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MULTICULTURALISMO

Violenza in Germania, silenzi colpevoli

Il silenzio di media e autorità non permette di comprendere quel che è avvenuto a Colonia e lascia spazio alle più incredibili teorie del complotto. Ma la mancanza di reazione delle autorità non fa che incoraggiare le aggressioni di chi si sente impunito. E il silenzio stampa non aiuta affatto la tolleranza: contribuisce, semmai, a creare il mostro.

Editoriali 09_01_2016
Colonia, la protesta

Ci si interroga ancora sui fatti di Colonia, sulle 121 aggressioni sessuali (denunciate) subite dalle donne nella notte di San Silvestro. Quanto sono state estese le violenze? Quanti vi hanno partecipato realmente? E perché la polizia non ha reagito con la fermezza dovuta? Perché gli uomini non hanno difeso le loro donne dalle aggressioni? Si è fatta strada da subito la tesi di un’azione organizzata. Il Corriere della Sera dopo una cronaca puntuale e ricca di testimonianze di quanto è avvenuto, riferisce anche l’ipotesi degli investigatori di un complotto di xenofobi tedeschi per screditare la politica del governo Merkel sull’immigrazione. Altre testate, come Vice.com, si affrettano a dire che in Germania, anche senza immigrati, vige comunque una “cultura dello stupro” e riportano precedenti di violenze carnali durante l’Oktober Fest, ad opera di tedeschi che hanno alzato troppo il gomito. Ma si ha paura di affrontare lo scenario più ovvio, a partire dal dato di fatto che l’origine di tutte e 31 le persone già identificate dalla polizia a Colonia è araba e nordafricana. E che almeno 18 degli identificati sono immigrati mediorientali richiedenti asilo.

La violenza subita dalle tedesche a Colonia non è un fatto isolato. Sempre nella notte di San Silvestro, sono state denunciate violenze sessuali anche ad Amburgo: 70 denunce di aggressione, di cui 2 anche per lesioni corporali e 23 anche per furto. Pure in questo caso, le donne hanno descritto i loro assalitori come uomini dal “background migratorio”. Al di fuori dei confini tedeschi, fatti analoghi avvenivano contemporaneamente anche a Zurigo (Svizzera), Salisburgo (Austria) e a Helsinki (Finlandia). Il caso della capitale finlandese è significativo, perché contiene elementi di un piano premeditato e in parte prevenuto dalla polizia. “I sospetti erano richiedenti asilo e i tre (aggressori della notte di San Silvestro, ndr) sono stati arrestati”, ha dichiarato Ilkka Koskimaki, vicecapo della polizia. “Prima di Capodanno la polizia ha ricevuto alcune soffiate secondo le quali richiedenti asilo avrebbero potuto attuare piani simili a quelli di Colonia”, si legge nel suo comunicato.

Il fenomeno non è solo diffuso, ma è anche prolungato nel tempo. Quel che è avvenuto, su più larga scala, nella notte dell’ultimo giorno del 2015, su scala più ridotta si è ripetuto tante volte, in tutti i paesi interessati. Lo scorso agosto, in una lettera indirizzata al Ministero dell’Integrazione e degli Affari sociali del Land dell’Assia, in Germania, quattro associazioni per i diritti delle donne avvertivano la pericolosità della situazione che si stava creando nel campo profughi allestito nella base militare di Giessen. “E’ un fatto risaputo che donne e bambini sono privi di protezione – si leggeva nella missiva – Questa situazione è sfruttata da quegli uomini che considerano le donne come inferiori e trattano quelle non accompagnate come ‘prede’. Di conseguenza, abbiamo rapporti di numerosi stupri, molestie sessuali e un numero crescente di casi di prostituzione forzata. Questi non sono incidenti sporadici”. Poco dopo la riapertura delle scuole, a Mering, in Baviera, è stato denunciato lo stupro di una ragazzina di 16 anni. Subito dopo le autorità cittadine hanno suggerito ai genitori di non far uscire i loro bambini, se non accompagnati. Alle ragazze è stato invece suggerito di girare alla larga dalla stazione ferroviaria, dove è stato allestito un campo profughi. A Pocking, sempre in Baviera, un preside ha scritto alle famiglie delle sue studentesse di mandare a scuola le ragazze vestite in modo appropriato, non per pudore o decoro richiesti dalla scuola, ma per timore di “fraintendimenti” da parte dei vicini arabi ospitati nel locale campo profughi. La lettera del preside specificava che tra i rifugiati “molti sono musulmani e parlano arabo. Hanno la loro cultura. Siccome la scuola è molto vicina a dove alloggiano, devono essere indossati abiti modesti”. Anche le disposizioni della sindachessa di Colonia parlano di “adattamento” alla presenza di persone con “una loro cultura”, onde evitare “fraintendimenti”. Paradossalmente, questi suggerimenti (come lo star lontano almeno un braccio da un immigrato o rifugiato) contengono molta più “islamofobia” di quella ostentata dai militanti di Pegida, il movimento contro l’islamizzazione.

