Vienna nelle mire dell'islamismo. Non da adesso, da sempre
L’attentato di Vienna non è stato una sorpresa né per gli austriaci né per gli analisti. Come in Francia anche in Austria l’islam sta vincendo avendo negli anni costruito enormi comunità musulmane. E Vienna è sempre stata nel cuore della propaganda jihadista, fin dal 1683. Questa è solo l'ultima variante di un conflitto antico
L’attentato di Vienna non è stato una sorpresa né per gli austriaci né per gli analisti. Come in Francia anche in Austria l’islam sta vincendo avendo negli anni costruito enormi comunità musulmane. Esiste, infatti, una formidabile rete di moschee, associazioni, scuole, negozi halal e un’infiltrazione islamica dall’esercito fino ai municipi.
Solo due anni fa il governo austriaco si vedeva costretto a chiudere sette moschee, espellere oltre quaranta imam dell’ATIB (l’Unione turco-islamica perla collaborazione culturale e sociale in Austria) e passare al vaglio centinaia di permessi di soggiorno di esponenti dell’islam dai dubbi legami internazionali. Il caso era nato da un'inchiesta che aveva rivelato fotografie che ritraevano bambini vestiti da soldati ottomani in una quasi perfetta riproduzione della campagna di Gallipoli (1915).
Le scene della simulazione dell'emblematica vittoria ottomana erano stato registrate nella più importante moschea di Vienna legata, guarda caso, alla comunità turca. E le prime foto - apparse su un noto settimanale di sinistra, Falter - mostravano ragazzini in uniformi mimetiche che marciavano, sventolavano bandiere e poi si fingevano morti mentre un drappo turco li copriva. Parate dittatoriali di stampo mediorientale che mai si vorrebbero vedere in Europa e con tanto di ragazzine minorenni vestite di bianco, anche loro in modalità “shahid” (martire). La Turchia, immediatamente dopo l'annuncio della chiusura delle moschee, accusò l’Austria di razzismo tramite il portavoce di Erdoğan, Ibrahim Kalin: “questo è il frutto dell'ondata anti-islamica, razzista, discriminatoria e populista nel Paese”.
Quando nel 2017, Sebastian Kurz divenne il nuovo cancelliere, venne eletto perché mantenesse la promessa di fermare l'immigrazione illegale e cambiare la rotta circa quell'islamizzazione che stava cambiando da tempo i connotati all'Austria. Da ministro degli Esteri, Kurz fu determinante nell'ottenere l'approvazione parlamentare di una nuova legge innovativa che regolasse l'integrazione degli immigrati islamici. La cosiddetta Legge sull'integrazione nasceva dalle richieste di un popolo disorientato, e già impaurito, e vietò il velo integrale islamico negli spazi pubblici, proibì agli islamici di distribuire copie del Corano, stabilì regole chiare per richiedenti asilo e rifugiati che avrebbero ottenuto la residenza legale nel Paese.
Con quella legge si richiede, oggi, agli immigrati provenienti da paesi non membri dell'Ue di firmare un “contratto di integrazione” che li obblighi a imparare a parlare e scrivere nella lingua nazionale e a iscriversi a corsi sui “valori fondanti dell'ordinamento giuridico e sociale austriaco”. Nonostante ciò, sono anni, ormai, che per l’intelligence austriaca il problema principale per la sicurezza del Paese resta il terrorismo islamico e i combattenti di ritorno dai territori, che per un po’ sono stati dell’Isis, la preoccupazione incombente.
Negli ultimi dieci anni, l’Austria ha visto sventare diverse trame terroristiche legate all'islam. La più nota, forse, è quella dell'immigrato bosniaco di 25 anni che nel 2017 aveva pianificato un attentato jihadista lanciandosi con la sua auto sul mercatino di Natale di Graz: un’azione che avrebbe dovuto emulare l’attentato terroristico di Berlino dell’anno prima. La stessa città di Graz è stata etichettata come una “roccaforte” per il fondamentalismo islamico, con un rapporto che, nel 2017, valutava come almeno 11 delle moschee della città fossero dominate dalle cosiddette “opinioni islamiche radicali”.
Era il 2015, quando l’esecutivo modificò la legge sull’islam per disciplinare meglio lo status dei musulmani nel paese: promuovendo un “islam a carattere austriaco”, si voleva sottolineare anche che la legislazione nazionale avesse la precedenza sulla legge islamica della shari’a per i musulmani che vivono nel paese. Non un dettaglio marginale per l’islam d’importazione.
Nel 2019 il governo austriaco si vedeva costretto a vietare l’uso del velo a scuola per le ragazzine di età inferiore ai 14 anni con una legge che proibisce qualsiasi “abbigliamento influenzato ideologicamente o religiosamente associato alla copertura del capo” nelle scuole primarie della nazione. Non preoccupava solo i dati raccolti dall'Università di Vienna circa l’aumento esponenziale della popolazione islamica austriaca, oggi pari a poco meno di un milione e che nel 1990 raggiungeva le 150 mila unità. Ma il fatto che a Vienna gli studenti musulmani sono già più numerosi degli studenti cattolici nelle scuole medie e superiori. E gli studenti musulmani stanno anche per superare i cattolici nelle scuole elementari della capitale.
L'Austria è diventata, infatti, negli ultimi dieci anni, una base importante per l'islam. Un rapporto dell'Ufficio federale per la tutela della Costituzione e la lotta al terrorismo (BVT) aveva già messo in guardia, nel 2014, dalla “radicalizzazione esplosiva della scena salafita, in Austria”. Il salafismo, la dottrina islamica, mira a un "islam puro", prettamente anti-occidentale e che cerca di imporre la shari'a ovunque.
Oggi Kurz, come Macron, ha un enorme problema legato alle moschee. Più di 60 sono gestite direttamente dall'addetto agli affari religiosi presso l'ambasciata turca a Vienna, e gli imam di queste moschee sono tutti funzionari pubblici turchi. E poi ci sono le moschee gestite dall’ingerente associazione islamica turca Milli Görüs: una delle più grandi organizzazioni islamiche in Europa e strettamente legate alla politica dell’aspirante sultano Erdoğan. L'islam austriaco è anche impegnato con la formazione dei più piccoli attraverso l'IGGiÖ - che rappresenta più di 250 associazioni musulmane in tutta l'Austria, e che fornisce istruzione religiosa islamica finanziata dallo stato a scuole pubbliche e private austriache. Anche qui la lunga mano del governo turco che impone gli standard dell'aspirante sultano.
L'attentato di Vienna non è una sorpresa per tutte queste ragioni e perché è dal 2014 che l'intelligence guarda all'Austria come trampolino di lancio per il jihad globale. E probabilmente non è un dettaglio che tutto sia iniziato nei pressi di una sinagoga: tutti gli attentati islamici legati all’Austria hanno a che fare con gli ebrei. Non solo per il posto speciale che gli ebrei ricoprono nella classifica del disprezzo nella religione di Allah, ma anche perché l’Austria resta il Paese europeo che più s’è speso per la condanna del movimento anti-israeliano per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS).