Vietnam, la terra dei cristiani espropriati
I cristiani di Con Dau devono lasciare le loro case. Il loro villaggio deve lasciar spazio a un nuovo resort eco-turistico. Dietro ogni scusa possibile, il regime comunista vietnamita perseguita i cristiani, sfruttando l'assenza di diritti di proprietà.
Vietnam, ogni scusa è buona per perseguitare i cristiani. Oltre a incarcerarli, per ogni minima attività che “disturbi” la politica del regime comunista, finiscono sempre più spesso vittime degli espropri statali. E neanche i morti vengono lasciati in pace: i cimiteri sono sempre più spesso oggetto di espropri. Ultimi, in ordine di tempo, a subire questa politica, sono i cristiani di Con Dau, nella provincia di Da Nang, nel Vietnam meridionale, tristemente nota come campo di battaglia nel lungo conflitto vietnamita (1959-1975). La locale comunità cristiana si è vista tagliare la luce e circondare dalla polizia nella notte del 26 marzo. All’alba del giorno dopo, i poliziotti hanno condotto una massiccia retata, spianando la strada ai bulldozer che hanno proceduto con la demolizione delle abitazioni.
La vicenda dei cristiani di Con Dau non è nuova e risale al 2010. Per motivi ufficialmente “ecologici”, le autorità comuniste della provincia di Da Nang hanno dato il primo avviso di sfratto a tutto il villaggio. Si doveva abbattere tutto: case, chiesa e cimitero, dando un risarcimento minimo alle 400 famiglie cristiane vittime del sequestro. In realtà la “ragione ecologica” è il resort ecoturistico di lusso Hoa Xuna, uno dei progetti delle autorità vietnamite per lanciare un turismo occidentale sensibile alle mode ecosostenibili. Il tutto a spese dei cristiani, cacciando i quali dalle loro stesse case, non si dà fastidio a nessun occidentale e si fa un favore al governo comunista vietnamita. Le prime manifestazioni di dissenso della popolazione locale e le prime azioni di sgombero coatto risalgono al gennaio del 2010. Nel maggio di quell’anno era avvenuto lo scontro peggiore, quando 500 abitanti avevano fronteggiato la polizia. Le autorità, in quell’occasione, per affermare l’intenzione di chiudere e distruggere il cimitero, volevano impedire la sepoltura di una signora ottantenne locale. Le manifestazioni contro questo brutale atto di interferenza religiosa, avevano causato 59 arresti. La signora defunta, contro le sue ultime volontà, era stata riesumata e cremata dalle autorità.
Una seconda tornata di sgomberi, sequestri, demolizioni e pressioni di regime era avvenuta nel marzo del 2012, quando la polizia ha ordinato lo sgombero ad altre famiglie cristiane e intimidito il locale parroco, padre Emmanuel Nguyen Tan Luc, intimandogli di terminare la sua attività ecclesiastica e lasciare la parrocchia. «Nell'omelia di ieri – avevano dichiarato fonti locali ad Asia News - padre Emmanuel ha annunciato che dovrà firmare il permesso per la demolizione e rimuovere il crocifisso dal cimitero. Dopo, le ruspe spianeranno l'intera area. Qui vi sono sepolti i defunti di tante famiglie che non hanno accettato l'ordine del governo. Sotto l'altare del cimitero vi sono tumulate oltre 50 tombe di bambini». Questo accadeva due anni fa. Oggi lo stesso lavoro di sgombero e demolizione continua a danno delle poche famiglie che erano rimaste.
La distruzione della comunità cristiana di Con Dau è un esempio di persecuzione, tutt’altro che unico. Lo stesso tipo di repressione lo stanno subendo anche i cristiani appartenenti alla minoranza etnica degli Hmong, resi celebri dal film di successo “Gran Torino” di Clint Eastwood. Perseguitati dai comunisti perché cristiani e malvisti dai nazionalisti perché minoranza etnica, gli Hmong furono gli alleati naturali degli statunitensi durante il lungo conflitto vietnamita. E per questo pagano più di tutti gli altri, in termini di abusi e violazione dei diritti umani, dopo la vittoria dei comunisti nel 1975. Gli Hmong, in questi mesi, sono nel mirino delle autorità a causa dei loro riti funebri. Per motivi che il regime stesso stenta a spiegare, sono infatti obbligati a celebrare il funerale con il vecchio rito, più costoso e complesso. I riformatori, seguaci di Duong Van Minh, “colpevoli” di aver accorciato il rito funebre, vengono perseguitati. Lo stesso Minh, residente a Hanoi, non riceve le cure mediche necessarie a curare i suoi reni malati. L’ultimo a finire dietro le sbarre è Hoang Van Sang, condannato a 18 mesi di carcere, solo per aver raccolto fondi per la costruzione di una nuova casa funeraria. Gli arresti di cittadini Hmong sono numerosi (sei solo nell’ultimo mese), come parte di una vera e propria campagna repressiva, resa ancor più intensa dal rifiuto di questa fiera comunità etnica di ricevere aiuti statali, parte di un “piano di modernizzazione”.
Se i sequestri di case ed edifici religiosi (e relativi arresti di chi si oppone) sono così facili, comunque, lo si deve all’assenza di un diritto di proprietà privata. Né i cittadini, né la Chiesa, possono possedere qualcosa, poiché tutto è di proprietà statale e ceduto in affitto. Emblematico, a questo proposito, è un altro caso di questa settimana, che riguarda l’imprenditore ittico Peter Doan Van Vuon e la sua coraggiosa famiglia. Aveva ricevuto in uso una zona paludosa e l’ha trasformata in un’impresa ittica di successo. Non appena ha iniziato a far “troppi” guadagni, lo Stato ha deciso di portargli via quel terreno nel 2009. Dopo quasi tre anni di braccio di ferro, all’inizio del 2012, il regime era passato ai metodi forti, ma la famiglia di Doan Vuon aveva reagito sparando colpi di avvertimento contro i poliziotti. Ora l’ex imprenditore è in galera per “omicidio” (anche se non ha ammazzato nessuno) e il 27 marzo il tribunale di appello ha confermato la sentenza a 5 anni di carcere. La Chiesa vietnamita si era mobilitata per la difesa della “famiglia coraggio” come è stata ribattezzata. Appelli per il proscioglimento degli imputati erano giunti anche dai vescovi Paul Nguyen Thai Hop (presidente della Commissione Giustizia e Pace vietnamita) e mons. Joseph Vu Van Thien (vescovo di Hai Phong). Niente da fare: lo Stato vietnamita procede come un rullo compressore quando persegue i propri interessi. Chiesa, famiglie e proprietà private sono corpi intermedi e volontari che possono intralciare i piani di un regime totalitario. Dunque, come sempre avviene in tutti i regimi collettivisti, sono i primi a subire il peso della repressione.