vista sulle ragioni del conflitto sono tutti ugualmente rispettabili, mentre sull’opportunità che il presidente di una nazione in guerra intervenga a un evento di spettacolo la ragionevolezza suggerirebbe prudenza e buon senso.

Peraltro è la stessa politica italiana ad essere divisa sul punto. L'intervento di Zelensky è annunciato per la serata finale del Festival, sabato 11 febbraio, dovrebbe durare un paio di minuti e andare in onda alla fine della gara dei cantanti.

Nel centrodestra Matteo Salvini aveva manifestato perplessità, mentre il resto della maggioranza ha scelto il profilo basso, anche per non mettere in imbarazzo i vertici dell’esecutivo, particolarmente sensibili alle ragioni dell’Ucraina. E mentre alcuni intellettuali, da Carlo Freccero a Franco Cardini, hanno addirittura lanciato petizioni contro la partecipazione di Zelensky al Festival di Sanremo, alcuni esponenti della sinistra si sono limitati a reazioni fredde.

«Non credo francamente che sia così necessario che il presidente Zelensky sia in un contesto leggero come quello di Sanremo», ha commentato l’ex premier Giuseppe Conte. Perfino il più autorevole candidato alla successione di Enrico Letta alla guida del Pd prende le distanze: «Se serve per sensibilizzare milioni di persone rispetto al dramma che sta vivendo l'Ucraina - sottolinea Stefano Bonaccini - la presenza di Zelensky può persino andare bene. Se invece deve diventare la spettacolarizzazione della guerra non è proprio il caso». Critico anche Carlo Calenda: «Ci sono pochi dubbi sulla nostra linea di sostegno all'Ucraina. Ritengo tuttavia un errore combinare un evento musicale con il messaggio del Presidente di un paese in guerra». Anche l’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris, portavoce di Unione Popolare, si scaglia contro la decisione: «Se si vuole sostenere il popolo ucraino e parlare finalmente di pace e non solo di armi e guerra si dia la voce, cantata o parlata, ad una mamma ucraina ed una russa». L'Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi ha presentato, intanto, una diffida alla Rai in cui si chiede di non consentire la partecipazione del leader ucraino, «perché l'Ariston non può diventare palco per propaganda politica».

Per la situazione che si è creata, forse un supplemento di riflessione si imporrebbe. Siamo proprio sicuri che sia stata una buona idea invitare Zelensky al Festival di Sanremo, con l’eventualità concreta che un appuntamento di spettacolo diventi un modo per allontanare ulteriormente il raggiungimento della pace? Chi pensa che in questo modo l’Italia faccia una bella figura nel mondo forse farebbe meglio a ripensarci.