SPAGNA
Zapatero anticipa l'Italia e lancia la legge sul fine vita
Via libera in Spagna al progetto "morte degna", che ha alcuni punti
in comune con il ddl in discussione da noi. Risolutamente contrari i vescovi.
Attualità
13_05_2011
Il governo spagnolo ha dato oggi, 13 maggio, il via libera al progetto di “Legge sul fine vita”, che verrà discusso in parlamento già a giugno. La decisione era già stata annunciata domenica 8 maggio dal primo ministro spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero. La legge, comunemente nota come “sulla morte degna”, secondo il ministro della Sanità Leire Pajin, “non depenalizza l’eutanasia né il suicidio assistito”, ma si prefigge di “mitigare il dolore” dei malati in fase terminale ed evitare “l’accanimento terapeutico”. Si tratta di prevedere, ha detto ancora la Pajin, “un sistema di diritti e garanzie” che offra “più garanzie a pazienti e familiari e più sicurezza al personale sanitario”. In realtà, secondo il progetto, la volontà del malato sull’accettazione o meno della terapia, una volta che ci sia un consenso informato, è vincolante e il medico è obbligato ad eseguirla anche se non è d’accordo. Lo stesso medico non potrà quindi essere perseguito per aver rispettato la volontà del malato. Nei casi più delicati e controversi sarà comunque chiamato a decidere un Comitato etico. Il progetto di legge non prevede inoltre e la possibilità dell’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario.
Nonostante aver annunciato lo scorso 2 aprile il suo ritiro della politica attiva, e con una situazione economica catastrofica (la disoccupazione interessa più del 21% della popolazione attiva e l’economia non dà segni di recupero) Zapatero è disposto a completare il suo progetto d’ingegneria sociale approvando una legge che, senza nominarla direttamente, lascia la porta aperta all’eutanasia.
Il presidente cerca di portare a termine in questo modo la decisione dell’ultimo Congresso Federale del PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo), che si impegnò a promuovere il “diritto alla morte degna”. Secondo l’associazione “Profesionales por la Ética”, il modello da seguire è quello delle leggi dell’Aragona e dell’Andalusia, che evitano l’uso di concetti controversi come eutanasia o morte degna, ma consacrano l’indipendenza assoluta dei pazienti o i loro familiari, oltre la buona prassi medica e la deontologia professionale.
Nelle settimane scorse Zapatero ha organizzato diversi incontri per poter ottenere i voti parlamentari necessari all'approvazione di questa legge controversa prima delle importanti elezioni municipali e regionali del 22 maggio, in cui, secondo tutti i sondaggi, i socialisti subiranno una severissima sconfitta.
In previsione del rifiuto sociale suscitato dall’eutanasia, il progetto di legge opera anche una manipolazione evidente del linguaggio, usando definizioni accettabili o allusioni costanti a “mitigare il dolore”. Dietro quest’ambiguità si nasconde una legge voluta dall'alto, il cui scopo è includere nella legislazione spagnola l’eutanasia, a partire da normative come quelle già approvate nell’Andalusia e in Aragona, entrambi governate dai socialisti.
Il governo è stato disposto perfino a eliminare nel titolo della legge le parole “morte degna” - sostituita con "fine vita", come hanno sollecitato in numerose occasioni le società mediche e l'assemblea dei deputati socialisti nel dicembre del 2010, a causa della similarità di questo concetto con l’eutanasia. Secondo fonti vicine al governo Zapatero, togliendo l'espressione "morte degna" il governo spera che la Chiesa cattolica non faccia un’opposizione frontale al progetto di legge, in modo che anche il Partito Popolare, di centro destra, rimarrebbe senza argomenti per contrastare il progetto. Peraltro non bisogna dimenticare che il Partito Popolare ha votato una norma simile approvata dal parlamento regionale dell’Andalusia.
Nell’intervista dell'8 maggio, Zapatero giustifica la normativa per “regolare la volontà delle persone e le cure terapeutiche nelle situazioni di fine vita”. Una misura assolutamente non necessaria, secondo l’associazione “Derecho a Vivir”, che ritiene che basterebbe con la dotazione e il miglioramento delle disposizioni e le norme esistenti sulle cure palliative.
Cosa nasconde la normativa di Zapatero?
Alcuni colletivi di professionisti della sanità e cittadini impegnati nella lotta per il diritto alla vita, come la Organización Médica Colegial oppure la Sociedad Española de Cuidados Paliativos allertano sui contenuti della nuova legge, come il diritto alla sedazione terminale, che potrebbe essere richiesta ai medici perfino quando essa sia controindicata; alla possibilità di togliere ai pazienti i sostegni vitali, come l’alimentazione e l’idratazione, su richiesta propria o dei familiari; al potere del medico di sostituirsi ai pazienti nella decisione sulla semplice base semplicemente nel caso questi ultimi abbiano “difficoltà per capire l’informazione loro offerta”.
L’iniziativa di Zapatero contrasta con altre buone pratiche, come quelle raccolte dal quotidiano ABC, sotto il titolo “Calidad de vida hasta el final”. Si tratta di un lungo articolo sulle cure palliative integrali in un ospedale di Madrid; realtà ed esperienze che sembrano non contare per un governo disposto ad arrivare fino alla fine nel suo progetto d’ingegneria sociale.
Lettera pastorale dei vescovi dell’Aragona
I vescovi aragonesi hanno reagito alla “Legge dei Diritti e Garanzie della Dignità della persona nel processo di morte”, approvata lo scorso 24 marzo dal parlamento regionale, pubblicando una lettera pastorale intitolata “Sólo Dios es Señor de la vida”. Avvertono che la nuova legge, che come abbiamo visto funge da modello per quella nazionale, potrebbe introdurre di nascosto l'eutanasia nel sistema giuridico spagnolo.
Secondo i vescovi aragonesi, la legge è positiva laddove migliora l’attenzione ai pazienti in fase terminale e alle loro famiglie; migliora l'offerta di cure palliative, ospedaliere e domiciliari. “Si potrebbe temere però”, affermano nella lettera pastorale i vescovi aragonesi, che la legge “protegga azioni di eutanasia coperta per abbandono terapeutico o sedazione finale inadeguata”, o “costringa i medici e il personale sanitario a realizzare o collaborare ad azioni contrarie ai principi etici fondamentali”. “Abbiamo la sensazione che la legge possa aprire la porta a tutto ciò”, indicano i vescovi, che ritengono la vita umana “un bene inviolabile e indisponibile”, e in conseguenza, le azioni mirate a “togliere la vita intenzionalmente a qualcuno sono sempre immorali, senza eccezioni”.
Nella lunga lettera pastorale, di più di 30 pagine, i vescovi spiegano che nessuna persona “ha una vita solo biologica”, e che l’utilizzo dell’espressione “qualità di vita, applicata alla vita umana, spesso può generare confusione dal punto di vista etico”. “É necessario evitare decisamente - sottolineano - la cosiddetta cospirazione del silenzio, nascondere la verità ai malati di quanto accade loro”, e sostengono che l’informazione medica debba essere “una comunicazione personale continuata”. Ricordano infine che la legge “non considera il diritto dei professionisti della sanità all’obiezione di coscienza, che suppone una grave mancanza legale”.