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i nodi

Violenza nelle scuole, mancano autorità e autorevolezza

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Quasi ogni giorno si registrano aggressioni a danno dei docenti. È l'effetto di un vuoto educativo e di una perdita di senso che, paradossalmente, si alimentano proprio tra i banchi.

Educazione 22_05_2024
IMAGOECONOMICA

Ancora violenza a scuola. Quasi ogni giorno, ormai, si registra qualche nuovo episodio di aggressione e maltrattamento nei confronti di insegnanti o dirigenti scolastici. L’ultimo: in un istituto di Monza il padre di un alunno ha fatto irruzione improvvisa e ha preteso un colloquio con il maestro del figlio, dopo di che ha aggredito a testate il docente, “colpevole” di aver messo una nota all’alunno.

Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, da settembre 2022 a marzo 2024 si sono verificati almeno 70 episodi di violenza contro il personale scolastico, tanto da spingere il Parlamento ad intervenire. La legge n.25 del 4 marzo 2024 contempla infatti nuove misure di prevenzione e inasprimento delle pene per i reati commessi. Al momento, tuttavia, non pare che abbia sortito effetti rilevanti.

Le cause di questo dilagante fenomeno vengono, dai più, individuate nella perdita di autorevolezza di chi rappresenta il mondo della scuola, e su questo tema è intervenuto ancora una volta Valditara. Durante il recente congresso di DirigentiScuola, il Ministro ha evidenziato come «dobbiamo ridare autorevolezza sociale alla categoria dei dirigenti scolastici e di tutto il personale scolastico. Dobbiamo ripristinare il principio di autorità. In una società democratica è fondamentale. L’anarchia – ha affermato – vuol dire assenza di autorità. Dobbiamo sconfiggere quella cultura sessantottina. La caduta di rispetto che c’è nella società italiana verso il mondo della scuola deriva anche da questo e voglio che i dirigenti scolastici, come i docenti e tutto il personale della scuola siano rispettati anche dai genitori».

Autorità e autorevolezza: sono questi i nodi cruciali su cui occorre interrogarsi e agire. Nella scuola, oggi, (come del resto anche nelle famiglie), c’è carenza di entrambe. Se la già citata Legge n.25 del 4 marzo 2024 sarà in grado di ristabilire il rispetto verso il personale scolastico, ben venga, anche se qualche dubbio è lecito data la nota riottosità dei nostri giudici ad applicare le sanzioni. Molto più complicata appare la questione della autorevolezza, sia perché è legata allo spessore umano e culturale del personale scolastico, sia perché tutto concorre, anche dall’esterno della scuola stessa, a demolire la credibilità della istituzione-scuola, divenuta cassa di risonanza di tutte le parole d’ordine del mainstream e oggetto delle incursioni di dubbi personaggi che vengono investiti del ruolo di nuovi maestri di pensiero.

Due esempi di questi ultimi giorni, presentati dalla stampa specializzata come eventi significativi per il mondo della scuola, appaiono emblematici. La “nota” rapper, Roberta Lazzerini, conosciuta come Beba, durante il festival Controcorrente/Controcultura, organizzato dalla Fondazione Agnelli ha sottolineato come oggi i giovani tendano a dare più ascolto agli artisti che ai genitori (figuriamoci agli insegnanti….). «Cerco di immedesimarmi in loro” ha spiegato. “Io volevo sentirmi dire che andavo bene così. Avrei voluto sentirmi dire di ascoltare la voce interiore che ci dice cos’è la cosa migliore».  Ecco, la voce interiore ti dice qual è la cosa migliore: che bisogno c’è di maestri da seguire? A sua volta, la giovane cantante Ariete,  svolgendo un tour in quattro licei italiani (a Roma, Torino, Milano e Napoli), si è fatta portavoce della necessità di una  educazione sessuale nelle scuole, evidenziando – in un’intervista al quotidiano La Stampa – come «i ragazzi abbiano un forte desiderio di parlare di questi temi, spesso circondati da tabù e disinformazione». L’articolo termina affermando che «L’esperienza positiva di questo tour lascia aperta la possibilità di ulteriori incontri in altre città italiane, per continuare a sensibilizzare i giovani e a colmare un vuoto educativo ancora presente».

È vero, c’è un grande vuoto educativo, ma se si cerca di colmarlo affidandosi a giovani cantanti e rapper non si andrà molto lontano… L’educazione ha bisogno di una continuità di frequentazione e di interazione. Ha bisogno di una vita insieme, non di consigli per di più improvvisati o forniti da improbabili guide. Anche lo psicologo, oggi tanto in voga nella scuole, può essere solo un palliativo per bisogni urgenti, perché l’esigenza è quella di seguire qualcuno giorno dopo giorno imparando più dalla sua impostazione di vita che non dalle sue parole. Qualcuno che indichi e testimoni che esistono ancora delle ragioni per cui valga la pena vivere al di fuori del benessere materiale e del divertimento fine a se stesso che si trova nelle molteplici proposte della società odierna. Occorre qualcuno che documenti nuovamente, in parole e opere, la possibilità di un significato grande nella vita, l’esperienza della gioia, della bellezza, della speranza e, perché no, della fede. Qualcuno che magari insegni ai giovani a pregare, perché senza uno sguardo rivolto a Dio tutto diventa effimero e inconsistente.

“Manca il fine, manca la risposta al perché”, affermava Nietzsche delineando la natura del nichilismo. L’autorevolezza degli insegnanti non è garantita dal ruolo che ricoprono, probabilmente non lo è mai stata. E non sono gli insegnanti che incutono più timore quelli che possono dirsi autorevoli. L’autorevolezza va conquistata giorno dopo giorno attraverso il rapporto con gli alunni, in relazione ai contenuti proposti e soprattutto alla luce dei temi esistenziali che li attraversano in filigrana. È inevitabile che prima o poi emerga la domanda su cosa creda l’insegnante. E un atteggiamento di neutralità codarda o di triste relativismo, alla fine, non viene rispettato dagli studenti che, anche inconsciamente, sono alla ricerca di un senso e di un fine per la loro esistenza.

Insomma, la violenza che oggi è esplosa verso la scuola e dentro la scuola, è l’effetto del degrado generale della nostra società, che dietro alla patina di perbenismo e rispetto delle regole sempre più numerose e pervasive, vive il dramma di una terribile perdita di senso. È una violenza che, prima di trasmettersi alle mani, nasce ed esplode nel cuore delle persone, afflitte dalla mancanza di speranza o dall’aver riposto le proprie speranze unicamente in una riuscita totalmente intramondana. Il successo dei propri figli, così, diventa un imperativo categorico… E la scuola, che in fin dei conti è complice nel proporre e trasmettere questa visione della vita, diventa così vittima di se stessa.

Non saranno, allora, né le misure di monitoraggio, né l’istituzione di una giornata nazionale contro la violenza nei confronti del personale scolastico, e nemmeno una legge fortemente repressiva a risolvere il problema, bensì solo un deciso cambio di rotta dell’intera società, un nuovo sguardo sulla vita e sul suo significato.



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