Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico
ELEZIONI USA

Voto anticipato record in Georgia, presagio di un caos elettorale

Ascolta la versione audio dell'articolo

L'ex presidente centenario Jimmy Carter è uno degli oltre 300mila elettori che hanno già votato in Georgia, 9 milioni in tutti gli Usa. Pochi se ne rendono conto, ma le elezioni sono già iniziate. E non è una buona notizia.

Esteri 19_10_2024
Jimmy Carter ha votato (La Presse)

Appena compiuti i cento anni, lo scorso 1 ottobre, uno degli elettori più anziani d’America ha votato per Kamala Harris, sfruttando la possibilità di votare in anticipo, dal 15 ottobre, nello Stato della Georgia. Non è un centenario qualsiasi: è Jimmy Carter, l’ex presidente democratico, ancora vivo, anche se ricoverato in una casa di riposo e ammalato terminale. Alla vigilia del suo importante compleanno aveva espresso il desiderio di rimanere in vita quel tanto che bastava per poter votare Kamala Harris. E il desiderio è stato esaudito.

Nel suo Stato, non è sicuramente l’unico ad aver espresso la sua preferenza così in anticipo. Gli elettori sono già 328mila solo nei primi giorni, in tutto lo Stato. La Georgia ha già battuto il record del 2020, quando in quelle elezioni presidenziali, svoltesi in piena pandemia di Covid-19, a votare in anticipo furono 136mila. E allora era considerato un record, dovuto soprattutto alle circostanze, alla difficoltà di uscire di casa, di muoversi, al dovere di evitare assembramenti. Oggi non c’è più quel pretesto, ma i cittadini georgiani affollano i seggi o riempiono le caselle di posta con le loro schede. Difficile dire l’effetto che farà questo voto a distanza, dato così in anticipo (l’election day è il 5 novembre), ma si prevede un conflitto molto duro quando usciranno i risultati.

Ad aumentare la tensione è stato un botta-e-risposta fra la magistratura georgiana e la commissione elettorale. Quest’ultima aveva emesso un regolamento nuovo, votato a maggioranza risicata (3 a 2) per obbligare gli scrutatori a contare le schede a mano, contea per contea. Cosa normalissima per l’Italia dove gli scrutatori contano sempre a meno e verificano che le schede riempite corrispondano esattamente al numero di elettori. Ma non in gran parte degli Stati degli Usa (ciascuno dei quali ha le proprie leggi e regole elettorali), dove si vota anche senza carta di identità, anche per posta, in anticipo e contando i voti elettronicamente. Viste le liti giudiziarie, perse dai Repubblicani, sulla conta dei voti elettronica, questa volta la commissione aveva messo le mani avanti e imposto anche il conteggio a mano. Ma la magistratura locale, nello specifico il giudice Robert McBurney, della contea di Fulton, ha annullato il nuovo regolamento, perché approvato “troppo a ridosso del voto” e foriero di “caos amministrativo”, visto il troppo poco tempo per addestrare gli scrutatori a contare i voti manualmente. Vittoria per i Democratici, che avevano fatto causa contro la commissione elettorale.

Il caso Georgia sta iniziando a far tremare le vene ai polsi ai Repubblicani e a chiunque desideri un’elezione con risultati certi. Il fatto che invece i Democratici puntino alla velocità della conta dei voti, sacrificando la precisione, non depone troppo bene per la loro causa. Nel 2020 i Democratici avevano vinto per appena 11mila voti, un risultato risicato, ma decisivo per tutti gli Usa: la Georgia elegge 16 grandi elettori ed è uno degli Stati-chiave, nonché uno di quelli in bilico. Le violente sfuriate di Donald Trump a Brad Raffensperger, allora segretario di Stato, sono costate all’ex presidente uno dei suoi quattro processi in corso. È accusato di aver cercato di truccare il voto, intimando a Raffensperger di “trovare” (interpretato come: aggiungere) 11mila voti per lui. La sua difesa sostiene che stesse semplicemente chiedendo chiarezza sui risultati, tramite riconteggio. Il prossimo novembre, viste le premesse, si potrebbe ripetere uno scenario simile.

Ma il caos elettorale potrebbe estendersi a tutto il paese, non limitarsi a uno solo dei suoi 50 Stati. La Georgia è un caso limite, ma solo in tre Stati (tre!) si vota come in Italia, cioè in presenza e nel giorno stabilito: Alabama, Mississippi e New Hampshire. In altri 11, Arkansas, Connecticut, Delaware, Louisiana, Indiana, Missouri, Kentucky, Tennessee, Texas, South Carolina e West Virginia, si può votare in anticipo, ma solo in presenza, in seggi preparati per l’occasione. Mentre il voto postale resta un’eccezione e occorre una motivazione valida per giustificarlo. Negli altri Stati, dunque 36 su 50, la votazione può essere effettuata in anticipo e per posta da tutti i cittadini, in qualsiasi circostanza. In alcuni, come il Colorado, si vota praticamente solo per posta.

Gli americani che hanno già votato, su scala nazionale sono circa 9 milioni mentre questo articolo va online. Il problema non è tanto quello del voto anticipato, quanto quello del voto postale. Se i brogli elettorali sono sempre possibili, anche nei sistemi più rodati e con l’elettore in presenza, con il voto postale nessuno potrà mai controllare fino in fondo chi vota, quante volte vota e come vota. Quindi i brogli sono, non solo più facili, ma addirittura inverificabili, immuni a qualsiasi riconteggio.