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Veti incrociati

Vicepresidenti UE, slitta il voto su Fitto e gli altri candidati

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Dopo le audizioni di ieri, rinviate – in attesa di un accordo – le riunioni di valutazione per tutti e sei i candidati vicepresidenti della Commissione Europea, compreso Raffaele Fitto, che ha schivato le domande-trappola. Prevalgono veti e giochi politici.

Politica 13_11_2024
Raffaele Fitto, 12 nov 2024 (Ap/LaPresse)

Tra i sei vicepresidenti esecutivi designati alla Commissione europea e auditi ieri, Raffaele Fitto è stato quello che ha dimostrato senza dubbio le competenze e il rispetto istituzionale più adeguato per svolgere il ruolo per il bene dell’Europa. Tra l’audizione di Fitto e quella, ad esempio, del giovane e inadeguato liberale francese Stéphane Séjourné, commissario per la prosperità e la strategia industriale, l’altra liberale Kaja Kallas, candidata alla guida degli esteri, o la socialista Roxana Mînzatu, candidata a sviluppare politiche per la preparazione, l’educazione e le competenze degli europei, c’è stato obiettivamente un abisso.

Tuttavia, per diverse ragioni del tutto politiche e di bassa cucina, i leader dei partiti che hanno sostenuto la nomina di Ursula von der Leyen, ossia Valerie Hayer (Renew-Liberali), Iratxe García Peréz (S&D) e Manfred Weber (Ppe) hanno rinviato le riunioni di valutazione per tutti e sei i candidati vicepresidenti per trovare un accordo politico. Dunque, le riunioni di valutazione delle varie commissioni parlamentari saranno riprogrammate per oggi, mercoledì 13 novembre, o addirittura la prossima settimana. In ogni caso, nel momento in cui scriviamo, rimane confermata l'elezione del collegio dei commissari da parte dei deputati del Parlamento europeo, in seduta plenaria (a maggioranza dei voti espressi, per appello nominale), nella sessione del 25-28 novembre a Strasburgo.

In questo modo tutto rimane sul tappeto. Ogni gruppo politico potrà decidere senza vincoli e, nello stesso tempo, senza poter pensare a porre veti o ricatti. Il blitz di ieri pomeriggio al Parlamento europeo della presidente von der Leyen, per incontrare brevemente i capigruppo dei socialisti e liberali, dimostra la complessità di una situazione politica fragile. Fragile perché, come abbiamo già scritto, figlia della cocciutaggine di non considerare la volontà dei cittadini.

Raffaele Fitto, appunto audito ieri, è l’unico candidato al ruolo di commissario e vicepresidente della Commissione europea che proviene dal gruppo parlamentare dei conservatori (Ecr). In funzione di questa sua appartenenza politica precedente, come candidato commissario, Fitto ha voluto rimarcare la propria nuova funzione di servizio istituzionale e abbandono totale della “divisa politica”. Eppure, ieri è stato attaccato e accusato da socialisti, liberali, verdi e sinistre. Attacchi e accuse che nulla avevano e hanno a che fare né con le competenze né con la preparazione o le risposte alle domande pertinenti al ruolo, ma incentrate solo sulle attività del governo Meloni, sui giovani scapestrati di Fratelli d’Italia o sulle votazioni sostenute da Fitto e dal Gruppo Ecr contro le ingiuste e politicamente orientate risoluzioni contro Ungheria e Polonia, quando quest’ultima era governata dai cristiani del PiS (Diritto e Giustizia). Fitto, con esperienza, ha schivato tutti gli attacchi e portato le discussioni solo sul terreno proprio del confronto su competenze e meriti delle deleghe assegnate, insistendo sulla propria storia amministrativa e non dimenticando di considerare come la sfida demografica sia parte integrante delle politiche di coesione, quanto quella delle regioni transfrontaliere.

Si è trattato di echi delle schermaglie emerse in queste settimane in Italia, sui migranti, sulla magistratura, sulle sue precedenti prese di posizione anche a nome dei conservatori sul Green deal o sull’abuso del principio di condizionalità dei fondi europei di coesione, in base alla violazione dello “Stato di diritto”. Fitto ha sempre ribadito la sua fedeltà all’impegno europeo e agli obblighi istituzionali, sottolineando come per la prima volta negli ultimi 20 anni un ex membro della Commissione degli affari regionali è non solo candidato a ruolo di commissario per la coesione ma anche a vicepresidente della Commissione europea. Una responsabilità che potrebbe, con la collaborazione tra l’esecutivo della Commissione e i membri del Parlamento, dare un impulso alle politiche di coesione.

Fitto, nel suo intervento conclusivo alla commissione parlamentare di ieri, ha ricordato Alcide De Gasperi, a cui è intitolata l’aula dove si è svolta la sua audizione, ma anche come il rispetto istituzionale e la consapevolezza della delicata situazione politica dovrebbe indurre tutti i gruppi parlamentari a votare a favore della sua nomina. Dal 4 al 12 novembre, 26 commissari designati sono stati auditi dai membri del Parlamento nelle diverse commissioni parlamentari di competenza, ai quali avevano dapprima inviato risposte ad alcune domande scritte. La procedura è chiara e semplice. La scorsa settimana, il commissario uscente per l'allargamento e attuale commissario designato per la salute e il benessere degli animali, l'ungherese Olivér Várhelyi, unico candidato proposto dai “Patrioti”, non aveva ottenuto il via libera dai coordinatori delle commissioni del Parlamento europeo e dunque ha dovuto fornire nuove risposte ad ulteriori domande scritte, perché secondo socialisti, liberali e sinistre «non era all'altezza della salute delle donne e dei diritti riproduttivi», materie che non fanno per nulla parte delle competenze della Commissione né delle istituzioni europee. Anche il candidato ungherese verrà valutato nei prossimi giorni nell’ambito dell’accordo complessivo dei leader politici dell’UE.

Le audizioni del pomeriggio di ieri, con cui si sarebbe dovuto concludere l’iter, non hanno portato a particolari sorprese, ma hanno confermato tutte le difficoltà e ambiguità politiche in cui nasce questa Commissione. Spiace che i parlamentari italiani socialisti abbiano tradito il nostro Paese, non abbiano voluto imporsi nel gruppo parlamentare, pur essendo la delegazione nazionale più numerosa, e non abbiano difeso le competenze di Fitto. L’ennesima prova di partigianeria di una famiglia politica che, dopo aver abbandonato i lavoratori e le battaglie per la giustizia sociale, ora cerca solo di aggrapparsi al potere.