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L'ANALISI

Wikileaks, la guerra della comunicazione

La vera novità delle rivelazioni non riguarda i contenuti, ma il metodo. 
- La diplomazia vaticana ne esce bene, di M.L. Napolitano

Attualità 15_12_2010
ASSANGE
La vicenda Wikileaks può essere analizzata limitandosi all’apparenza o cercando di capire retroscena e modalità. Io prediligo il secondo approccio e non per amore di teorie complottiste, ma per esperienza e per deduzione. Un approccio che  ha ispirato le mie analisi sul Giornale e sul mio blog ( http://blog.ilgiornale.it/foa/ ).

Innanzitutto: l’America ha denunciato la fuga di notizie come gravemente lesiva dei propri interessi. Ma è davvero così? La risposta è no. Se noi andiamo ad esaminare il materiale uscito, notiamo che a finire in cattiva luce sono nemici storici come l’Iran, la Corea del Nord, alleati imbarazzanti quali il Pakistane a mici di cui Washington vorrebbe sbarazzarsi, quali il premier Silvio Berlusconi.

Significa che Wikileaks è al soldo della Cia? No, penso piuttosto che i servizi segreti abbiano imparato ads usare questo canale per diffondere informazioni mirate e fare disinformazione; il polverone mediatico, le proteste diplomatiche, persino l’arresto di Assange servono per rendere l’operazione più credibile e che rientra tra le attività più sofisticate dei servizi di Counterintelligence.

Dunque: le email sono vere, ma non è difficile immaginare che non siano complete, né esaustive e che le più significative siano state in una certa misura pilotate. La controprova? Non ci sono commenti imbarazzanti sulla Merkel, su Cameron, nemmeno su Putin e Medvedev, con i quali l’America ha interesse ad andar d’accordo, nessuna analisi davvero originale, nessun retroscena, nessun cenno a reti e relazioni di potere non declamante. E’ tutto troppo politicamente corretto, tutto troppo banale, prevedibile.

Le rivelazioni dell’agosto scorso sull’Iraq e sull’Afghanistan non piacquero certo alla Cia e verosimilmente furono “impiantate” da altri servizi segreti; in questo caso assistiamo alla probabile rivincita degli 007 americani.

E allora come valutare la fuga di notizia sulla Santa Sede? Il governo Obama ha voluto danneggiare il Vaticano? La risposta è ovviamente difficile e complessa, però non credo che ci sia un tentativo di danneggiare Benedetto XVI, ma non c’è stato nemmeno il tentativo si proteggerlo e di smussare. La maggior parte delle carte non è stata filtrata.Il Vaticano non gradisce la diffusione di informazioni riservate, benché non compromettenti, ma il bilancio può anche essere lusinghiero, in quanto dimostra l’attivismo e la credibilità della diplomazia vaticana, i cui interessi non sempre coincidono con quelli dei grandi protagonisti della politica internazionale ( e non mi riferisco solo agli Stati Uniti).

La vera novità riguarda non tanto i contenuti, bensì il metodo. La comunicazione  uno degli strumenti privilegiati nell’ambito delle moderne guerre, che non si combattono più con gli eserciti ma con armi asimmetriche e che richiedono capacità analitiche sofisticate.  C’è da chiedersi se il Vaticano sia attrezzato per affrontare sfide di questo calibro, tanto più insidiose in quanto non dichiarate.