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L'EX NUNZIO AL CONTRATTACCO

Viganò atto III: "C'è silenzio su vittime e omosessualità"

Viganò rimarca omissioni e conferme del prefetto dei vescovi Ouellet al suo j'accuse sul predatore McCarrick. Appello a Papa e confratelli per un "chi sa parli": "Ravvedetevi e dite la verità". L'ex nunzio torna poi drammaticamente sulla decisione di rendere pubblico il dossier: "Sono anziano, temo il giudizio del Giudice che può gettare corpo e anima nell'inferno: non potevo restare in silenzio". E tocca il punto centrale, l'assenza nelle analisi sugli abusi sessuali della prima causa di questi scandali: l'omosessualità, che chiama "piaga", sostituita dal clericalismo. 

Ecclesia 20_10_2018

Carlo Maria Viganò risponde alla lettera aperta del card. Ouellet, Prefetto della Congregazione per i vescovi, e rilancia la richiesta di una presa di coscienza da parte dei vertici della Chiesa. Questa volta il suo appello a papa Bergoglio, sostanzialmente eguale nei contenuti, che potete leggere in dettaglio nel link, diventa ancora più accorato. Non si parla più di dimissioni, come era nel primo messaggio, ma di conversione: “Chiedo, anzi scongiuro ardentemente, che il Santo Padre faccia fronte agli impegni che ha assunto. Accettando di essere il successore di Pietro, ha preso su di sé la missione di confermare i suoi fratelli e la responsabilità di guidare tutte le anime nella sequela di Cristo, nel combattimento spirituale, per la via della croce. Ammetta i suoi errori, si penta, dimostri di voler seguire il mandato dato a Pietro e, una volta ravvedutosi, confermi i suoi fratelli”.

L’ex nunzio negli Stati Uniti risponde punto per punto al messaggio scritto dal card. Ouellet, sottolineando come in realtà quella che per i commentatori e giornalisti di corte doveva essere una smentita si è rivelata una conferma, clamorosa; e mettendo i puntini sulle “i” di tutta una serie di affermazioni del porporato canadese. Chi ha seguito sin dall’inizio questa vicenda potrà facilmente verificarlo, nel testo originale e completo.

Quello che colpisce di questo terzo messaggio è la carica di coinvolgimento personale, di un uomo che la propria coscienza ha posto di fronte a un dilemma grave e difficile. “Testimoniare la corruzione nella gerarchia della Chiesa cattolica è stata per me una decisione dolorosa, e lo è ancora. Ma sono un anziano, uno che sa che presto dovrà rendere conto al Giudice delle proprie azioni e omissioni, che teme Colui che può gettare corpo e anima nell'inferno. Giudice, che pur nella sua infinita misericordia ‘renderà a ciascuno secondo i meriti il premio o la pena eterna’ (Atto di fede). Anticipando la terribile domanda di quel Giudice: ‘Come hai potuto, tu che eri a conoscenza della verità, rimanere in silenzio in mezzo a tanta falsità e depravazione?’ Quale risposta potrei dare?”. Così scrive l’arcivescovo Viganò; e non è possibile non cogliere la sincerità umana e sacerdotale di quella domanda.

In questo messaggio, reso pubblico a quasi due mesi di distanza dalla prima testimonianza, del 25-26 agosto scorsi, l’ex nunzio sembra voler fare anche un bilancio delle reazioni, o almeno di parte di esse, che il suo gesto certamente dirompente ha suscitato. E così scrive: “Nelle accuse fatte pubblicamente contro di me ho notato due omissioni, due silenzi drammatici. Il primo silenzio è sulle vittime. Il secondo è sulla causa principale di tante vittime, cioè sul ruolo dell'omosessualità nella corruzione del sacerdozio e della gerarchia. Per quanto riguarda il primo silenzio, è sconvolgente che, in mezzo a tanti scandali e indignazione, si abbia così poca considerazione per coloro che sono state vittime di predatori sessuali da parte di chi era stato ordinato ministro del Vangelo. Non si tratta di regolare i conti o di questioni di carriere ecclesiastiche. Non è una questione di politica. Non è una questione di come gli storici della Chiesa possano valutare questo o quel papato. Si tratta di anime! Molte anime sono state messe e sono ancora in pericolo per la loro salvezza eterna”.

