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DIETRO IL SINODO DELLE AMAZZONI

Viri probati, il risultato della lobbying brasiliana

Dietro l'annuncio del Sinodo dell'Amazzonia che si svolgerà nell'ottobre 2019, il risultato di un'attività di lobbying della conferenza episcopale brasiliana (e non solo). C’è chi vede l’esperimento delle Amazzoni come lo scardinamento del celibato nel clero.

Ecclesia 20_10_2017

Adesso c’è la data: ottobre 2019, un Sinodo sull’Amazzonia. Che toccherà molti temi, ma che farà notizia, soprattutto, per quanto riguarda un argomento molto interno alla Chiesa cattolica, e a quella latina in particolare: la possibilità di ordinare degli uomini di fede sicura, di una certa età, e coniugati, i “viri probati” per supplire alla mancanza di sacerdoti in molti luoghi della regione vastissima.

L’annuncio è stato dato dal Pontefice nei giorni scorsi, nel corso della cerimonia che in San Pietro ha visto l’ascesa agli altari di nuovi santi. Fra i cardinali presenti c’era anche Claudio Hummes, che il pontefice ha salutato calorosamente, e a cui ha fatto un cenno come per dire: Poi parliamo. Hummes da anni, se non da lustri, è il portabandiera e il principale promotore della causa dei “viri probati”. Lo era già arrivando a Roma come Prefetto del Clero; e dopo l’elezione di Bergoglio ha svolto un’intensa attività di lobbying all’interno della conferenza episcopale brasiliana (e non solo) in questo senso, andando a visitare praticamente tutte le diocesi del territorio delle Amazzoni per sensibilizzare i presuli al problema, e invitarli a scrivere al Pontefice. Hummes da qualche mese ha avuto seri problemi di salute. La sua presenza a Roma in questi giorni è stata una sorpresa; e alcuni la collegano proprio al Sinodo, e al tema che è al centro della sua attenzione.

Di un Sinodo straordinario sull’Amazzonia si parla ormai da tempo; c’era chi pensava che si sarebbe svolto addirittura in questo mese di ottobre, ma in loco. Fonti brasiliane ci avevano riportato che proprio il card. Hummes avrebbe assicurato, confidenzialmente, l’uscita di un documento che aprisse la strada ai “viri probati” già intorno a questo Natale. Ottobre 2019 sembra quindi una data piuttosto lontana; così come è interessante notare che l’evento si svolgerà a Roma. Se da un lato questa scelta darà una rilevanza maggiore al tema, ai lavori e alle conclusioni, si può pensare che a Roma un controllo sullo svolgimento sarà molto più agevole, evitando possibili deviazioni impreviste e imbarazzanti. E a meno che non vi sia una decisione e un’iniziativa del Pontefice sui viri probati avulsa dal contesto del Sinodo, anche il traguardo così desiderato dal card. Hummes sembra spostato in avanti temporalmente. Già da tempo nel dibattito che si svolge in Brasile su questo tema si afferma che il tema dei ministri ordinati locali, sposati o meno, che possano amministrare i sacramenti e guidare le comunità non può essere eluso. Molti pensano che debbano essere identificati direttamente dalla loro comunità, e aiutati dai vescovi. Hummes e altri ritengono che sia una strada da imboccare anche per rispondere alla presenza crescente degli evangelici neo-pentecostali. 

Don José Albuquerque de Araújo, vescovo di Manaus (Stato di Amazonas), osservava che “il pastore evangelico ha una sua famiglia ed è vicino alla persona in difficoltà nella situazioni più periferiche, è subito al suo fianco se sorge qualche problema”. I cattolici dovrebbero essere in grado di fare lo stesso. “In certi luoghi, aspettare che siano le persone a cercarci è un metodo che non funziona”.  Altri ritengono però che non sia necessaria questa soluzione, e che sarebbe preferibile chiedere agli ordini religiosi, sia quelli antichi che quelli di nuova formazione, che in America Latina non mancano, e sono ricchi di vocazioni, di compiere uno sforzo generoso e inviare propri confratelli in quel campo di missione.

Non c’è dubbio comunque che nel momento in cui si andrà a discutere del problema, le voci di coloro che sono a favore dei viri probati saranno numerose, e le soluzioni proposte le più varie; compresa quella di “comunità ordinata”, cioè della co-presenza di due o tre laici ordinati e resi abili a impartire i sacramenti. La strada del Sinodo per giungere a questo obiettivo, come ha spiegato molte volte il card. Hummes nelle sue visite alle diocesi, è stata indicata direttamente dal Pontefice. E l’ha confermata un vescovo brasiliano austriaco, riportando le parole ricevute durante un’udienza: “Il Papa non può prendere tutto in mano personalmente da Roma”. I vescovi locali, che conoscono meglio i bisogni delle comunità, devono “presentare proposte molto concrete. Dovremmo essere corajudos, ha detto in spagnolo, che significa coraggiosi, audaci. Un vescovo non dovrebbe muoversi da solo, ha detto il Papa. Le conferenze episcopali regionali e nazionali dovrebbero accordarsi su proposte di riforma. E poi portare queste proposte a Roma”.

Ma l’interesse su questo punto non è limitato all’Amazzonia. Perché se in quella sterminata regione sono le distanze e i collegamenti a creare problemi, altrove è la scomparsa delle vocazioni a rivelarsi drammatica. Così l’esempio delle Amazzoni potrebbe trovare imitatori molto pronti e interessati all’interno di alcune conferenza episcopali europee, come la Germania e il Belgio. C’è chi in realtà vede l’esperimento delle Amazzoni come la punta sottile del cuneo, per scardinare in ultima analisi la regola del celibato nel clero latino.