Vietnam, altri passi indietro nella libertà dei cattolici
Nonostante il dialogo fra la Santa Sede e Hanoi, la libertà di religione in Vietnam è più repressa. La nuova legge sulla "sicurezza informatica" restringe ancor di più il campo della libertà di espressione dei cattolici. E nuove concessioni alla Cina fanno temere che a quello di Hanoi si aggiunga anche il comunismo di Pechino.
Il regime comunista vietnamita sta assistendo a un’insolita insorgenza della sua popolazione. Cittadini, cattolici e non, sono scesi in piazza in massa, dal 10 giugno. Alle proteste pacifiche dei cattolici si sono unite manifestazioni più violente, con auto e bus in fiamme, per motivi nazionali. I cattolici manifestano soprattutto contro la nuova legge sulla "sicurezza informatica". Mentre le manifestazioni nazionaliste sono contro la legge sulle concessioni cinesi. Le autorità hanno risposto con consueta durezza, arrestando centinaia di manifestanti. Il governo ha promesso di punire i manifestanti, definendoli “estremisti”. Nguyen thị Kim Ngan, presidente dell'Assemblea nazionale (il “parlamento” comunista), ha condannato gli “abusi della democrazia, distorsioni della verità, provocazioni e disordini sociali”. Il colonnello della polizia Tran Anh Huy, senza ricorrere a sottigliezze e metafore, ha promesso di “far saltare in aria il cervello” di chiunque osi partecipare a manifestazioni contro le nuove leggi.
Tuttora, nelle maggiori città e province del Paese vi è una massiccia presenza della polizia. Migliaia di cattolici hanno manifestato pacificamente ad Ha Tinh e Vinh, nel Vietnam centrale. Monsignor Hoang Duc Oanh, vescovo emerito di Kontum, fiero difensore della libertà di culto e dell’indipendenza della Chiesa da decenni, ha scritto di suo pugno una lettera di protesta indirizzata al presidente vietnamita Tran Dai Quang. Non gliele manda a dire, come riporta Asia News: “Lo scopo della nuova legge sulla sicurezza informatica è quello di ingannare le persone; quello del disegno di legge sulle unità amministrative ed economiche speciali è di vendere il Paese alla Cina. Domenica 10 giugno, quando le persone hanno espresso le proprie opinioni contro le due leggi, il governo le ha attaccate in modo barbaro invece di ascoltarle! In seguito, le autorità hanno disposto arresti di massa a Binh Thuan e altrove! I fermi sono ancora in corso (…) Vi esorto, signor presidente, a rilasciare tutti gli arrestati, pubblicare una nuova legge sulle manifestazioni, come prescritto dalla Costituzione, e rispettare la volontà popolare”.
Che cosa prevede la nuova legge sulla sicurezza informatica? Semplicemente, che i grandi provider dei social network, come Google e Facebook, cedano i dati dei loro utenti presso i server dello Stato vietnamita (oggi i dati degli utenti vietnamiti sono invece custoditi in server a Hong Kong e a Singapore), che rimuovano i contenuti ritenuti offensivi entro 24 ore dalla richiesta del Ministero dell’Informazione di Hanoi e dalla polizia informatica agli ordini del Ministero della Pubblica Sicurezza (di fatto: branca informatica di una polizia politica comunista). Vo Trong Viet, presidente del Comitato per la Difesa e la Sicurezza, ritiene che “la legge sia necessaria per difendere gli interessi del popolo e della sicurezza nazionale”. La nuova normativa vieta agli utenti di Internet di organizzarsi con “scopi anti-statali”, utilizzare un linguaggio che “distorca la storia” o “neghi i risultati rivoluzionari della nazione”: sono questi i contenuti che dovranno essere rimossi in giornata, per ordine del governo. Inutile dire che i contenuti cattolici sono vietati, secondo queste direttive, perché non riconoscono i risultati della rivoluzione comunista, né intendono piegarsi alla storia agiografica ufficiale del regime. Per questo i cristiani scendono in piazza, perché sanno che questi saranno gli ultimi mesi (la legge entrerà in vigore nel gennaio 2019) di respiro. Da quando è stata approvata definitivamente, il 12 giugno, la normativa ha già causato un drastico calo di accessi ai siti cattolici. “Gli utenti devono ridurre le loro attività su internet, per paura di essere processate”, spiega ad Asia News padre Paul Van Chi, portavoce della Federazione dei mass media cattolici vietnamiti. “Le disposizioni della legge sulla sicurezza informatica potrebbero rendere più facile per il governo identificare e perseguire le persone per le loro pacifiche attività online”, avvertiva il sacerdote in un suo precedente comunicato stampa.
L’altra legge contro cui la gente scende in piazza è meno comprensibile a un pubblico occidentale. Secondo una tradizione coloniale tipica dell’Asia orientale, questa volta non saranno gli imperi britannico e francese ad acquisire territori “affittandoli” per 99 anni, bensì il nuovo “impero” della Repubblica Popolare Cinese. Ampi territori collocati in aree strategiche, come le isole di Van Don (al confine fra Vietnam e Cina), Bac Van Phong (sulla costa centrale, strategico per controllare le rotte del Mar Cinese Meridionale) e l’isola di Phu Quoc, che dà sul golfo del Siam. Perché anche i cristiani protestano? Come dichiara ad Asia News un maestro elementare cattolico: “Con l’acquisizione dei territori, entro il 2020 la Cina potrebbe controllare quasi tutto il Vietnam, esercitando il suo ‘soft power’ sull’economia, la finanza e la cultura locale. Se ciò accadesse, il cattolicesimo sarebbe ancora più minacciato dal comunismo e si troverebbe ad affrontare immense difficoltà”.
La Santa Sede dialoga con Pechino, come è noto a tutti. Meno noto è il dialogo con Hanoi, che pure risale a tanti anni fa. Seri tentativi di normalizzazione delle relazioni sono in corso almeno dal 2011. Dal 10 gennaio di quell’anno, infatti, al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede si è aggiunto un “rappresentante pontificio” per il Vietnam. I rapporti diplomatici con il Paese sono interrotti dal 1975 dopo l’occupazione di Saigon da parte dei comunisti di Hanoi. Alla nomina del 2011, da parte di Benedetto XVI si era arrivati dopo una serie di visite di delegazioni dell’una e del’altra parte, culminate con la visita dell’allora primo ministro Nguyen Tan Dung in Vaticano nel 2007 e quella dell’allora presidente Nguyen Minh Triet l’11 dicembre 2009, la prima volta di un presidente comunista vietnamita nella Santa Sede. Eppure negli ultimi sette anni i progressi sono stati molto pochi. I sacerdoti cooptati dal regime, parte dell’Assemblea nazionale, hanno votato per la legge contro la libertà di espressione sul Web.