Via l’allenatore per le sue idee, è scontro Germania-Ungheria
L’Herta Berlino ha licenziato l’ungherese Zsolt Petry, allenatore dei portieri, per un’intervista in cui ha detto che “l’Europa è un continente cristiano” e rilasciato alcuni commenti non graditi alla società calcistica in tema di politiche Lgbt e immigrazione. Dure proteste del Governo ungherese, che parla di violazione della libertà di opinione e di una nuova forma di totalitarismo.
Scontro totale e di principio tra Ungheria e Germania. Dopo il licenziamento di un allenatore ungherese della maggiore squadra di calcio di Berlino, esplode un caso di importanza capitale: la libertà di opinione è ancora un diritto in Germania?
L’Hertha Berlino, squadra che milita nella Bundesliga, ha licenziato lo scorso 6 aprile l’allenatore dei portieri Zsolt Petry, con effetto immediato, dopo che l’ungherese aveva rilasciato, in un’intervista pubblicata il 5 aprile su un quotidiano del proprio Paese (e ora tradotta in più lingue), commenti controversi su Europa, immigrazione e omosessualità.
Parlando al quotidiano Magyar Nemzet, Petry aveva definito la politica di immigrazione dell’UE la “rovina morale” dell’Europa e criticato il portiere dell’RB Lipsia (altra squadra della Bundesliga), l’ungherese Péter Gulácsi, per il suo sostegno pubblico alle cosiddette nozze gay. “La maggioranza della società ungherese non è d’accordo con l’opinione liberale di Péter Gulácsi sulle famiglie arcobaleno. Per questo molti hanno cominciato a criticarlo, anche se esprimere opinioni non è moralmente attaccabile. Dopo tutto, Péter si è semplicemente attenuto ai suoi principi. In linea di principio, non può e non deve essere condannato per aver espresso la sua opinione. Non so cosa abbia portato Péter a schierarsi a favore delle persone con identità omosessuali, travestite e di altro genere. Se fossi in lui, come atleta, mi concentrerei sul calcio e non commenterei pubblicamente le questioni sociopolitiche”, ha detto Petry.
Gulácsi, nel febbraio scorso, aveva aspramente criticato le modifiche costituzionali ungheresi che definivano meglio la famiglia naturale e vietavano l’adozione ai single e alle coppie Lgbt.
Dopo aver chiesto delle posizioni pro Lgbt di Gulácsi, l’intervista a Petry prosegue così: “Hai un’opinione su questioni di politica sociale? Hai menzionato un lato patriottico, simpatizzi con i conservatori?”, domanda il giornale. La risposta di Petry: “Completamente. Non riesco nemmeno a capire come l’Europa sia capace di sprofondare negli abissi morali in cui si trova ora. La politica d’immigrazione per me è la manifestazione del declino morale. Dovremmo continuare a vivere le nostre vite in Europa secondo i valori nazionali che abbiamo imparato in molti anni. L’Europa è un continente cristiano e sono riluttante a guardare il degrado morale che si diffonde nel nostro continente. I liberali ingigantiscono le contro-opinioni: se non consideri buona la migrazione perché un numero spaventoso di criminali ha invaso l’Europa, sei bollato come razzista. Questo non dovrebbe essere permesso, l’opinione degli altri è tollerata sempre meno, soprattutto se è un’opinione conservatrice”.
Questi commenti sono stati considerati “incompatibili” con i valori dell’Hertha Berlino. La rete arcobaleno di tifosi Queer Football Fanclubs ha accolto la decisione dell’Hertha come un “passo positivo e corretto”.
Il Governo ungherese, invece, ha criticato duramente la violazione della libertà di pensiero in Germania. L’8 aprile, il Ministero degli Esteri magiaro ha convocato un esponente dell’Ambasciata tedesca per discutere del licenziamento di Petry da parte dell’Hertha Berlino. Il viceministro ungherese Levente Magyar ha espresso lo “shock” del Governo dovuto al fatto che qualcuno possa affrontare “ritorsioni professionali ed esistenziali in Germania per aver espresso la propria opinione… La Germania, proprio come l’Ungheria, ha un’esperienza diretta della storia del più completo terrore di esprimere un’opinione, quindi la salvaguardia del diritto fondamentale alla libertà di parola è il nostro comune dovere morale”.
Il capo di gabinetto del primo ministro, Gergely Gulyás, ha definito il licenziamento di Petry oltraggioso, aggiungendo che la Germania deve dimostrare di poter ancora essere considerata un luogo sotto lo Stato di diritto: “Un regime totalitario è già nato in Germania nel XX secolo e non ne vogliamo un altro nel XXI secolo”. Gulyás ha sottolineato che ciò che Petry ha detto sul matrimonio “coincide con una sentenza ufficiale della Corte costituzionale tedesca” e le osservazioni sulla migrazione sono “una dichiarazione europeista, contenuta e civile fatta in difesa di un’identità europea, che non deve essere punita in uno Stato di diritto. Se la procedura dell’articolo 7 [avviata contro l’Ungheria e la Polonia] non fosse diventata una barzelletta, questo incidente solleverebbe giustamente la questione se i valori europei fondamentali siano in pericolo [in Germania]”.
I tedeschi per ora rispondono dicendosi stupiti dai formali passi presi dall’Ungheria nei loro confronti, ma l’intera vicenda va al cuore dell’intero dibattito europeo degli ultimi anni: la libertà di opinione, la promozione della famiglia naturale e delle radici cristiane sono ancora legittimi in Germania e nell’intero continente europeo o chi li afferma deve essere bandito dalla vita sociale, politica e professionale? In Europa, il rispetto dei “valori europei” e dello “Stato di diritto” vale per tutti o solo per attaccare i governi conservatori?