Il Gatestone Institute  riporta che il livello di violenza subito da donne e ragazze tedesche in quest’ultimo anno ha raggiunto la soglia di allarme. Tanto che le autorità della Germania, un paese in cui sono in vigore leggi sulle armi fra le più restrittive al mondo, stanno ricevendo un numero da record di richieste di porto d’armi per autodifesa, mentre i rivenditori di prodotti non letali per la difesa personale hanno anche quintuplicato le vendite. Pur con tutti questi precedenti, però, i fatti di Colonia (e Amburgo) paiono aver colto di sorpresa l’opinione pubblica. Le autorità si affrettano ad affermare che fra questa impennata di violenza e l’immigrazione massiccia non c’è alcun nesso. E’ pressoché vietato ricollegare questi episodi a una cultura tribale, maschilista (e tantomeno all’islam), al punto che la lettera delle associazioni per la difesa dei diritti delle donne dell’Assia è rimasta online solo per poche giornate su un unico blog.

Sono atteggiamenti che ricordano quelli dei paesi scandinavi. Come la Norvegia, che ha cessato di riportare l’origine degli aggressori nelle statistiche ufficiali sulle violenze sessuali, salvo lasciarsi scappare, nel 2011, un rapporto in cui risultava che la quasi totalità delle molestie denunciate a Oslo era ad opera di persone “di origine non occidentale”. O come la Svezia, uno dei paesi più sicuri al mondo per le donne fino alla fine del secolo scorso e poi balzata “misteriosamente” in cima alla lista del numero di stupri solo nell’ultimo quindicennio, guarda caso proprio il periodo di maggior immigrazione. Come anche il caso della città britannica di Rotherham, dove si sono commesse 1400 aggressioni sessuali su minorenni, dal 1997 al 2014, ad opera di immigrati, soprattutto musulmani, mentre servizi sociali e persino la polizia avevano le mani legate, per evitare accuse di discriminazione razziale. E in Italia si iniziano a registrare casi simili, sempre più numerosi, anche nelle scuole dove sta attecchendo una forma di “bullismo islamico”, con bambini e ragazzini che molestano compagni e compagne di scuola, inneggiano allo Stato Islamico, devastano oratori.

Il silenzio di media e autorità non permette di comprendere quel che è avvenuto a Colonia e lascia spazio alle più incredibili teorie del complotto. Ma la mancanza di reazione delle autorità non fa che incoraggiare le aggressioni di chi si sente impunito. E il silenzio stampa non aiuta affatto la tolleranza: contribuisce, semmai, a creare il mostro. La xenofobia, quella vera, nasce laddove la popolazione ha la sensazione di essere vittima delle autorità, oltre che di un aggressore straniero. E dove non si conosce l’entità del pericolo, né la sua natura. Se mai ci sarà una conseguenza positiva dei fatti di Colonia è che, almeno, tante donne, in tante altre città europee, hanno avuto il coraggio di denunciare quel che hanno subito. Almeno si comincia a parlarne.