E poi il secondo punto: e non possiamo non rimarcare – e l’abbiamo fatto in passato, ma riferendoci a episodi specifici – che in una crisi di abusi che riguarda all’80-90 per cento vittime dai 15 ai 17 anni, maschi, la parola “omosessualità” non è mai stata pronunciata o scritta dal Papa o da altri a lui vicini. Si è sostituita con “clericalismo”; un evidente mascheratura per non pronunciare il termine che dà tanto fastidio, fuori della Chiesa certamente, e ormai anche al suo interno, come dimostrano tanti, troppi episodi (troppi per essere casuali) al Meeting delle Famiglie a Dublino e adesso al Sinodo dei Giovani.

Scrive Viganò: “La denuncia della corruzione omosessuale - che denifisce una piaga nella Chiesa -, e della viltà morale che le permette di crescere, non incontra consensi e solidarietà ai nostri giorni, purtroppo nemmeno nelle più alte sfere della Chiesa. Non mi sorprende che nel richiamare l'attenzione su queste piaghe, io sia accusato di slealtà verso il Santo Padre e di fomentare una ribellione aperta e scandalosa. Ma la ribellione implicherebbe spingere gli altri a rovesciare il papato. Io non sto esortando a nulla del genere. Prego ogni giorno per papa Francesco più di quanto abbia mai fatto per gli altri papi. Chiedo, anzi scongiuro ardentemente, che il Santo Padre faccia fronte agli impegni che ha assunto. Accettando di essere il successore di Pietro, ha preso su di sé la missione di confermare i suoi fratelli e la responsabilità di guidare tutte le anime nella sequela di Cristo, nel combattimento spirituale, per la via della croce. Ammetta i suoi errori, si penta, dimostri di voler seguire il mandato dato a Pietro e, una volta ravvedutosi, confermi i suoi fratelli”.

E infine, il richiamo che in clima storico di omertà, silenzio, coperture diffuse e complicità da parte di vescovi, cardinali e altri chierici a ogni livello di responsabilità, appare urgente e imprescindibile, se la Chiesa vuole riacquistare una credibilità ampiamente compromessa a tutti i livelli, compresi quelli massimi: “Concludendo, desidero ripetere il mio appello ai miei confratelli vescovi e sacerdoti che sanno che le mie affermazioni sono vere e che sono in condizione di poterlo testimoniare, o che hanno accesso ai documenti che possono risolvere questa situazione al di là di ogni dubbio. Anche voi siete di fronte ad una scelta. Potete scegliere di ritirarvi dalla battaglia, continuare nella cospirazione del silenzio e distogliere lo sguardo dall’avanzare della corruzione. Potete inventare scuse, compromessi e giustificazioni che rimandano il giorno della resa dei conti. Potete consolarvi con la doppiezza e l’illusione che sarà più facile dire la verità domani e poi ancora il giorno dopo».

«Oppure, potete scegliere di parlare. Fidatevi di Colui che ci ha detto, "la verità vi renderà liberi". Non dico che sarà facile decidere tra il silenzio e il parlare. Vi esorto a considerare quale scelta sul letto di morte e davanti al giusto Giudice non avrete a pentirvi di aver preso».

Vediamo adesso quale sarà la risposta: un silenzio che diventa di giorno in giorno sempre più inspiegabile e pesante, come ormai anche la grande stampa così favorevole al Pontefice comincia a sottolineare (dal New York Times al Washington Post, da Der Spiegel alla Frankfurter Algemeine Zeitung), oppure…?