"Vita, famiglia, politica: i miei appunti per il Sinodo"
Il no all'aborto e il sì alla vita, la testimonianza cristiana in un paese come il Brasile, dove anche i politici cattolici pensano che la fede non c'entri con la politica, i cattolici che finiscono nella rete dei pentecostali e la famiglia in disgregazione. L'arcivescovo di San Paolo Scherer illustra alla Bussola il Sinodo.
Il Brasile è il primo Paese al mondo per numero di cattolici. Questo primato, però, non deve ingannare il lettore perché anche a queste latitudini la Chiesa si ritrova ad affrontare sfide non facili come il boom delle sette, il mito del consumismo sfrenato, l'ignoranza religiosa dei fedeli. Non sono mali solo europei: lo sa bene il cardinale Odilo Pedro Scherer, originario del Rio Grande do Sul ma discendente di immigrati tedeschi, che dal 2007 guida l'arcidiocesi di San Paolo e dal 2019 ricopre l'incarico di vicepresidente del Consiglio episcopale latinoamericano. La Nuova Bussola Quotidiana lo ha incontrato a Roma, dove si trova in questi giorni per l'apertura del processo sinodale della Chiesa universale.
Eminenza, cosa si aspetta da questo percorso sinodale?
E' la prima volta che si usa questa metodologia di ampia consultazione del Popolo di Dio. E' una novità nella Chiesa - diciamo - moderna perché alle origini si faceva già: negli Atti degli Apostoli troviamo tracce di questo tipo di conformazione della comunità cristiana dove tutti erano chiamati a coinvolgersi e a fare la loro parte. Papa Francesco ha avuto una buona ispirazione facendo questa chiamata alla Chiesa per una partecipazione ampia del cammino sinodale. Mi aspetto un momento di risveglio, una nuova speranza nella Chiesa perché c'è un movimento che viene dal basso all'alto. Poi, certo, seguirà il momento delle decisioni sinodali e parleranno i vescovi ed il Papa, ma si ascolterà comunque la Chiesa intesa nella sua varietà culturale, etnica e sociale. Credo che da questo percorso sinodale uscirà una visione della Chiesa molto più reale di quanto non sia adesso.
Lei una volta ha detto che "lo spirito del mondo in qualche modo è penetrato nella Chiesa, mentre è la Chiesa che deve far penetrare nel mondo lo spirito del Vangelo". In che modo può farlo durante questo percorso sinodale e nella conclusiva celebrazione del Sinodo dei vescovi nel 2023?
Far penetrare nel mondo lo spirito del Vangelo è la missione che Gesù ha dato a noi, suoi discepoli. In ogni momento della storia questa deve essere la missione della Chiesa. Può darsi che a volte si sia dimenticata o tralasciata questa missione principale. Ecco, questa è l'occasione per ricordarsi che dobbiamo stare nel mondo ma essere testimoni del Vangelo del mondo. E' questo che il Papa, con il percorso sinodale, ci chiama tutti a fare affinché lo spirito del Vangelo sempre di più si faccia presente nel mondo attraverso la nostra testimonianza e la nostra azione.
Poche settimane fa Lei ha presieduto la Messa di chiusura della Marcia per la vita in Brasile. Nell'omelia ha ricordato che "dare valore alla vita dipende anche dalle politiche pubbliche" ed ha esortato i governanti a non dimenticare che la vita è il bene più grande. In giro per il mondo continuano ad aumentare leggi e proposte di legge favorevoli ad aborto ed eutanasia..
La vita va difesa sempre. La Chiesa in questo senso non potrà mai cambiare il proprio atteggiamento! La Chiesa sarà sempre impegnata a proteggere la vita e favorire ciò che giova alla vita non solo del bambino non ancora nato, ma anche dei bambini nati, delle persone povere, malate ed anziane. Mai si può dare un valore economico alla vita, facendo i conti su quanto giova e quanto non giova. La vita umana equivale a dire la persona umana e quindi va sempre fatto il discorso della promozione, della difesa e della protezione della vita anche quando questa non è la convinzione di tutti.
Dio è Signore della vita, Gesù è vita per l'umanità: la vita è il dono più grande per noi, valorizziamola in questo modo nella speranza della vita piena: la vita eterna. Non possiamo non difendere la vita; anche se tutti i discorsi attorno a noi fossero diversi, noi dovremmo continuare a farlo. In Brasile la Settimana Nazionale della Vita è culminata l'8 ottobre con la Giornata del Nascituro. E' stato bello vedere durante la manifestazione della Marcia per la Vita tante coppie giovani con bambini piccoli che hanno partecipato alla Messa in Cattedrale. E che bello vedere la vita nascente con tante donne incinte che ringraziavano Dio per il dono ricevuto. Queste immagini sono un segno di speranza per l'umanità perché se non c'è vita, quale futuro può esserci per l'umanità?
