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guerra al vino

Vino vietato: l'Ue ci vuole senza libertà e senza gioia

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Dopo la carne, l'Ue vuole mettere al bando anche il vino come dimostra il caso irlandese. Sembra che ci sia in gioco qualcosa di più della semplice tutela della salute dei cittadini o dell’ambiente: si colpisce tutto ciò che è cultura, tradizione, convivialità, gioia. E libertà.

Editoriali 25_05_2023

L’Irlanda ha deciso di mettere un’etichetta sulle bottiglie di alcolici per avvertire i bevitori che l’alcol fa male. La cosa era probabilmente nell’aria, considerato che lo spin era partito già da qualche giorno con la biologa televisiva Antonella Viola che aveva sentenziato: «Chi beve ha il cervello piccolo». Grandi dichiarazioni belliche da parte dei politici dei tre paesi maggiori produttori di vino, Francia, Italia e Spagna. Come stanno le cose?

Si tratta, in realtà, della semplice applicazione di una legge del 2018, la Legge sulla salute pubblica in riferimento all’alcol che prevede proprio un’etichettatura simile a quella presente sui pacchetti di sigarette: nuoce gravemente alla salute. La quale, a sua volta, è la ricezione del Piano europeo di lotta contro il cancro accolto entusiasticamente nei palazzi politici italiani e che prevede di «ridurre il consumo nocivo di alcol in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (riduzione relativa di almeno il 10% del consumo entro il 2025) e ridurre l'esposizione dei giovani alla promozione commerciale dell'alcol». La parte relativa all’etichettatura era stata stralciata l’anno scorso ma a quanto pare, l’UE ha deciso – secondo il suo solito costume - di eludere il voto democratico avallando la decisione irlandese e poi di chissà quali altri paesi. Avanti tutta, quindi, verso la demonizzazione di birra, vino e distillati.

La motivazione ufficiale è, ovviamente, la prevenzione del cancro (l’alcol è cancerogeno) ossia la tutela della nostra salute. Ci sarebbe da chiedersi se veramente abbiamo bisogno di una autorità che decida cosa possiamo mangiare e bere; e se la nostra salute non sia affar nostro, piuttosto che dei burocrati di Bruxelles (o, a semestri alterni, di Strasburgo). Verrebbe anche da dubitare della buona fede di autorità politiche che vorrebbero proibirci il vino per il nostro bene, ma che non hanno nulla da ridire sulla liberalizzazione delle droghe o sulla distribuzione di massa di sieri genici sperimentali, per la precisione più di 4,2 miliardi di dosi per 448 milioni di abitanti (quasi dieci dosi a testa).

Si nota, tuttavia, un certo accanimento nei confronti della cultura alimentare europea: basta vino e birra, basta carne e latte; sì agli insetti per alimentazione umana, al latte di piselli e alla soia in tutte le salse. Sembra che ci sia in gioco qualcosa di più della semplice tutela della salute dei cittadini o dell’ambiente: si colpisce tutto ciò che è cultura, tradizione, convivialità, gioia. E libertà. In Francia, ad esempio, è stato appena approvato un decreto che vieta i voli sotto alle due ore e mezzo se c’è una alternativa su rotaia; per salvare il pianeta, ovviamente. E una recente ricerca ha scoperto che le automobili euro 7, che l’UE non vede l’ora di imporre, molte persone non se le potranno permettere; le città dei 15 minuti non sono utopia: saranno un obbligo, per chi non è straricco.

Non è forse giunto il momento di chiedersi quale sia il vero volto dell’Unione Europea, che noi ci ostiniamo a vedere come un buon progetto realizzato male? Un po' come il comunismo, insomma.