Violenza sulle donne, l’aumento da lockdown e il governo fermo
Dal 1° marzo al 16 aprile, complice il lockdown, sono aumentate del 75% (1750 in più) le donne che si sono rivolte al numero verde del Dipartimento Pari Opportunità. Eppure nel documento della task force costituita da Elena Bonetti si parla di violenza sulle donne solo marginalmente. E il ministro rimanda il tutto al piano nazionale. Perché procrastinare?
Coronavirus. Il lockdown si allontana (per il momento) e la ritrovata libertà (con le dovute cautele) ha un sapore davvero speciale, sebbene il confinamento non sia stato vissuto da tutti gli italiani allo stesso modo. Nelle conversazioni tra amici, anche a mo’ di battuta, si è spesso ironizzato sulla difficoltà di coppie e famiglie nel gestire la convivenza “forzata” tra le mura domestiche. D’altro canto, in molti casi la quarantena ha prodotto situazioni autenticamente drammatiche. Al di fuori di ogni retorica e strumentalizzazione, il pensiero va subito alle tante donne vittime della violenza dei propri partner. Donne sottoposte ad abusi già in precedenza o che si sono trovate malauguratamente a esserlo per la prima volta.
Dopo le tre donne uccise nel mese di marzo (a fare più scalpore il caso di Lorena Quaranta, uccisa dal fidanzato e collega infermiere, che credeva le avesse trasmesso il Coronavirus), si era levato il grido d’allarme per l’aumento del 75% delle donne che dal 1° marzo al 16 aprile si sono rivolte al numero verde del Dipartimento Pari Opportunità (1522), rispetto allo stesso periodo nel 2019. Si tratta di 1.750 donne in più: una cifra che sarebbe ancora più alta se si tenesse conto dell’incremento delle segnalazioni e delle richieste d’aiuto giunte agli sportelli di assistenza autogestiti da organizzazioni private o di volontariato. Di contro, sono diminuite sensibilmente le denunce (-43,6% tra il 1° e il 22 marzo), a riflettere l’aggravamento delle condizioni ambientali per le donne vittime di violenza durante la chiusura.
In attesa di statistiche aggiornate che coprano l’intera fase di lockdown, il ministro per la Famiglia e le Pari Opportunità, Elena Bonetti, intervistata nel corso di un servizio televisivo denominato “l’epidemia silenziosa” (Le Iene, 26 maggio), ha riconosciuto che l’inferno domestico per molte donne “era prevedibile… lo sapevamo”. Un motivo in più per chiederle ragione dell’assenza di provvedimenti straordinari per fronteggiare l’emergenza all’interno dei famosi DPCM del premier Conte. In un’intervista pre-Coronavirus su Repubblica del 2 febbraio, il ministro Bonetti affermava testualmente: “La violenza sulle donne è un’emergenza: occorre una task force, città per città, che metta in rete pronto soccorso, sanità, forze dell’ordine, mondo della giustizia e dell’accoglienza”. Quale occasione più provvidenziale della task force anti-Covid al femminile costituita successivamente dal ministro Bonetti con l’ambizioso obiettivo d’inaugurare “un nuovo Rinascimento” per le donne?
Con sorpresa, tuttavia, nel documento programmatico della task force di recente pubblicazione, si parla di violenza sulle donne solo tangenzialmente, nell’ambito della categoria generale delle donne “in situazioni di fragilità”. Ed è lo stesso ministro a spiegare il perché nell’introduzione da lei firmata: “Non è stata affrontata in particolare da questo gruppo di lavoro la violenza maschile contro le donne, dal momento che è già oggetto di una strategia nazionale, sulla quale abbiamo lavorato in modo straordinario anche in questi mesi e che ci vedrà coinvolti, come cabina di regia e rete antiviolenza, nella implementazione di nuove azioni strategiche e nel rinnovo del piano nazionale”.
In sostanza, l’introduzione di misure significative che rafforzino la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne è rinviata a data da destinarsi, se l’annunciato “piano nazionale” verrà mai alla luce. Ma non si trattava di un’emergenza già prima dello scoppio della pandemia? Perché allora non approfittare della straordinarietà delle circostanze per accelerare l’attuazione del piano, quantomeno parzialmente?
L’accordo con le farmacie come presidio informativo per l’accesso al numero verde del Dipartimento Pari Opportunità è un provvedimento di per sé utile, ma di portata davvero minore, per usare un eufemismo, rispetto alle ambizioni declamate dal ministro su Repubblica. Inoltre, in tal modo vengono del tutto ignorati i tanti sportelli di assistenza autogestiti (come quello di Acmid-Donna Onlus), che continuano a essere lasciati esclusivamente all’impegno volontario di chi li anima malgrado l’importanza del servizio svolto, come fossero concorrenti e non collaboratori all’interno di un sistema più ampio imperniato sullo Stato.
L’attenzione, nel servizio televisivo, è stata così spostata sulle Regioni, responsabili di aver rallentato la redistribuzione di trenta milioni di euro ai centri antiviolenza, che non ricevono aiuti economici da oltre due anni. Vero, molto probabilmente. Ma il ministro è intervenuto per sollecitare le Regioni, facendo leva sull’urgenza della situazione? Se lo ha fatto, i fondi, oltretutto stanziati dal governo prima del Coronavirus, non sono ancora stati erogati. Mancanza di determinazione?
Quel che è certo è che si tratta dell’ennesima occasione sprecata per rafforzare il ruolo dello Stato come vero alleato delle donne che subiscono maltrattamenti, mentre è il mondo intero a denunciare quella che il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha definito un’“impennata orribile” di violenza, che ha colpito l’Italia come altri Paesi in Europa. Se il ministro ha davvero a cuore la questione deve dimostrarlo con i fatti e senza ulteriori procrastinazioni.