Durante la Marcia, i partecipanti hanno regalato coperte, cibo e vestiti ai senzatetto di San Paolo. E' un esempio dell'incontro tra Misericordia e Verità che, talvolta, qualcuno cerca di contrapporre?
Donare cibo, una coperta o un vestito a chi non ne ha è un gesto in favore della vita, quindi la motivazione alla base è la stessa. Dobbiamo sempre essere pronti a difendere coloro i quali hanno la loro vita minacciata, disprezzata o dimezzata. Il discorso in favore della vita non è solo un 'no' all'aborto e alla morte prematura, ma un 'sì' alla vita che va sostenuta. La Chiesa lo fa e sempre lo farà.
Citando San Giovanni Paolo II, Lei ha definito la famiglia "un santuario della vita". Oggi la famiglia è un'istituzione sotto attacco. Non trova che la Chiesa sia rimasta da sola a difenderla?
Questo è un triste fatto. Tanti dei problemi sociali che abbiamo oggi sono dovuti alla distruzione della famiglia. La famiglia, quando non è più protetta, comincia a vedere sgretolata la proprio struttura e non avrà più le condizioni di essere sostegno per sé stessa e per i propri membri: pensiamo ad un giovane con problemi o ad un anziano malato. Come aveva scritto San Giovanni Paolo II nell'Esortazione apostolica "Familiaris consortio", la famiglia è un bene per la persona, per la società, per la Chiesa. Soprattutto, essa è un bene per la società stessa anche quando la società non la prende in considerazione, la disprezza e la distrugge con leggi contrarie.
Qui in Occidente siamo abituati a parlare di Europa secolarizzata ed abbiamo un'idea un po' romantica dell'America Latina, di una regione in cui il cattolicesimo è ancora florido. Ma è davvero così?
E' vero che in America Latina ancora la maggior parte della popolazione è cattolica e la stragrande parte della popolazione è cristiana. Ma è anche vero, come dice, che non ci si può fare un'idea romantica, di una terra senza mali. In America Latina abbiamo i nostri problemi come ovunque: c'è il consumismo, c'è un divario ricchezza-povertà che non si vede nei Paesi europei, c'è una scarsa presenza del ceto medio perché mancano le occasioni per i poveri di fare un passaggio di livello sociale. In questa situazione, noi come Chiesa cerchiamo di far conoscere ed applicare gli insegnamenti della Dottrina Sociale. Tanti esponenti della classe dirigente brasiliana sono cattolici ma pensano che l'attività politica non abbia alcunché a che fare con la fede. Invece sì! Purtroppo, nella vita pubblica tante volte regna la logica dell'individualismo, del soggettivismo, anche dell'agnosticismo, del disprezzo dei valori morali. Poi c'è la logica del profitto: i politici si chiedono: "cosa ci guadagno a seguire quest'insegnamento?" o "con quale partito si sta schierando la Chiesa se fa questo discorso"?
Purtroppo la separazione tra fede professata in privato e agire nella vita pubblica rappresenta una tendenza molta antica nell'umanità ed è sempre più diffusa oggi. Ciò che riguarda la religione o la moralità viene confinato nella vita privata.
Il Brasile è noto per la forte disuguaglianza economica e sociale di cui parlava. E' un terreno fertile per la cosiddetta teologia della prosperità?
Questa è una predicazione esplicita fatta dai gruppi neopentecostali che illudono la gente con promesse che sono contrarie al Vangelo. Purtroppo anche molti cattolici che non hanno ricevuto un'istruzione religiosa adeguata e vivono la fede come abitudine, finiscono attratti da questi predicatori pentecostali. Serve un'evangelizzazione più approfondita per formare meglio i cattolici in modo tale che abbiano più sicurezza nella loro fede e non la abbandonino facilmente quando vengono messi davanti alla necessità di spiegarla. D'altra parte, San Pietro diceva ai neobattezzati: "Siate pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi".
A proposito di evangelizzazione, Lei è uno dei porporati attivi sui social. Li considera uno strumento efficace per contrastare l'analfabetismo religioso tra i cattolici?
Non uso troppo i social, ne faccio un uso mirato. Dopo il Sinodo del 2008 sulla Parola di Dio mi sono preso l'impegno di pubblicare ogni giorno qualche pensiero biblico sui social. Sui miei profili, inoltre, cerco anche di redistribuire pensieri tratti dalle parole pronunciate dal Santo Padre. Sono convinto che se abbiamo più mezzi a disposizione e ne facciamo un buon uso, questo è positivo per la diffusione della Parola di Dio. Come ha detto Benedetto XVI, "la capacità di utilizzare i nuovi linguaggi è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma proprio per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti".