Vilnius, la condanna dell'ultimo generale sovietico
L’ex ministro della Difesa dell'Urss Dmitrij Jazov e altri 66 ufficiali e soldati sovietici sono stati condannati in Lituania per crimini di guerra e contro l’umanità, per il massacro di Vilius del 1991. Jazov, 94enne, è condannato in contumacia e non sconterà la pena. Ma è una sentenza storica: è il primo alto gerarca sovietico condannato in Europa.
L’ex ministro della Difesa sovietico Dmitrij Jazov e altri 66 ufficiali e soldati sovietici sono stati condannati dal tribunale regionale di Vilnius per crimini di guerra e contro l’umanità. L’Unione Sovietica non c’è più, il generale Jazov è un pensionato di 94 anni e non è più l’uomo che era al vertice del maggior apparato militare del pianeta. Ma i crimini di cui si sono macchiati 28 anni fa non sono rimasti impuniti.
I fatti risalgono al gennaio 1991. In tutta l’Europa occidentale, a poco più di un anno dalla caduta del muro di Berlino, si pensava che il comunismo europeo fosse ormai finito e che l’Urss, sotto la guida di Gorbachev si avviasse a diventare una sorta di socialdemocrazia. In quei giorni l’attenzione era concentrata sul Golfo Persico, dove stava scadendo l’ultimatum dell’Onu a Saddam Hussein. Ma nel frattempo, nel silenzio dei media, il presidente sovietico Michail Gorbachev, il 10 gennaio, inviava un altro ultimatum: a Vilnius, capitale della Lituania, che aveva proclamato la sua indipendenza dall’Unione Sovietica. L'ultimatum era chiaro: tornare sotto la sovranità sovietica o subire pesanti conseguenze. Il parlamento lituano, guidato dal primo presidente Landsbergis, rifiutò di obbedire. L’11 gennaio 1991, le truppe sovietiche attaccarono il Palazzo della Stampa, dove aveva sede gran parte dei giornali lituani, con relative tipografie. Migliaia di persone disarmate iniziarono a vegliare e presidiare il Parlamento, la torre della televisione e le sedi radiotelevisive. Il Cremlino inviò unità d’élite dell’esercito sovietico, come il Gruppo Alfa, per smantellare i picchetti, anche con l'uso della forza se necessario.
Nella notte fra il 12 e il 13 gennaio 1991, dopo aver sopraffatto i civili di guardia, le truppe sovietiche, con i carri armati, occuparono le sedi della radio e della televisione. L’esercito sovietico conquistò anche la torre della televisione. Nel corso dell’attacco, 14 civili vennero uccisi e altri 1000 feriti. Le immagini distrassero l'opinione pubblica mondiale, per una notte e un giorno, dall’imminente Guerra del Golfo. Vedere i carri sovietici in una città europea, di nuovo, fu un déja vu per molti. L’immagine simbolo fu quella di un carro armato che stava per schiacciare una donna sotto i suoi cingoli, mentre un gruppo di civili tentava disperatamente di fermarlo a mani nude. Fece il giro del mondo e diede, se non altro in quelle ore, un’impressione del presidente Gorbachev molto differente da quella dell’uomo di pace che aveva posto fine alla guerra fredda. I dissidenti sovietici, come Vladimir Bukovskij, ci avvertirono che era quello il vero volto del presidente osannato in occidente.
La sentenza spiccata dal tribunale di Vilnius, il 27 marzo scorso, ha considerato direttamente responsabile del massacro l’ex ministro della Difesa sovietico, condannandolo a 10 anni di carcere. Dmitrij Jazov divenne celebre, in quel lontano 1991, anche per un altro suo crimine: per il suo tentativo di colpo di Stato (pianificato assieme all’allora presidente del Kgb Krjuchkov) contro Gorbachev, in agosto. Fu l’ultimo, fallimentare, tentativo di restaurare l’autorità sovietica in un impero ormai in piena disgregazione. Per quel tentativo di golpe, Jazov passò due anni nelle galere russe, prima di ottenere la grazia dal presidente Eltsin, nel 1994. Ora è stato condannato in contumacia dalla magistratura lituana. E non sconterà nemmeno un giorno di carcere, non tanto per l’età quasi centenaria quanto perché è cittadino russo e Mosca (che definisce il processo di Vilnius come "illegale e politicamente motivato") non ha alcuna intenzione di concedere l’estradizione.
Condannato in contumacia anche l’allora comandante delle Gruppo Alfa, Michail Golovatov, a 12 anni anni di carcere. Anche lui, cittadino russo, non sconterà la pena, nemmeno nel suo caso Mosca concederà l’estradizione. Lo stesso Golovatov era stato al centro di una grave crisi diplomatica fra Lituania e Austria, nel 2011: a luglio era stato arrestato dalle autorità di Vienna, Vilnius ne aveva chiesto l’estradizione, ma l’Austria lo aveva rilasciato meno di due giorni dopo (dunque meno del limite dello stato di fermo). Il governo lituano di allora aveva accusato pressioni russe sull’Austria per impedirne il trasferimento e il processo.
Gli unici due ufficiali presenti al processo che sconteranno la pena sono di più basso profilo: Gennadij Ivanov era un responsabile del settore munizioni, mentre Jurij Mel era un comandante di carri armati. Sono stati condannati a quattro e sette anni di carcere rispettivamente. Gli altri imputati, 63 in tutto, sono stati tutti processati e condannati in contumacia, essendo tutti cittadini russi e bielorussi, residenti nei loro paesi.
Si tratta comunque di una sentenza storica, perché è il primo caso di un alto gerarca del regime sovietico e di un alto ufficiale dell’ex Armata Rossa condannati per crimini di guerra e contro l’umanità da un tribunale europeo. Nel 2011, il dissidente sovietico Vladimir Bukovskij, si era appellato alla magistratura britannica chiedendo l’arresto di Gorbachev, nel corso della sua visita a Londra (dove era stato organizzato un concerto in suo onore, per l’80mo compleanno), con l’accusa di strage in Lituania, Georgia e Azerbaigian nel periodo 1989-91. La magistratura respinse la richiesta, perché l’ex presidente sovietico godeva di piena immunità diplomatica. Lo stesso Bukovskij aveva sempre chiesto un “processo di Mosca”, sul modello di quello per i gerarchi nazisti a Norimberga. Se non un processo penale, almeno un processo storico, con piena luce sui crimini del passato. Quel processo non c’è mai stato, né quello penale né quello storico: lo dimostra il disinteresse del resto d’Europa, quella occidentale, che non ha mai subito l’occupazione sovietica. E l’atteggiamento della stessa Russia che, pure, nel 1991 (proclamando a sua volta la separazione dall’Urss) aveva prontamente riconosciuto la Lituania indipendente. Oggi preferisce, accollandosi in pieno l'eredità dell'Urss, proteggere i "suoi" uomini.